Veronica è un’attrice e modella italiana, dallo spirito libero e dall’anima inquieta, capace di trasformare ogni emozione in materia viva per la sua arte. Conosciuta dai più come una ventenne, ma con l’intensità e la consapevolezza di chi vive ogni esperienza fino in fondo, ha fatto del cinema il suo rifugio e al tempo stesso la sua sfida più profonda. Si diploma all’Accademia di Arte Drammatica Alessandra Galante Garrone di Bologna, per poi proseguire la formazione con maestri internazionali del calibro di Dominique De Fazio, Michael Margotta, Doris Hicks, Lenard Petit, Susan Batson e altri ancora. Ma, a un certo punto, sente l’urgenza di abbandonare le strade già tracciate per esplorare un modo personale e autentico di fare arte, che le consenta di fondere vita e interpretazione, sé e personaggio, mondo interiore e realtà esterna. Questa ricerca profonda e spesso turbolenta la conduce a un percorso creativo e spirituale che si nutre della vertigine del perdersi e della bellezza del ritrovarsi, in un continuo processo di trasformazione. Dall’esperienza teatrale e formativa nasce anche un’attività cinematografica che la vede protagonista in diversi cortometraggi e, più recentemente, nel suo primo film da protagonista Love, Wine & Salt, una produzione indipendente italo-americana distribuita negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Il suo cammino artistico non conosce soste né certezze definitive, ma si alimenta del desiderio di andare oltre, sempre un po’ più in là, dove arte e vita diventano una cosa sola.
Cos’è per te l’arte?
Di primo acchito mi verrebbe da risponderti un modo per esprimere le mie intense emozioni e la mia interiorità ma in realtà è molto di più, è stato, e tutt’ora è, un mezzo per conoscere me stessa e lati di me che non sapevo di avere.
Cosa ti ha spinto a cercare un tuo linguaggio personale, al di là degli insegnamenti accademici e dei grandi coach internazionali?
Senza voler insinuare che sia necessariamente così e così per tutti, credo però che spesso, sopratutto quando si è giovani, si tenda ad “appoggiarsi” molto a certi metodi di recitazione, certi insegnanti o certi attori che riteniamo di ispirazione rischiando però di diventare degli emulatori o di omologarsi, col rischio di perdere noi stessi e ciò che ci rende unici. Perciò, sì, ho voluto certamente ispirarmi a grandi attori e grandi insegnanti che ho avuto la fortuna di incontrare nel mio cammino ma allo stesso tempo ho voluto in un certo qual modo ispirarmi anche a me stessa.
In che modo il confine tra arte e vita si è fatto così sottile nel tuo percorso?
Per quanto mi riguarda ogni istante di vita è una miniera d’oro dalla quale attingere emotivamente e a livello esperienziale da poter poi utilizzare per i miei personaggi. Ti faccio un esempio un po’banale ma abbastanza concreto. Quando per un periodo ho iniziato a fare la promoter pensavo: ” Pensa se un giorno in un film dovessi interpretare una ragazza che fa la promoter! Adesso che lo sto facendo ho la possibilità di scoprire cosa prova, cosa la muove dentro, se le piace come lavoro o se è un ripiego, come parla, come si muove, ecc. ” , subito fingevo, recitavo, poi pian piano sono diventata sempre più efficiente e ho scoperto lati di me stessa che non conoscevo, potevo essere davvero spigliata, estroversa, intraprendente e mi divertivo pure! E la cosa sorprendente era che tutte queste cose erano già dentro di me senza che io lo sapessi. Quindi da “personaggio ero diventata persona”, da “recitazione era diventata vita” e viceversa ed è qui che per me il confine fra arte e vita si sfuma fino quasi a sbiadire.
Cosa hai scoperto – o forse perso – durante la tua ricerca solitaria?
Hai detto bene, ho perso tantissimo per fortuna! È stata dura, sono andata nelle profondità della mia anima e ho conosciuto parecchi mostri. Credo di aver avuto il coraggio di affrontare molti di loro, anche se ogni tanto ne sbuca ancora su qualcuno, e mi sono liberata di tanti limiti mentali e tante opinioni su me stessa e su chi ero convinta di essere. Mi sono aperta alla possibilità di poter essere molto di più rispetto a ciò che avevo creduto fin ora.
Come vivi l’oscillazione tra la necessità di perdersi e quella di ritrovarsi?
Onestamente è molto doloroso ma credo che inconsciamente la mia psiche mi porti ciclicamente a qualche crisi e a perdermi per poter mettere me stessa e la mia visione del mondo in discussione. Per darmi la possibilità di andare sempre più in profondità dentro di me e ritrovare la mia verità, la mia visione, ritrovare un’autentica connessione con me stessa. Sembra un controsenso ma devo perdere una parte di me per ritrovare la vera me stessa, morire costantemente per poter rinascere ad una nuova me .
C’è un’emozione che senti più urgente o più difficile da esprimere attraverso la recitazione?
Sicuramente anche se a primo acchito posso sembrare abbastanza tranquilla sono molto intensa e provo spesso rabbia ma credo che, anche se non per tutti è così, la rabbia sia una delle emozioni più “semplici” da esprimere. Recitativamente parlando non ho grossi problemi ad esprimerla ma personalmente cerco sempre di trovare intenzioni che danno sfumature alternative o che rendano la rabbia più “interessante” . Credo appunto che la rabbia abbia in realtà molte sfumature sottovalutate e ci siano molti modi di esprimerla, a volte è richiesto e ci sta, ma in generale trovo che mettersi ad urlare e basta sia abbastanza banale. Mi piacerebbe cimentarmi col comico, non mi è successo ancora troppo di frequente a livello professionale e mi piacerebbe approfondire l’esperienza di far ridere le persone .
Come è nata l’esperienza di Love, Wine & Salt e cosa ti ha lasciato come attrice e come persona?
Non ci crederai ma per caso parlando col regista (che non conoscevo) sui social ho scoperto che doveva girare un film in Italia, allora mi sono fatta avanti e gli ho detto che se aveva bisogno di un’attrice per il suo film avrei potuto mandargli il mio materiale da visionare e da lì è nato tutto. Insomma una botta di fortuna! Mi ha lasciato tantissimo ed ho imparato tantissimo! Era il mio primo film da protagonista, oltretutto tutto in Inglese. Non avevo ancora così tanta esperienza di set, abbiamo girato per circa un mese ed ogni giorno imparavo cose nuove sia a livello professionale nel senso recitativo (perchè un discorso è fare le accademie e un discorso è poi stare sul campo), sia come è la vita sul set, le dinamiche e sia a livello personale ed umano con me stessa. È stata una delle esperienze più belle della mia vita, quando ci ripenso mi tornano le lacrime!
Pensi che la tua ricerca spirituale stia influenzando anche le storie che scegli di raccontare o i ruoli che accetti?
In un certo qual modo sì ma non come si possa immaginare. Al momento sono aperta ad interpretare tutti o quasi i ruoli che mi vengono proposti perchè mi danno la possibilità di “vivere la vita di un’atra persona” e di immedesimarmi come se quella vita fosse la mia e così facendo mi arricchisco tantissimo interiormente. Ad esempio, se mi proponessero mai di interpretare una serial killer (come qualsiasi altro ruolo) sarebbe interessante da un punto di vista artistico perchè per immedesimarmi dovrei entrare nella sua modalità di pensiero e magari scoprirei cose che sennò non avrei mai immaginato. Magari quel personaggio uccide perchè da piccola è stato massacrata di botte dal padre, è stata due anni in ospedale per tutti i danni fisici e psicologici subiti ed uscita dall’ospedale è finita in casa famiglia per poi scappare e iniziare a vivere per strada chiedendo l’elemosina e facendosi di cocaina per non sentire il dolore delle sue ferite emotive. Senza voler minimamente giustificare od inneggiare ad atti violenti ma da un punto di vista artistico è molto interessante, ti da la possibilità di vedere il mondo dalla prospettiva di quel personaggio e quindi di aprire la mente, imparare più cose sulla vita, sul mondo, sul rapporto fra se stessi e le altre persone.
Cosa significa per te “fare cinema” oggi, in un panorama così vasto e in continuo mutamento?
Sicuramente il panorama oggi giorno è vasto ed allettante ed il potenziale delle storie che si possono raccontare molto interessate ma è anche un periodo storico particolare da tanti punti di vista. Fare cinema non è così semplice come può sembrare, siamo tanti e non tutti purtroppo possono mantenersi facendo solo quello, soprattutto all’inizio è tanta la gavetta. Al giorno d’oggi oltretutto ci sono anche i social media che sono diventati competitivi. Prima le persone per svagarsi guardavano un film al cinema, andavano a teatro o leggevano un libro, adesso scrolliamo continuamente sui social e quello è già considerato uno “svago” .
Hai mai pensato di scrivere o dirigere per raccontare da dentro tutto ciò che vivi sul set e nella vita?
Sì, ho pensato tante volte di scrivere qualcosa di mio e di interpretarlo ma per concretizzarlo devo sentire una sorta di spinta interiore. Per un po’lascio le sensazioni e le idee a macinare lì lentamente senza quasi farci caso fino a che non arrivano al punto di maturazione e poi è come una folgorazione, esplodo e devo fare quello, non riesco a fermarmi finchè non sono riuscita a portare a termine ciò che sento di dover fare. Questo è come funziono io col mio processo creativo. Adesso sento che non è ancora il momento ma so che arriverà.
Descriviti in tre parole.
Facciamo quattro. Sensibile, intensa, intuitiva, creativa.




