Anna è un’artista figurativa autodidatta, nata e residente a Bari. Ha intrapreso un percorso professionale nell’arte a partire dal 2020, sviluppando uno stile personale incentrato sulla rappresentazione di figure femminili, spesso colte nella loro sensualità o nella maturità dell’età, e di bambini. Le sue opere si caratterizzano per un’impronta iperrealista, costruita su scene di vita quotidiana che invitano lo spettatore a immergersi in una narrazione visiva intima e riconoscibile. Predilige l’uso di pastelli, grafite e carboncino, tecniche che le permettono di restituire profondità emotiva e delicatezza ai soggetti ritratti. Ha preso parte a numerose collettive e mostre personali, esperienze che le hanno consentito di confrontarsi con altri artisti e di far evolvere la propria ricerca espressiva attraverso lo scambio e la sperimentazione.
Cos’è per te l’arte?
L’arte per me è un modo per esternare la mia interiorità, la mia creatività, le emozioni e le sensazioni di quel momento. É il linguaggio dell’anima, mi esprimo attraverso le mie opere. Attraverso l’arte lo spettatore più sensibile può cogliere la profondità dell’essere umano attraverso un’espressione del volto, un gesto, un atteggiamento, e quindi creare una sorta di dialogo con lo spettatore.
Quando scegli di rappresentare una figura femminile o un bambino, cosa cerchi di cogliere oltre l’aspetto fisico? C’è un’emozione o un messaggio che vuoi trasmettere ogni volta?
Oltre l’aspetto fisico il mio obiettivo è quello di rappresentare qualcosa di più profondo, comunicare un messaggio come gioia, tristezza, rabbia, svelare l’anima e la personalità del soggetto raffigurato. Le mie opere trasmettono con la loro femminilità e i loro atteggiamenti a volte malinconici, una certa fragilità. Il soggetto è spesso sognante e immerso in un mondo avvolto da mistero e fascino,
In che modo la quotidianità influenza le tue composizioni? Parti da immagini reali o ricordi, oppure è tutto frutto di immaginazione?
La quotidianità gioca un ruolo importante nelle mie composizioni. Importante è l’osservazione e in seguito la rappresentazione di ciò che mi circonda. Anche l’ascolto di una canzone che mi emoziona particolarmente può essere fonte di ispirazione.
Come vivi il rapporto tra tecnica e istinto nel tuo processo creativo, soprattutto lavorando con materiali come pastelli, grafite e carboncino?
I due elementi si interfacciano e bisognerebbe sempre trovare un equilibrio tra di essi. La tecnica della grafite carboncino oltre ad avere il vantaggio di creare schizzi veloci, dà la possibilità di poter cancellare e correggere. Inoltre, il carboncino come il pastello permette di usare le dita per sfumare, e questo dà la possibilità di immergersi nell’arte e creare velocemente ciò che il pensiero creativo in quel momento riflette. L’istinto permette di catturare l’anima del soggetto rappresentato mediante dettagli minuziosi quali uno sguardo, luci, ombre, che danno profondità.
C è un motivo per cui hai scelto proprio questo strumento? Cosa ti permettono di esprimere? Che altri mezzi non riuscirebbero a restituire?
Il motivo per cui ho scelto questi strumenti è da attribuirsi soprattutto ai dettagli, che con la matita risultano più precisi e realistici, sono facili da sfumare e quindi mi permettono di esprimermi nel modo più preciso come la mia arte richiede.
Hai parlato di iperrealismo come tratto di base: quanto è importante per te la precisione formale rispetto alla libertà espressiva?
Per me la precisione e il minuzioso dettaglio dei particolari è necessario, in quanto rappresenta il mio stile, e crea un’immagine che tenta di avvicinarsi il più possibile alla realtà. Anche la libertà espressiva nelle mie opere gioca un ruolo importante, potendo scegliere di rappresentare qualsiasi soggetto senza restrizione alcuna.
Qual è stata l’esperienza più significativa che hai vissuto partecipando a mostre collettive o personali? In che modo il confronto con altri artisti ha influenzato il tuo modo di lavorare?
Partecipare a mostre collettive o personali mi ha permesso di ottenere più visibilità, oltre ad una crescita personale. Mediante il contatto con altri artisti ho avuto l’opportunità di confrontarmi con le loro espressioni di vita, e quindi crescere come individuo.
Cosa ti colpisce maggiormente nei volti o nei corpi che decidi di disegnare? C’è un dettaglio, uno sguardo, un gesto che ricorre spesso nelle tue opere?
Mi colpisce soprattutto l’espressione del volto, in particolare degli occhi, non a caso lo sguardo è l’elemento che prediligo. Nei corpi, poi, mi piace rappresentare l’immagine in movimento, che richiama al fruente ciò che avverrà in seguito, come una sorta di racconto immaginato.
Come reagisce il pubblico davanti ai tuoi lavori? Ti capita di ricevere interpretazioni che ti sorprendono o che ti fanno riflettere su ciò che hai creato?
Davanti ai miei lavori alcuni osservatori apprezzano la tecnica, altri l’originalità. L’interpretazione a volte può essere diversa da quella che vorrei comunicare, ad ogni modo ogni osservatore può decodificare un’opera d’arte in modo diverso, influenzato dalle sue emozioni e dalla sua sensibilità estetica.
Qual è il tuo rapporto con il tempo mentre disegni? E qualcosa che perdi di vista, o che usi per scandire il ritmo delle tue opere?
Quando disegno perdo di vista il tempo, questo è dovuto all’attività piacevole che mi appassiona.
Hai mai pensato di esplorare altri soggetti o stili, o senti che la figura umana è il tuo campo naturale?
L’arte figurativa è il mio campo naturale, in quanto posso rappresentare la realtà nel modo più dettagliato possibile, attraverso le varie espressioni di volti o gestualità di corpi.
Descriviti in tre colori.
I tre colori in cui mi descriverei sono: l’arancione per la creatività e il calore; il blu che trasmette calma e profondità; il verde, equilibrio speranza e serenità.







