VITTORIA LONETTI

VITTORIA LONETTI

Vittoria è un’artista e illustratrice calabrese, originaria di Torre Melissa, un piccolo borgo affacciato sul mar Ionio. Dopo gli studi in Fashion Design presso l’Accademia di Moda e Costume di Roma, ha scelto di fondere arte e moda in un linguaggio visivo personale, in cui la figura umana si veste di emozioni, stile e identità. Nel corso della sua carriera ha preso parte a numerose mostre collettive e fa parte della collana d’arte contemporanea Espressioni d’Arte. Nel 2024 ha ricevuto un riconoscimento ufficiale presso Palazzo Valentini a Roma, nell’ambito del progetto I volti celebri attraverso l’arte. Attraverso le sue opere in olio e acrilico su tela, Vittoria invita lo spettatore a immergersi in un mondo dove forma, colore e materia si intrecciano per raccontare l’essere umano nella sua complessità. Presto condividerà novità significative legate al suo percorso artistico: per restare aggiornati, è possibile seguirla sui suoi canali social, dove racconta il suo lavoro tra progetti, opere e visioni in divenire.

Cos’è l’arte per te?

L’arte è il mio modo di raccontare ciò che le parole non riescono a dire. È lo spazio in cui visioni, emozioni e ricordi trovano forma, diventano materia. Un processo vivo, che muta con me e si rinnova ogni volta che dipingo.

Come nasce l’esigenza di fondere arte e moda nel tuo lavoro?

È successo in modo naturale. Ho sempre visto la moda come qualcosa che va oltre l’estetica: racconta chi siamo, è una forma di espressione. Un abito può parlare, può diventare una seconda pelle. Quando dipingo, è un po’ come se cucissi un’emozione addosso al soggetto. Arte e moda si incontrano lì, dove l’immagine diventa simbolo.

C’è stato un momento preciso in cui hai capito che questa sarebbe stata la tua cifra stilistica?

Più che un momento preciso, è stata una consapevolezza nata col tempo. Mi sono accorta che mi sentivo davvero a mio agio quando riuscivo a far emergere un’estetica personale, fatta di linee, colori e atmosfere in cui mi riconoscevo. Quel linguaggio ha preso forma da sé, diventando riconoscibile, mio.

Nei tuoi dipinti, la figura umana è spesso al centro: che ruolo hanno le emozioni nel processo creativo?

Sono il cuore pulsante del mio lavoro. Le emozioni non sono semplicemente rappresentate: sono vissute, filtrate, elaborate e poi rivelate. Ogni volto che dipingo è un racconto emotivo, una presenza che parla. Spesso sono proprio le espressioni, i dettagli del viso o del corpo a guidarmi nel percorso creativo.

Parti da uno stato d’animo preciso o è la tela che ti guida verso una narrazione emotiva?

Di solito parto da un’idea precisa, da un soggetto che scelgo in base a ciò che voglio comunicare. Spesso realizzo un bozzetto prima di iniziare, ma cerco comunque di lasciare spazio all’imprevisto. Anche con una visione chiara in mente, il dipinto può sorprendermi e guidarmi in direzioni nuove. È un dialogo continuo tra intenzione e intuizione.

Il tuo legame con Torre Melissa e la Calabria entra mai nelle tue opere?

Sì, anche se in modo sottile. Non rappresento direttamente luoghi o paesaggi della mia terra, ma credo che la Calabria, e Torre Melissa in particolare, siano presenti nei miei lavori in una forma più visiva ed emotiva. Nei colori decisi, nei contrasti marcati, nella luce che spesso cerco di evocare, c’è qualcosa che appartiene profondamente a questo luogo. È una presenza silenziosa ma costante, che emerge quasi senza volerlo. Penso che vivere immersa in certi paesaggi e in certi ritmi finisca per influenzare lo sguardo, anche quando i soggetti che scelgo sembrano lontani da tutto questo.

Qual è stata l’esperienza più significativa che hai vissuto partecipando alla collana “Espressioni d’Arte”?

È stato un momento di riconoscimento e di condivisione. Entrare a far parte di una raccolta curata con tanta attenzione mi ha dato la possibilità di raccontarmi in un contesto più ampio, di intrecciare il mio percorso con quello di altri artisti. Sentire il mio lavoro risuonare in un teatro come il Rossini di Roma è stato emozionante.

Cosa ti ha lasciato, anche a livello personale?

Una consapevolezza nuova. L’arte non è solo un gesto solitario, può diventare dialogo, presenza. Ho sentito un senso di appartenenza e, al tempo stesso, la spinta a continuare a cercare, a crescere, a esprimere.

Puoi raccontarci qualcosa in più del riconoscimento ricevuto a Palazzo Valentini?

È stato un momento speciale, carico di significato. Sentire il mio nome legato a un progetto che valorizza l’arte contemporanea attraverso figure iconiche mi ha emozionata.

Che significato ha avuto per te essere parte del progetto “I volti celebri attraverso l’arte”?

È stato un modo per rendere omaggio a volti che hanno lasciato un’impronta profonda nella cultura e nell’immaginario collettivo.

Come vivi il rapporto con i social nel raccontare il tuo lavoro?

Lo vivo come uno spazio di condivisione, senza troppe regole. Non seguo strategie rigide: cerco di raccontare il mio processo creativo, ciò che mi muove e mi ispira. I social mi permettono di raggiungere persone anche lontane, creare connessioni, aprire il mio lavoro a uno sguardo esterno.

Trovi che influenzi in qualche modo anche la tua produzione artistica?

In parte sì, ma non nel senso di un condizionamento. I social, più che influenzare, a volte ispirano. Mi capita spesso di imbattermi in immagini, progetti o visioni che accendono un’idea. Alcuni lavori sono nati proprio grazie a ciò che ho visto o condiviso in quel contesto. È un flusso continuo, che può diventare stimolo creativo.

Hai citato “visioni in divenire”: puoi anticiparci qualcosa sui prossimi sviluppi del tuo percorso?

Sono in un momento di grande fermento creativo. Sto lavorando su una nuova serie di opere dove la figura umana continua a essere protagonista, ma con un focus ancora più marcato sull’identità e sulla memoria. È ancora tutto in divenire, ma sento che sto andando verso qualcosa di molto mio.

Quando osservi una tua opera finita, qual è la prima cosa che cerchi: equilibrio estetico, coerenza emotiva, o qualcosa d’altro?

Cerco una risonanza. Quel momento in cui sento che l’opera “respira”, che comunica qualcosa anche senza bisogno di spiegazioni. È una sensazione viscerale, più che razionale. Se riesce a toccarmi ancora, anche dopo averla finita, allora so che ho detto quello che dovevo dire.

Comments

No comments yet. Why don’t you start the discussion?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *