CARLA MAIRA

CARLA MAIRA

Carla nasce a Milano e cresce a San Cataldo, nel cuore della Sicilia. Educatrice e insegnante specializzata nel sostegno, fin da giovane scopre nella pittura un canale privilegiato per dare voce alle emozioni più profonde, sue e delle persone con cui entra in empatia. I suoi lavori nascono dall’urgenza di raccontare stati d’animo complessi: senso di inadeguatezza, paura, sofferenza, rabbia, colpa, amore per sé. La sua ricerca artistica si concentra sulla varietà delle esperienze umane, sulla diversità interiore e sul bisogno di trasformare i blocchi emotivi in occasioni di libertà personale. Nel 2024 dà forma a una nuova visione espressiva che amplia il linguaggio pittorico tradizionale, includendo elementi inediti come chiodi e fili. Nasce così un percorso originale attraverso la string art, una tecnica che diventa strumento simbolico per fissare emozioni negative e aprire lo sguardo verso nuove direzioni. I fili colorati che attraversano le sue opere creano trame complesse, labirinti visivi in cui lo spettatore è invitato a perdersi per ritrovarsi, a cercare la propria strada dentro l’incertezza, accompagnato da un’estetica profondamente femminile e sensoriale. Le sue creazioni non si limitano a una sola lingua, ma parlano a chi guarda attraverso percorsi emotivi, lasciando spazio alla libera interpretazione e alla riflessione personale.

Cos’è per te l’arte?

L’arte, per me, è un mezzo per canalizzare le emozioni e rappresentarle in una forma visibile e tangibile.

Cosa rappresentano per te i fili e i chiodi nel tuo nuovo percorso artistico?

Fili e chiodi sono la concretizzazione dell’esperienza artistica: fissano emozioni e costruiscono percorsi visivi che diventano vere e proprie mappe interiori.

Quando hai sentito il bisogno di trasformare la pittura tradizionale in qualcosa di più materico, come la string art?

È stato un passaggio spontaneo. Durante il mio dialogo con la tela e l’olio, ho sentito l’urgenza di andare oltre lo studio accademico, creando qualcosa di personale. Con la string art, posso fissare anche le emozioni negative, inchiodarle letteralmente all’opera e lasciarle lì, trasformate.

C’è stato un momento specifico in cui hai capito che l’arte poteva aiutarti a canalizzare emozioni complesse?

Sì, nel momento in cui ho vissuto un forte sovraccarico emotivo. È stato allora che l’arte è diventata una necessità.

Come si intrecciano il tuo lavoro educativo e la tua ricerca artistica? Si influenzano a vicenda?

Assolutamente sì. Il mio lavoro mi porta a entrare in contatto con le emozioni degli altri—assistiti, colleghi, persone fragili. Sono profondamente influenzata dagli stati d’animo che mi circondano, e tutto questo si riflette nella mia arte.

Qual è l’emozione più difficile da rappresentare attraverso le tue opere?

La paura. È complessa, mutevole, spesso silenziosa. È difficile darle una forma.

Quanto contano per te il colore e la palette nella composizione delle opere?

Molissimo, anche se è un processo più intuitivo che razionale. I colori mi “chiamano”, ed è come se scegliessero loro di farsi usare.

Cosa speri che il pubblico provi davanti ai tuoi “labirinti” emotivi fatti di fili?

Spero che possano emozionarsi, magari ritrovando qualcosa di sé dentro un’arte diversa, non convenzionale.

Hai un’opera a cui sei particolarmente legata? Perché?

Sì, la serie Strafiche e Crazy Abstract Landscape – Amsterdam. In esse ho riversato una parte profonda e autentica di me stessa.

Come vivi il momento creativo? È pianificato o nasce da un’urgenza interiore?

Nasce sempre da una pulsione interiore, ma poi si trasforma in un processo elaborato e guidato. Spesso capita che, all’improvviso, aggiunga o tolga elementi, seguendo l’intuizione.

Qual è la tua idea di libertà individuale e come cerchi di trasmetterla attraverso l’arte?

La libertà individuale è inviolabile, perché rappresenta l’essenza unica di ogni essere umano. Questa unicità è ciò che genera la bellezza delle differenze, e cerco di onorarla nelle mie opere.

Descriviti in tre colori.

Rosa, viola, azzurro.

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