DELIA GRAVE

DELIA GRAVE

Delia, al secolo Fausta Bianco, nasce a Manduria, piccolo paese in provincia di Taranto, all’ombra di una delle più grandi necropoli messapiche mai scoperte. Sarà forse per questo e per l’influenza della sorella maggiore, che sin da piccola le fa vedere film horror di ogni tipo, che sviluppa una forte attrazione per tutto ciò che è oscuro e legato alla “nera signora”. La morte è infatti uno dei motivi conduttori di tutte le opere di questa artista, che attratta dal mondo dark ,musica e libri goth, tende a trasportarci con le sue creazioni nei luoghi dell’anima più bui e tenebrosi. Nel corso dei suoi studi, liceo artistico prima, accademia delle belle arti dopo, si innamora follemente della pittura ad olio, sapendosene però anche allontanare, abbracciando tecniche più “moderne”, quali la pittura digitale e il disegno grafico ed è proprio grazie a questa contaminazione continua tra iconografia classica e temi più contemporanei che riesce a creare opere dal sapore tetro, ma senza età.

Cos’è per te l’arte? Cosa significa per te l’arte come esplorazione dei “luoghi più bui e tenebrosi” dell’anima? Come riesci a tradurre questa esperienza emotiva in una forma visiva?

Per me l’arte è sopravvivenza. È il mio modo di attraversare il dolore, la noia, la paura. È il gesto che mi consente di dare forma al caos dentro di me, cercando di trasformarlo in qualcosa che, almeno per un attimo, mi dia un po’ di pace.L’uomo è sempre stato attratto da ciò che è oscuro e misterioso, dalle storie di paura che ci inquietano ma che allo stesso tempo ci affascinano. Con l’arte cerco di esplorare questi angoli bui dell’anima, trasformando quelle emozioni in immagini che ci colpiscono proprio per il mistero che portano con sé.

Qual è il legame tra l’influenza della necropoli messapica e il tuo approccio artistico alla morte e all’oscuro? La tua città natale ha un impatto diretto nelle tue opere?

Sono cresciuta a Manduria, circondata da tracce del passato, come la necropoli e le antiche mura messapiche. La morte mi spaventa, ma è una parte naturale della vita, e per questo ritorna spesso nei miei lavori. L’arte, per me, è un modo per lasciare un segno che sfida il tempo. Quei luoghi silenziosi mi hanno insegnato che, alla fine, ciò che creiamo è ciò che rimane, continuando a raccontare la nostra storia anche quando non ci saremo più.

In che modo la tua passione per i film horror e la musica goth ha influenzato il tuo stile artistico?

L’horror e la cultura goth giocano con l’oscurità in modo che, pur essendo inquietante, ha sempre qualcosa di affascinante. Quello che mi colpisce di più è il contrasto tra il macabro e la bellezza, e cerco di trasmettere questa stessa tensione nelle mie opere. Non è solo paura, ma anche un’attrazione per ciò che è misterioso e oscuro.

C’è qualche specifico elemento di questi mondi che cerchi di incorporare nel tuo lavoro?

Non ci penso molto, è semplicemente qualcosa che fa parte di me. Quelle influenze sono nel mio bagaglio culturale, quindi si riflettono spontaneamente nel mio lavoro. Mi affascinano certe atmosfere, l’oscurità e il mistero che le caratterizzano, e cerco di catturare questa sensazione nelle mie opere. È un po’ come una visione che porto con me, e senza nemmeno pensarci, finisce per emergere nella mia arte.

Come descriveresti il tuo passaggio dalla pittura ad olio a tecniche più moderne come la pittura digitale e il disegno grafico? In che modo queste nuove forme espressive ti permettono di esplorare meglio i temi oscuri che tratti?

 Essendo una persona che si annoia facilmente, cerco sempre nuove sfide e amo sperimentare. Passare a modalità espressive diverse mi ha permesso di lavorare con più libertà, senza i vincoli delle tecniche più tradizionali. Ogni cambiamento è un’occasione per imparare qualcosa di nuovo e continuare a crescere come artista.

Cosa pensi della “contaminazione” tra iconografia classica e temi contemporanei nella tua arte?

Prendo quello che mi ispira dal passato e lo rielaboro a modo mio. Non ci rifletto troppo, lascio che l’ispirazione emerga spontaneamente, trasformando elementi tradizionali con il mio stile

Credi che questo incontro tra tradizione e innovazione sia fondamentale per rendere il tuo lavoro senza tempo?

 Sì, credo che mescolare tecniche tradizionali come la pittura a olio con elementi moderni, come il taglio laser e la stampa 3D, mi permetta di esplorare l’arte in modo completo. Le radici classiche sono importanti per me, ma mi piace anche sperimentare con nuove tecnologie per aggiungere una prospettiva diversa ai miei lavori.

 Qual è la reazione che speri di suscitare nei tuoi spettatori quando vedono una delle tue opere? Cosa desideri che provino o riflettano?

Spero che le mie opere suscitino una sensazione di mistero e curiosità, con un pizzico di inquietudine. Voglio che chi le guarda si senta spinto a riflettere su temi profondi come la morte e l’oscurità, ma anche sulla bellezza che può emergere da questi aspetti. Non cerco di dare un’unica interpretazione, ma mi piacerebbe che ogni persona trovasse un proprio significato, entrando in contatto emotivo con ciò che vede.

Nel tuo percorso artistico, quali sono stati gli artisti o i movimenti che ti hanno maggiormente ispirato o influenzato, oltre alla musica e al cinema?

Le mie principali influenze artistiche provengono da una varietà di artisti, sia contemporanei che del passato.Ad esempio, Francisco Goya, con la sua capacità di esplorare il lato oscuro dell’animo umano, Hieronymus Bosch, per le sue visioni surreali e inquietanti. Caravaggio, con l’intensità e il realismo delle sue opere, è stato un altro punto di riferimento. Gustave Doré, con le sue illustrazioni gotiche, ha sicuramente influenzato il mio approccio al macabro e al fantastico. Inoltre, anche autori come Neil Gaiman e gli illustratori come John Bolton hanno lasciato un segno importante nel mio lavoro, grazie alla loro capacità di mescolare il gotico con il fantastico.

La morte è un tema centrale nelle tue opere, ma come affronti la sua rappresentazione senza cadere nel macabro fine a se stesso? Come bilanci l’oscurità con l’umanità nei tuoi lavori?

 La morte è una presenza che mi accompagna da sempre, ma nella mia arte cerco di darle una forma che non sia solo inquietante. Rappresentarla è, per me, un modo per affrontare e superare la paura che porta con sé. Non voglio che le mie opere siano macabre per il gusto di esserlo, ma che esplorino l’oscurità con uno sguardo umano, che ci faccia riflettere sulla bellezza e sulla fragilità della vita, cercando di trovare un significato anche nel dolore.

 Hai mai pensato di esplorare altri aspetti della “morte” o del “dark” oltre a quelli tradizionali, come la morte simbolica o psicologica?

Potrebbe essere un altro modo per approfondire il tema, ma finora non l’ho fatto. Mi affascina l’idea, magari arriverà il momento giusto.

C’è un’opera in particolare che consideri il punto culminante della tua carriera artistica finora? Se sì, cosa la rende speciale per te?

Forse il quadro dedicato a Erzsébet Báthory. Non so se lo definirei un punto culminante, ma è stato un passaggio importante: lì ho iniziato a sperimentare più tecniche, unendo pittura a olio, scultura, stampa 3D e taglio laser. In qualche modo segna un momento in cui ho sentito il bisogno di spingermi oltre ciò che avevo fatto fino a quel punto.

Descriviti in tre colori.

Trovo difficile descrivermi in soli tre colori, perché credo che siamo tutti una combinazione di sfumature infinite, che non si possono ridurre a qualcosa di troppo definito. Ogni giorno siamo diversi, e per me ogni sfumatura racconta una parte di chi siamo.

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