Ivana è nata a San Cataldo (CL) il 17 Dicembre 1978. Inizia giovanissima lo studio delle arti applicate, che la portano a frequentare l’Istituto Regionale d’Arte di San Cataldo e successivamente completa gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Catania nel corso di Decorazione Pittorica sotto la guida di Anna Guillot. Si trasferisce in seguito a Roma, dove avvia la ricerca personale nella tecnica della vetrofusione, mantenendo sempre l’interesse per la sperimentazione nella pittura. Aderiscie nel 2017 al Movimento del “Pentastrattismo”, gruppo di ricerca e sperimentazione di artisti italiani dell’arte contemporanea, dove esprime ed esalta la bellezza e la gestualità dell’arte astratta in una modalità del tutto personale. La sua ricerca artistica ha ottenuto riconoscimenti sia a livello nazionale che internazionale. Ha esposto in importanti gallerie e partecipato a eventi artistici in diverse città ed europee. Le sue opere sono state apprezzate per la loro capacità di evocare un senso di appartenenza e di continuità culturale.
Cos’è per te l’arte?
L’arte, per me, è un linguaggio dell’anima.
È un’intuizione che prende forma, un’emozione che si trasforma in colore, in materia, in presenza. Nasce da dentro, da un’urgenza silenziosa di esplorare, di capire, di comunicare ciò che le parole non riescono a dire. È connessione: con la luna, con la natura, con ciò che vive e respira nel profondo. Ogni gesto creativo è un dialogo con l’invisibile, un atto di ascolto e di trasformazione. L’arte è anche un processo di scoperta: parte dall’istinto ma si affina nella ricerca, nella sperimentazione, nel lasciarsi attraversare dal pensiero e dalle emozioni. È lì che trovo la mia verità, ed è lì che sento di poter restituire al mondo qualcosa di autentico e prezioso.
In che modo l’esperienza formativa all’Istituto Regionale d’Arte e all’Accademia di Belle Arti di Catania ha influenzato il tuo linguaggio pittorico?
Queste esperienze sono state fondamentali. Mi hanno dato una base tecnica, ma soprattutto mi hanno aperto alla ricerca. A Catania ho imparato a vedere oltre la forma, a usare la materia come estensione del pensiero e del sentire. La mia pittura si è nutrita di quell’ambiente ricco di stimoli e confronto.
Quali elementi ti hanno attratto verso la tecnica della vetrofusione e come si integra con il tuo lavoro pittorico?
La vetrofusione mi ha attratta per la sua capacità unica di catturare e trattenere la luce, raccontando il tempo attraverso giochi di trasparenze e stratificazioni. La scoperta della vetrofusione ha avuto un impatto profondo sul mio modo di lavorare: mi ha spinta a rivedere il mio approccio creativo, aprendomi a tecniche inedite e a un dialogo più intenso con il materiale stesso. Questo percorso mi ha anche offerto l’opportunità di collaborare con artisti affermati, arricchendo il mio bagaglio tecnico e umano, e contribuendo a una continua evoluzione della mia ricerca artistica.
Cosa ti ha spinto ad aderire al Movimento del Pentastrattismo e come si è evoluta la tua visione artistica all’interno di questo gruppo?
Il Pentastrattismo mi ha offerto uno spazio di dialogo autentico con altri artisti che, pur nella diversità, condividono la ricerca astratta come esperienza spirituale e conoscitiva. All’interno del movimento ho rafforzato la mia visione, dando maggiore attenzione al gesto e alla simbologia del colore.
Che ruolo ha la gestualità nella tua pratica astratta e come riesci a tradurre le emozioni in segno e colore?
La gestualità è un’estensione del mio stato interiore. Ogni segno è un respiro, un battito, un’emozione che si traduce in ritmo e forma. Non cerco la rappresentazione, ma la curiosità : voglio che chi guarda entri in contatto diretto con la vibrazione emotiva che ha generato l’opera.
Le tue opere sono state riconosciute per evocare un senso di appartenenza culturale: quali radici o memorie influenzano maggiormente il tuo lavoro?
Sono profondamente legata alla mia terra, alla luce e ai silenzi della Sicilia, ai suoi contrasti. Le memorie dell’infanzia, i riti, i paesaggi interiorizzati, sono elementi che affiorano inconsciamente. Anche quando il linguaggio è astratto, le mie radici parlano attraverso la materia e il colore.
Come vivi il rapporto tra sperimentazione tecnica e coerenza espressiva nella tua produzione artistica?
La sperimentazione è per me una forma di fedeltà a ciò che sono. Cambiare tecnica non significa cambiare identità, ma approfondirla. Ogni materiale mi suggerisce nuove possibilità, ma il mio segno resta riconoscibile, coerente con il mio sentire.
Hai notato differenze significative nel modo in cui il pubblico nazionale e quello internazionale reagisce alle tue opere?
Sì, ci sono differenze culturali nella lettura dell’astrazione. In Italia spesso si cerca ancora un riferimento figurativo, mentre all’estero ho trovato un pubblico più aperto all’esperienza percettiva e intuitiva dell’opera. Ma in entrambi i casi, l’emozione autentica riesce a creare connessione.
Quale pensi sia il valore del lavoro collettivo tra artisti all’interno di un movimento rispetto alla pratica solitaria dell’atelier?
Il lavoro collettivo arricchisce, stimola, ti costringe a mettere in discussione il tuo punto di vista. Ma la solitudine dell’atelier resta sacra: è lì che avviene l’incontro più profondo con sè stessi. Io cerco un equilibrio tra questi due momenti, entrambi necessari.
Che direzione sta prendendo la tua ricerca artistica oggi e quali nuovi linguaggi o materiali senti il bisogno di esplorare?
Oggi la mia ricerca artistica sta prendendo una nuova direzione, più intima e sensoriale, dopo aver concluso un importante ciclo dedicato al cerchio. Questa fase, che è stata per me profondamente generativa, ha dato vita a numerose opere a rilievo – come le lune – e a una vasta produzione pittorica e su carta d’arte, tutte unite dal simbolismo e dalla forza evocativa della forma circolare. Oggi sento l’urgenza di tornare alla natura, non solo come ispirazione visiva ma come esperienza totale. Mi sto concentrando su un progetto che esplora i colori, le materie e i profumi del mondo naturale. Sto sperimentando nuovi linguaggi e materiali che possano restituire, attraverso texture, cromie e stratificazioni, la sensazione tattile ed emotiva del paesaggio. La mia attenzione si sta spostando verso elementi organici, pigmenti naturali e tecniche che mi permettano di costruire un dialogo più diretto con la terra e con la memoria che essa custodisce. È un momento di ascolto e di apertura, in cui ogni frammento del reale può diventare linguaggio: una foglia, una terra, una luce. Questo nuovo percorso è ancora in divenire, ma già sento che sarà un viaggio potente, capace di radicarmi e, allo stesso tempo, di farmi germogliare in nuove forme espressive.
Descriviti in tre colori.
Blu oltremare, per la profondità. Rosso carminio, per la passione. Oro, per la luce che cerco in ogni opera.





