Nei primi mesi del 2025 il mondo dell’arte ha ricominciato a respirare a pieni polmoni dopo stagioni incerte e complesse, restituendo ai professionisti del settore – collezionisti, curatori, artisti, dealer – una bussola aggiornata per orientarsi tra le nuove geografie del collezionismo e i mutamenti profondi che stanno attraversando il mercato. Le grandi fiere internazionali, da ARCOmadrid a TEFAF Maastricht, passando per Seoul, Parigi e New York, hanno offerto uno specchio fedele e a tratti sorprendente dello stato attuale del sistema dell’arte. Un primo dato che emerge con forza è la ridefinizione del concetto stesso di centro. Non esiste più un unico asse dominante, e se Londra, Parigi e New York continuano a esercitare il loro magnetismo istituzionale e commerciale, nuovi poli si stanno affermando con convinzione. È il caso dell’India, dove la recente vendita dell’opera “Untitled (Gram Yatra)” di M.F. Husain per oltre 13 milioni di dollari ha attirato l’attenzione di tutta la stampa internazionale, e non solo per il record in sé. Quel che si è visto è la conferma di una spinta profonda: l’Asia non è più un “nuovo mercato”, ma un protagonista pienamente inserito in una narrativa globale. A dirlo chiaramente è stato anche The Guardian, che ha raccontato con entusiasmo il “risveglio fiero” del collezionismo sudasiatico, finalmente riconosciuto come forza trainante e non solo come promessa da esotizzare. In parallelo, ARCOmadrid ha confermato l’ascesa del collezionismo sudamericano. Le gallerie brasiliane, colombiane e argentine hanno registrato ottimi risultati, dimostrando una volta di più che l’arte contemporanea non si muove più lungo direttrici univoche. È un sistema multipolare, alimentato da reti che si costruiscono su affinità culturali, esperienze diasporiche, intuizioni curatoriale e strategie di mercato sempre più raffinate. Ma oltre alla geografia, è la semantica stessa dell’arte a cambiare. La domanda che si pongono oggi i grandi collezionisti – come i giovani acquirenti digitali – non è più soltanto “chi ha fatto quest’opera”, ma “cosa significa”. Non stupisce dunque che tra le aste più discusse dell’anno ci sia stata quella legata all’ennesima edizione del “Comedian” di Maurizio Cattelan, battuta per oltre 5 milioni di dollari. Un’opera che continua a dividere, certo, ma che dimostra quanto il mercato sia ancora disposto a investire nel potere del gesto, dell’idea, della provocazione pura. Un’arte concettuale che si fa simbolo, meme, oggetto di culto e strumento critico allo stesso tempo. E se parliamo di provocazione e linguaggi emergenti, non possiamo non citare il ruolo, ormai consolidato, degli NFT. Dopo l’euforia del 2021-2022 e l’apparente crollo che aveva fatto gridare allo “sboom”, il 2025 mostra una scena digitale più matura, strutturata, meno rumorosa ma decisamente più consapevole. Le grandi case d’asta – da Christie’s a Sotheby’s – hanno mantenuto sezioni dedicate esclusivamente a opere digitali, attraendo un pubblico che non arriva più solo dal mondo crypto, ma anche da un collezionismo ibrido, fluido, abituato a pensare in cloud. Le opere digitali iniziano a vivere anche all’interno di musei e spazi fisici, grazie a nuove tecnologie espositive, e ridefiniscono il rapporto tra oggetto, esperienza e possesso. In questo scenario, anche il sistema galleria sta vivendo un momento di ridefinizione profonda. Le difficoltà legate a costi, logistica e visibilità stanno spingendo molte realtà a unirsi, condividere risorse, spazi e progetti. È il caso di Ensemble, a New York, una rete di gallerie che agisce come un organismo connettivo, o di iniziative come Place des Vosges a Parigi, fiere alternative dove l’esperienza diventa il fulcro. La collaborazione non è più una strategia accessoria, ma un modello operativo. Gallerie indipendenti, project space e realtà ibride stanno ridefinendo il concetto di “piazza dell’arte”, trasformandolo in uno spazio relazionale, narrativo e comunitario. Anche TEFAF Maastricht ha confermato il proprio ruolo di piattaforma di dialogo tra epoche, mostrando ancora una volta come l’arte antica e quella contemporanea possano convivere in uno stesso ambiente culturale e commerciale. Qui, l’intreccio tra storicità e visione del futuro diventa fertile, alimentando un mercato fatto di collezionisti sempre più sofisticati, alla ricerca non solo di investimento ma di connessione emotiva, storica e simbolica. Intanto, dall’altra parte del mondo, Seoul si afferma come uno degli hub più interessanti del panorama asiatico. La fiera KIAF ha attratto collezionisti da tutta l’Asia orientale e ha dimostrato come la Corea del Sud sia oggi una forza culturale globale non solo nell’ambito musicale o cinematografico, ma anche nelle arti visive. La contaminazione tra tech, moda e arte qui è già sistema. Il 2025, in definitiva, non sta riscrivendo le regole del mercato. Le sta rendendo più fluide, più intelligenti, più sensibili ai linguaggi e ai cambiamenti del mondo. Il valore torna a essere al tempo stesso tangibile e invisibile, concettuale e strategico, commerciale ma poetico. La sfida, per chi lavora nel settore, sarà quella di continuare a leggere i segnali deboli, ascoltare i margini e coltivare quella capacità rara e necessaria che è il pensiero visionario.
A cura di Charlotte Madeleine Castelli