Mara, classe 1992, nasce sulle rive di un lago importante, dalla forma evocativa di una forbice etrusca. Fin da giovanissima trova nell’arte la più autentica forma di libertà: un filo diretto tra spirito e tela, attraverso cui esprime forza, fragilità, anima e uno sguardo profondo sul mondo. Le sue figure femminili – muse, guerriere, ninfe e protettrici – sono amuleti di energia, icone potenti che abitano una dimensione sospesa tra il reale e l’onirico. Per Mara, creare non è solo un atto artistico, ma l’unico modo per abitare pienamente il presente, in bilico tra concretezza e astrazione. Affascinata dal paradosso della mente umana, capace di generare immagini straordinarie pur essendo rinchiusa nel confine fisico del cranio, Mara indaga la bellezza dell’arte come espressione dell’io più puro: quello bambino, capace di unirsi all’esperienza e di restituire visioni dense di emozione e significato. Più che raccontarsi, Mara invita a intuirla attraverso le sue opere, dove ogni pennellata parla di lei più di quanto potrebbero fare le parole.
Cos’è per te l’arte?
Per me, l’arte è semplicemente la necessità più profonda di esprimere una comunicazione diretta tra noi, il nostro spirito, e il tentativo di comunicare con gli altri ciò che siamo. Poi ognuno vede in quello che creo, almeno per sé, ciò che vuole. Quando mi chiedono cosa voglia esprimere con alcune delle mie opere, rispondo semplicemente: “Quello che hai visto, quello che hai sentito, è ciò che voglio esprimere.” Quindi, per ognuno è qualcosa di diverso: un risveglio d’infanzia, una memoria sensoriale. Credo nell’importanza di ricordarci del profondo mondo che portiamo dentro. Con la sensibilità creativa si nasce, poi si può coltivare o meno, ma è un tipo di istinto primitivo.
Dici che l’arte è la tua forma di libertà… c’è stato un momento preciso in cui hai capito che non potevi farne a meno?
Non posso fare a meno di creare perché ho iniziato a farlo da quando avevo sei anni, con la pittura, la scrittura e la musica. È una predisposizione legata a una parte sensibile di noi, una via di sopravvivenza nel mondo e di conoscenza di sé. Non posso smettere perché, semplicemente, non è nella mia natura evitare questo processo creativo. Lo riconosco anche nelle mie giornate comuni, nell’attenzione alle sfumature di colore nel quotidiano o nei tratti delle persone che incontro. Anche quella è ricerca. Passo interi periodi improduttivi in cui “carburo”, aspetto stimoli, ed esploro tanta natura, arte olandese, il colore, o anche il déco… dove c’è bellezza.
Le tue donne sembrano uscite da un mondo mitologico e contemporaneo allo stesso tempo… da dove arrivano queste figure? Le sogni, le vivi, le osservi?
Le mie donne nascono da un processo non calcolato e completamente inconscio. Non ho progetti né bozze: mi metto davanti a una tela e creo.
Hai parlato della creazione come unico modo per stare nel presente: che cosa succede dentro di te mentre lavori su una tela? È più un atto istintivo o meditato?
Tutto quello che è l’opera finita è frutto di un processo istintivo, un’armonia di colori. Ogni mia donna rappresenta un momento di me, un punto di forza o di delicatezza. A volte, quando termino un quadro particolarmente impegnativo, mi sento come svuotata, purificata, serena. Potrei chiamarlo un processo istintivo.
Cosa significa per te dipingere “l’anima e gli occhi grandi”? Sono i tuoi o appartengono a qualcun altro che ti attraversa?
Gli occhi, per me, sono la parte più comunicativa della nostra persona. Quelli grandi rappresentano la capacità di guardare, non solo vedere. È una dote più profonda: uno sguardo ampio, pronto ad accogliere tutto ciò che può emergere da dentro.
Nel tuo processo creativo c’è spazio per il caso, o segui un rituale, un gesto ripetuto, un tempo preciso?
Il mio processo creativo è libero. Proprio perché considero l’arte – la mia arte – una forma di totale libertà da ogni costrutto sociale, e soprattutto dal tempo. Non ho rituali, a parte la musica che ascolto. Non ho tempistiche né nulla di imposto. Quando creo, faccio tutto ciò che voglio. È il mio spazio privato, intimo.
Hai mai avuto paura che l’arte non bastasse per dire tutto quello che senti? E se sì, cosa fai quando succede?
No. L’arte non dice tutto ciò che sento: per questo uso anche i gesti e le parole. Sono molto comunicativa. L’arte è un magnifico mezzo, ma non è l’unico per un carattere come il mio. E poi, non è necessario dire tutto quello che si prova. Non è importante far sentire ogni cosa. È importante, piuttosto, saper mantenere vive le nostre stanze segrete.
La tua biografia dice che non è importante conoscere chi sei, ma intuire ciò che fai. C’è un’opera che senti come un autoritratto spirituale?
Sì. Il mio primo autoritratto. Lo sento molto vicino a me: nella sua semplicità, nei pochi colori, in quello sguardo pulito e penetrante.
Descriviti in tre colori.
Verde – il colore della natura e della vita, delle attese positive.
Rosso – passione, energia, forza e potere.
Ocra – le tonalità della terra, il calore e il radicamento.






