Dan Faco, nome d’arte di Daniela Facoetti, nasce a Bergamo ed è un’artista che ha coltivato la sua passione per l’arte sin da giovane, frequentando l’Accademia Manzù di Bergamo e la Scuola di Fumetto e Illustrazione al Castello Sforzesco di Milano. La sua carriera artistica è caratterizzata da un’incredibile versatilità, che l’ha portata a esplorare tecniche diverse, dal disegno a matita alla creazione di grandi pareti animate da gessetti, fino all’aerografia su moto e caschi, che le hanno dato visibilità su riviste come Freeway. Negli anni ha anche realizzato imponenti opere in acrilico su tavola di pioppo. Dal 2016, Dan Faco ha esposto in molte città italiane, tra cui Milano, Verona, Bergamo, Arona e Roma, partecipando a prestigiose mostre collettive e progetti, tra cui “Art in Box” e “Bateau Tiberi” sul battello Gilda a Roma, curato da Luigi Rosa. Le sue opere sono ora ospitate in location di classe, come il Golf des Iles Borromées, Palazzo Ferrajoli, Art Luxury Gallery Milano, e Villa Bregana. Il suo stile artistico è un’evoluzione della Pop Art, ispirato inizialmente ai fumetti e ai personaggi iconici come Lupin, Batman, Catwoman e Harley Quinn. Con il tempo, il suo lavoro si è trasformato in una Pop Art vibrante, in cui colori potenti e dettagli irriverenti raccontano la vita quotidiana con ironia. Volti, slogan pubblicitari e icone cinematografiche diventano protagonisti di un mondo che mescola passato e presente, leggerezza e profondità. Dan Faco fonde l’estetica pop di Andy Warhol con la gestualità intensa di Jackson Pollock, creando opere che uniscono precisione e caos creativo. I suoi sfondi sono arricchiti da sgocciolature e texture, mentre i soggetti delle sue opere ammiccano e gridano, comunicando una vitalità senza confini. Le opere di Dan Faco non sono semplici quadri, ma esperienze che trasformano gli spazi. La sua arte trasforma il quotidiano in un’esplosione di colore, un viaggio emozionale che risveglia energia e gioia di vivere in chiunque le osservi. La sua Pop Art è una passione pura, un invito a guardare il mondo con occhi nuovi.
Cos’è per te l’arte?
Per me l’arte è comunicazione pura, un modo per raccontare la realtà filtrata attraverso la mia visione e vissuto. Con la pop art cerco di trasformare l’ordinario in straordinario, di dare voce agli oggetti, ai volti e ai simboli della cultura di massa. L’arte è quel linguaggio universale che può far riflettere, sorridere o provocare, anche solo con un colore acceso o un’immagine familiare in cui ci si possa riconoscere e scaturire forti emozioni.
Cosa ti ha ispirato a iniziare il tuo percorso nell’arte e, in particolare, nella Pop Art?
Disegno da quando ero bambina. I fumetti erano il mio rifugio, il mio modo per staccare dal mondo e ritrovare me stessa. Quando disegnavo, entravo in un universo parallelo dove potevo esprimere liberamente tutto quello che provavo. Con il tempo, questo bisogno di raccontarmi attraverso le immagini è cresciuto con me. La Pop Art è stata una scoperta naturale: mi ha permesso di unire l’impatto visivo, i colori forti e il linguaggio popolare con la mia emotività più profonda. Ogni opera che realizzo è lo specchio delle emozioni che sto vivendo in quel preciso momento. Il soggetto, i colori, l’atmosfera: tutto parla di me, di una fase della mia vita. È come se una parte di me rimanesse impressa in ogni quadro, incisa lì per sempre.
Hai mai avuto un momento in cui hai sentito che il tuo stile si è completamente evoluto? Cosa ha segnato quel cambiamento?
Sì, ho attraversato diversi momenti di trasformazione artistica. All’inizio disegnavo con la matita, poi sono passata ai gessetti, all’aerografo… Ogni tecnica era una fase, uno specchio di ciò che stavo vivendo. Ma è stato dopo un periodo particolarmente intenso della mia vita che ho sentito un vero scatto: ho cominciato a dipingere su grandi superfici, pannelli, tele, muri. È stato un bisogno di esprimermi in modo più ampio, più libero. Il mio stile non è mai statico, è un percorso in continua evoluzione, proprio come me. Cresce con me, cambia con il mio sguardo sul mondo, con le emozioni che vivo e con le esperienze che mi formano. Ogni passaggio, ogni trasformazione è un tassello in più nella mia identità artistica.
Ci parli di più del tuo processo creativo? Come selezioni gli elementi iconici che inserisci nelle tue opere?
Il mio processo creativo nasce sempre da un’emozione. Scelgo in modo istintivo — quasi inconscio — immagini che rispecchiano ciò che sto vivendo interiormente in quel momento. Sono attratta da soggetti che riescono a evocare un sentimento preciso, e li plasmo secondo il mio stile, rendendoli parte del mio linguaggio visivo. Ogni dettaglio del dipinto, però, è pensato con cura. Prima ancora di toccare la tela, visualizzo l’opera nella mia mente: la composizione, i colori, le emozioni che voglio far emergere. È come se ogni spazio fosse già abitato da un ricordo, da una sensazione precisa che voglio custodire lì per sempre.
Per me non è solo pittura: è una mappa emotiva, un racconto visivo in cui ogni elemento ha un significato profondo.
In che modo l’aerografia su moto e caschi ha influenzato il tuo lavoro successivo, in particolare nella Pop Art che pratichi oggi?
L’aerografia ha rappresentato una fase ben precisa della mia vita artistica, legata a un’estetica più tecnica, precisa, quasi “meccanica”. Oggi raramente la utilizzo nei miei quadri, anche se a volte la riprendo quando lavoro su supporti particolari, come le tavole da snowboard, dove mi serve una resa del colore più omogenea e piatta. Quel periodo mi evoca emozioni e ricordi che, per il momento, ho scelto di mettere da parte. È come se li avessi custoditi in un cassetto: fanno parte di me, ma non li sento ancora pronti per riemergere nella mia produzione attuale. Detto questo, non escludo affatto che l’aerografo torni nei miei lavori futuri. Sento che potrebbe rientrare in maniera naturale, come evoluzione del mio percorso. Deve solo accadere al momento giusto, quando il processo sarà spontaneo e autentico.
Nel tuo lavoro vediamo una fusione tra l’iconografia pop e l’energia gestuale di Pollock. Cosa ti affascina di questa combinazione?
Trovo affascinante il contrasto che si crea dall’unione di questi due mondi apparentemente distanti. L’iconografia pop, con le sue immagini riconoscibili e spesso seriali, rappresenta un aspetto della nostra cultura visiva contemporanea, qualcosa di immediato e familiare. Ma sento il bisogno di infondere in questa staticità una vibrazione, un’energia vitale. È qui che entra in gioco la gestualità, che per me si traduce spesso in schizzi di colore e colature. Questi elementi irrompono sulla tela portando movimento, imprevedibilità, quasi una rottura dell’ordine. È come se l’energia pura del gesto andasse a scuotere la compostezza dell’immagine pop, creando un dialogo dinamico e inaspettato. Questa combinazione mi permette di esplorare la tensione tra l’icona e l’emozione, tra il controllo e l’abbandono.
Hai mai pensato di esplorare nuove forme di arte, come la scultura o l’installazione, o preferisci concentrarti principalmente sulla pittura?
Al momento sento che la pittura è il mio linguaggio principale, il mezzo attraverso cui riesco a esprimermi più compiutamente e a dare forma alle mie visioni interiori. C’è ancora tanto da esplorare all’interno di questo mondo che mi appassiona profondamente. Detto questo, non mi precludo nulla per il futuro. L’arte è un percorso in continua evoluzione, e non escludo la possibilità di sperimentare con altre forme espressive come la scultura o l’installazione se, e quando, sentirò una spinta interiore in quella direzione. Per ora, la tela e i colori rimangono il mio spazio di elezione.
Cosa significa per te che le tue opere siano esposte in location prestigiose come il Golf des Iles Borromées o Villa Bregana?
Apprezzo molto l’opportunità di esporre in contesti così belli e di prestigio, ma per me il vero valore non risiede tanto nel luogo in sé. Ciò che mi emoziona di più è osservare le persone che si fermano davanti ai miei quadri, cercando di cogliere qualcosa, lasciandosi trasportare dalle emozioni che ho cercato di imprimere sulla tela. Ogni volta che un mio dipinto viene esposto, è come se lo depositassi su una grande tela bianca, pronto a essere riempito dalle interpretazioni, dalle sensazioni e dai pensieri di chi lo guarda, indipendentemente da dove si trovi nel mondo. In quel momento, l’opera si completa, si arricchisce di nuove storie, di nuove energie. È questo scambio, questo dialogo silenzioso con lo spettatore, che per me ha il significato più profondo.
L’arte che crei è davvero un’esperienza sensoriale che va oltre la visione. Qual è la reazione che speri di suscitare in chi osserva le tue opere?
Quando dipingo, il mio intento primario è esprimere me stessa, dare forma alle emozioni che mi attraversano in quel preciso momento. Non ho un’aspettativa specifica sulla reazione di chi guarda le mie opere. Ogni individuo porta con sé il proprio bagaglio di esperienze, le proprie sensibilità, e di conseguenza interpreterà ciò che vede attraverso il proprio filtro unico.
Spero, certo, che una parte di quell’emozione che ho impresso nella tela possa arrivare allo spettatore. Credo che chi osserva con attenzione, chi si prende il tempo di guardare davvero, possa cogliere le sfumature, le vibrazioni che ho cercato di trasmettere. Ma sono anche consapevole che ogni opera può risuonare in modi diversi a seconda del vissuto di ognuno. In fondo, è anche questa la bellezza dell’arte: la sua capacità di parlare a molteplici livelli e di innescare un dialogo interiore personale.
Hai in programma di espandere ulteriormente il tuo progetto artistico con nuove collaborazioni o nuove linee di espressione, come quella della moda con la Pop Art?
Assolutamente sì! Non mi pongo limiti e sono aperta a qualsiasi forma di espressione artistica che possa presentarsi. Credo molto nel destino, negli incontri giusti e nelle opportunità che arrivano al momento opportuno. Cerco di essere sempre pronta a coglierle. Considero il mio percorso artistico come un’evoluzione costante, e nuove esperienze, come collaborazioni o l’esplorazione di nuovi territori come la moda e la Pop Art, non farebbero altro che arricchire il mio modo di esprimermi. Ogni nuova sfida è un’occasione per crescere e scoprire nuove sfaccettature del mio linguaggio creativo. Quindi, la risposta è un convinto “sì, vediamo cosa il futuro ha in serbo!”.
Quali sono le sfide che affronti come artista, e come le superi per continuare a crescere nel tuo lavoro?
Come artista, non percepisco il mio percorso come costellato di ‘sfide’ nel senso stretto del termine. Vivo la mia arte come un flusso continuo, un dialogo interiore che si manifesta attraverso le mie creazioni. Seguo le mie sensazioni, il mio istinto è la bussola che mi guida.
Piuttosto che affrontare ostacoli, mi trovo costantemente a navigare nuove correnti del mio sentire. Ogni opera è un’esplorazione, un passo in un territorio ancora sconosciuto del mio mondo interiore. In questo senso, la ‘sfida’, se così vogliamo chiamarla, è rimanere fedele a questa autenticità, a questa voce che mi spinge a creare senza filtri o preconcetti. Per continuare a crescere, mi affido alla mia curiosità innata. Sono sempre pronta a cogliere i ‘segnali’ che la vita e l’arte mi presentano: un nuovo materiale che mi incuriosisce, un’emozione che mi travolge, un’immagine che risuona dentro di me. Questi non sono ostacoli da superare, ma inviti ad esplorare nuove direzioni della mia espressione. Mantengo lo sguardo aperto ai percorsi che sento possano arricchire e far conoscere la mia arte, non come una strategia, ma come una naturale conseguenza del desiderio di condividere il mio mondo. Ogni interazione, ogni feedback, ogni opportunità di mostrare il mio lavoro è un’occasione per imparare e per vedere la mia arte attraverso occhi diversi. In definitiva, la mia crescita artistica non è una lotta contro delle sfide, ma un viaggio organico e spontaneo, alimentato dalla passione e dalla continua ricerca di ciò che risuona più profondamente dentro di me.





