KLARITA ES

KLARITA ES

Chiara, in arte Klarita Es, è un’artista e arteterapeuta milanese che unisce la sensibilità estetica alla profondità dell’indagine interiore. La sua formazione nasce all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove nel 2004 consegue la laurea in Decorazione con il massimo dei voti e la lode. Parallelamente si dedica alla fotografia, ottenendo nel 2003 un diploma professionale e maturando esperienza in studi fotografici e laboratori di vetrate artistiche. L’inclinazione per l’arte come strumento di connessione e trasformazione personale la porta a specializzarsi in Arteterapia Clinica, completando la formazione triennale nel 2012. Nel suo percorso Klarita intreccia costantemente ricerca artistica e pedagogia. Attualmente è docente di Discipline Grafiche, Pittoriche e Scenografiche nelle scuole secondarie di secondo grado, dove trasmette ai giovani l’importanza dell’arte come linguaggio espressivo e veicolo di consapevolezza. Dal 2014 al 2024 ha diretto il laboratorio-atelier Artevita, spazio di sperimentazione creativa dedicato al benessere e alla crescita personale, dove ha ideato e condotto percorsi inclusivi che coniugano espressione visiva e ascolto emotivo. La sua produzione artistica personale comprende opere fotografiche, pittoriche e installative che esplorano la figura umana e il corpo come luogo simbolico delle emozioni. Le sue creazioni sono state esposte in numerosi contesti, tra cui il Museo “La Permanente” di Milano per l’evento Salon Primo (2001 e 2002), Villa Greppi e varie collettive e spazi culturali. Nel corso della sua carriera ha ricevuto importanti riconoscimenti, tra cui la vittoria del Concorso Fotografico Internazionale Global Metro City (2002) e del POP Art Project Fabergé (1999). Attraverso la sua arte Klarita Es indaga l’animo umano in tutte le sue sfumature, trasformando la materia e l’immagine in strumenti di introspezione e dialogo. Il suo lavoro nasce dall’osservazione empatica delle emozioni e si traduce in un linguaggio visivo che unisce estetica e cura, forma e sentimento, invitando lo spettatore a riconoscere se stesso nello spazio sensibile dell’opera. Le due mostre più recenti, presso lo Spazio Hajech a Milano ed il Con/Temporany Space di Torino.

Cos’è per te l’arte? 

È una casa che non mi stanco mai di abitare, è un luogo che sono sempre pronta e felice di esplorare.

Quando hai scoperto la tua passione per l’arte e cosa ti ha spinto a seguirla come percorso di vita? 

La mia passione per l’arte si perde nei miei ricordi. Sin da bambina ho amato il mondo delle immagini e appena ho incominciato a disegnare mi è sembrato che il mio mondo prendesse vita. Da allora non è cambiato molto.

Come descriveresti il tuo stile artistico e l’evoluzione che ha avuto nel tempo? 

Mi descriverei come un’outsider, il mio percorso è rivolto da sempre alla ricerca e alla sperimentazione e malgrado siano passati decenni dall’inizio della mia produzione artistica, cerco di tenere quello che si definisce un approccio da Shoshin.

Quali sono le principali fonti di ispirazione che guidano il tuo lavoro creativo? 

Gli artisti incontrati nel mio percorso formativo, anche solo sui libri, mi hanno molto arricchito in questo senso. La lettura in generale è sempre e comunque di grande stimolo.

C’è un tema o un’emozione ricorrente che senti di voler esprimere attraverso le tue opere? 

Sono spinta ad esprimere ciò che porta con sé un po’ di mistero, quanto di più vicino all’onirico si possa rappresentare, tenendo un piede nel reale. 

Quanto conta per te la relazione tra colore, forma e materia nel processo artistico? 

Credo che siano come tre elementi parte di un flusso e quanto più riescono ad essere ben collegati tra loro, quanto più l’opera è riuscita e funziona.

Come vivi il rapporto tra istinto e tecnica quando lavori a una nuova creazione?

Spesso diventano tutt’uno con ciò che sto creando, in modo quasi automatico, ma è come dondolarsi tra sfida e pianificazione con un equilibrio da funambolo.

Qual è stata l’esperienza espositiva o il progetto che più ti ha segnato come artista? 

Le esposizioni che hanno segnato la conclusione dei miei percorsi formativi sono quelle che ritengo maggiormente significative.

In che modo il tuo lavoro dialoga con il pubblico e cosa speri che chi osserva le tue opere porti con sé? 

Le emozioni e le sensazioni, anche fisiche, che possono nascere dall’osservazione dei miei lavori sono una chiave importante di lettura e percezione. Chi osserva i miei lavori spesso mi dice di “non capire esattamente” ma di “sentire qualcosa” e questo tipo di connessione che si crea con chi guarda, è ciò che mi interessa. Mi piacerebbe che l’osservatore si portasse dietro una sensazione simile a quella che si prova quando si incontra un animale selvatico.

Hai un rituale o un momento particolare che precede il tuo atto creativo? 

Non ho rituali che precedono l’atto creativo, ma spesso i simboli o le immagini nei miei sogni sono d’ispirazione e mi danno molta motivazione quando inizio un nuovo lavoro.

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi o sogni nel percorso artistico? 

Sto lavorando ad un libro illustrato, vorrei vederlo pubblicato. Mi auguro di restare aperta al nuovo, sempre in contatto con la mia parte creativa più profonda e con la passione per l’arte in tutte le sue forme, conto di trovare sempre una strada per esprimere il mio mondo fatto di immagini.

Descriviti in tre colori. 

Trovo che il mondo dei colori sia molto vicino a quello degli stati d’animo, per natura mutevoli, ma se dovessi definirmi in questo preciso momento, come in una Polaroid, credo si colorerebbe di blu, bianco e rosso.

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