Dominga nasce nel 1971 a Calimera, in provincia di Lecce, con una forte inclinazione verso l’arte e il desiderio di lasciare un segno. Fin da bambina intraprende un percorso pittorico che la accompagna per tutta la vita, distinguendosi per una ricerca personale costante e per la padronanza di molteplici tecniche. Dopo i primi riconoscimenti, tra cui un premio nel 1986 al concorso interregionale “G. Cuomo” di Salerno, inizia un periodo di sperimentazione artistica che la porta a esprimersi attraverso china, acquerello, pastelli, olio, pirografia e altro ancora. Durante gli studi artistici a Lecce e poi a Firenze, dove consegue la laurea e l’abilitazione alla professione di architetto, sviluppa una poetica che evolve dal realismo verso un linguaggio concettuale e simbolico. I suoi riferimenti spaziano da Kandinskij a Klimt, da Klee a Giger, fino a De Lempicka, influenze che la accompagnano nella sua trasformazione verso l’astrazione totale. Al centro della sua ricerca vi è il rapporto tra istinto e razionalità, tra l’essenza umana e la complessità della vita urbana, tra il maschile e il femminile, rappresentati attraverso segni grafici, geometrie e forti contrasti cromatici. Le sue opere diventano veicolo di messaggi profondi e visionari, capaci di oltrepassare la superficie e toccare corde interiori dell’osservatore. Dal 2011 riceve nuovi riconoscimenti a Roma, dove viene segnalata da testate come il Corriere della Sera, Kinita, Lo Specchio, Vivere Roma, e intervistata su canali televisivi. Tra i premi spicca quello ottenuto a Barcellona con l’opera “Libertà mancanza di impedimenti” e numerose partecipazioni a mostre personali e collettive in spazi prestigiosi come il Centro culturale Gabriella Ferri a Roma e Palazzo Rospigliosi a Zagarolo. Alcuni suoi quadri diventano copertine di libri, testimonianza di un percorso artistico che continua a dialogare con la realtà e con l’interiorità attraverso un linguaggio visivo potente e autentico.
Cos’è per te l’arte?
Considero l’arte come massima espressione della mia essenza, attraverso l’arte esprimo le mie emozioni e rappresento la realtà attraverso una rappresentazione soggettiva inoltre colgo l’essenza della società ed immortalo su tela gioie e drammi dell’essere umano. Altro aspetto fondamentale è che attraverso l’arte cerco di portare l’osservatore alla riflessione e spero anche nel suo cambiamento e miglioramento per contribuire ad una società più solidale e pacifica.
In che modo la tua formazione da architetto ha influenzato l’evoluzione del tuo linguaggio pittorico?
Il mio lavoro come architetto ha condizionato tantissimo la mia espressione artistica portandomi a realizzare opere molto razionali e molto vettoriali, come mi è stato insegnato all’università che un progetto nasce da una matrice e che ogni tratto deve avere un suo significato così involontariamente e spontaneamente realizzo le mie opere. Come le architetture realizzate nel Rinascimento, anche nella mia arte cerco proporzioni spaziali ed equilibrio cromatico.
Come si è trasformato nel tempo il tuo rapporto con il colore e quali emozioni oggi cerchi di trasmettere attraverso di esso?
Sin da bambina ho sempre usato colori originali per rappresentare i miei soggetti come ad esempio le montagne le dipingevo di colore viola; nel tempo l’uso del colore è diventato più accentuato e carico di contrasti e significati influenzato sicuramente dalla mia terra d’origine, il Salento, dove si assiste a campi pieni di fiori colorati: papaveri, margherite, orchidee selvatiche da me vissuti nella fase adolescenziale oltre alla terra di colore rosso rame carica di bauxite difatti è evidente nelle mie opere un rosso infuocato con evidente richiamo agli spettacolari tramonti marini a me cari. Altro aspetto fondamentale è che l’uso del colore viene condizionato dai miei stati d’animo, difatti nei momenti più bui della mia vita, quelli legati agli affetti più cari, ho dato vita ad opere con predominanza di cromie cupe e fredde quali nero, marrone, verde militare densi proprio di inquietudine e tristezza. Nei periodi del mio massimo splendore e gioia utilizzo, inconsciamente, colori caldi.
Il passaggio dal realismo all’astrazione è stato graduale o dettato da un cambiamento improvviso nella tua visione artistica?
Il passaggio dal realismo all’astrazione è stato molto graduale e mi ha portato a sperimentare diversi linguaggi artistici fino ad approdare a quello attuale. L’ambiente universitario fiorentino ed i viaggi effettuati all’estero mi hanno fatto vivere a diretto contatto con gallerie d’arte contemporanea dove ho iniziato ad aprirmi ad una visione dell’arte più moderna ed avveniristica. La mia psiche iniziava così ad avere input e stimoli e la forte esigenza di sperimentare un mio linguaggio personale, che si distinguesse e si riconoscesse a primo impatto senza dover leggere la mia firma per attribuirmi l’opera.
Quale ruolo gioca il simbolismo nei tuoi lavori e come scegli i segni grafici che utilizzi per rappresentare il rapporto uomo-donna?
Il simbolismo assume un ruolo centrale nella mia arte ed osservando le mie opere impossibile non notare l’uso ricorrente della “Freccia” che mi caratterizza e dà i natali a tutto ciò che creo. E’ una freccia forte, incisiva che domina la scena. I simboli che uso per rappresentare il rapporto donna-uomo nascono spontanei, dettati dalle pulsioni intrinseche e dall’energia che prevale nel momento della realizzazione.
Quanto conta per te il dialogo con lo spettatore e cosa ti aspetti che chi osserva le tue opere porti con sé?
Per me il dialogo con l’osservatore è fondamentale e sono molto felice quando mi vengono fatte domande di delucidazione. Mi piace creare sinergia ed empatia con chi entra in contatto con la mia arte. Obiettivo primario è che lo spettatore viva forti emozioni quando interagisce con il mio linguaggio artistico.
Cosa significa per te “uscire dagli schemi” nell’arte contemporanea e quali sono i limiti che senti ancora il bisogno di superare?
“Uscire dagli schemi” per me vuol dire osare e non aver paura del giudizio negativo, creare un’arte rivoluzionaria che stravolga le menti bigotte e limitate stimolandole ad andare oltre il visibile per cercare messaggi carichi di significato. Con la mia arte mi diverto molto a stravolgere i pensieri opposti ai miei e mi prefiggo come obiettivo a portare l’Italia ad una visione attuale perché ancora troppo radicata a linguaggi del lontano passato artistico. Mi diverto ad essere “Bastian contrario”.
In un’opera come “Libertà mancanza di impedimenti”, quale riflessione volevi stimolare in chi guarda?
In quest’opera metto in evidenza la realtà che stiamo vivendo, siamo tutti vittime del sistema, schiacciati dal progresso e dalla tecnologia. L’agitazione interiore, il vivere in modo frenetico nel caos urbano, la difficile vita ed il dramma che si sviluppano dai quotidiani problemi vivendo sempre in fibrillante movimento; in tutto questo dimentichiamo che esiste una realtà parallela dettata da contesti più sensibili, non antropizzati, dove la natura regna pacifica e serena, dove si vive la quiete e tutto è rallentato e vissuto integralmente.
Quali sfide hai incontrato nel farti spazio nel panorama artistico italiano e quali riconoscimenti senti più tuoi?
Le sfide più dure che ho affrontato soprattutto all’inizio quando ero “Anonima” nel mondo dell’arte, sono state le critiche di alcuni galleristi ed osservatori; essendo la mia arte innovativa e che esce fuori dagli schemi ho faticato a farmi strada, ma più mi attaccavano e più mi stimolavano a non arrendermi perché consapevole che tali reazioni erano dettate dal fatto che stavo partorendo un linguaggio artistico rivoluzionario. I riconoscimenti che sento più miei sono gli apprezzamenti che ricevo dai giovani, essendo loro il futuro del paese è gratificante sapere che finalmente le menti degli italiani iniziano ad aprirsi.
Ti capita ancora oggi di tornare alle tecniche del tuo periodo formativo, come la china o il carboncino, o il tuo linguaggio attuale è ormai esclusivamente astratto?
Sì, mi capita di riproporre alcune tecniche della mia fase adolescenziale, come sanguigna, carboncino, pastelli ad olio per realizzare opere astratte. Riproporre le tecniche del passato mi fa tornare bambina mentre creo e viaggio a ritroso nel tempo ricordando quando dipingevo negli atelier assieme alle mie coetanee.
Che ruolo ha la memoria nei tuoi lavori e come si intreccia con la tua visione dell’evoluzione dell’essere umano?
Il passato è molto importante e mi stimola a creare. La mia infanzia salentina è dominante, tutti i ricordi, le esperienze vissute, i miei amici d’infanzia, la mia famiglia fungono da base per iniziare un nuovo lavoro. L’ evoluzione dell’essere umano entra un po’ in contrasto con il mio passato; tutta la violenza adolescenziale ricorrente ai giorni odierni è in conflitto con la mia memoria storica. La mia generazione ha vissuto un’adolescenza pura, incontaminata dai social. Si viveva spensierati e felici e sono proprio queste emozioni che mi stimolano a dipingere e creare spesso un paragone con l’odierna cruenta realtà.
Descriviti in tre colori.
Blu oltremare. Turchese. Verde acqua. Sono i miei colori preferiti. Definiti colori freddi mi suggeriscono calma, pace, silenzio, equilibrio. Mi ricollegano alla spiritualità, al cosmo, alla vita eterna, al mistero, agli abissi marini, alla quiete. Sono colori che mi trasmettono energia e stimolano la mia crescita interiore. Hanno un aspetto regale. Questi tre colori mi danno carica e determinazione. Mi sembrano colori autorevoli ed incisivi che trasmettono nelle opere tutta la loro maestosità. Sono colori che ben si adattano alle architetture contemporanee.





