Giuseppe nasce a Palermo nel 1970 e si forma artisticamente al Liceo Artistico e all’Accademia di Belle Arti della sua città, dove si diploma in Scenografia. Fin dai primi anni si avvicina al mondo della fotografia e della produzione audiovisiva, percorsi che diventeranno centrali nella sua carriera. Nel 1996 si trasferisce a Roma, dove attualmente vive e lavora come regista, fotografo, sceneggiatore e direttore della fotografia, affermandosi in ambito cinematografico e televisivo. Nel corso degli anni ha realizzato cortometraggi, documentari, videoclip musicali e spot pubblicitari, ricevendo oltre trenta premi e riconoscimenti nazionali e internazionali, tra cui numerosi Premi Kodak e il prestigioso Excelsior. Ha collaborato con diverse produzioni come assistente alla regia, operatore e segretario di edizione, partecipando anche a progetti di rilevanza sociale, come il film “Dissolvenza: Atto Secondo”, distribuito nelle scuole palermitane come iniziativa culturale antimafia. È stato responsabile del settore cinema della società Undici07 Film Production fino al 2016 e ha curato l’organizzazione del Madonie Film Festival in Sicilia. Nel 2022 pubblica il suo primo libro fotografico, L’unico futuro accettabile è il passato, e sta lavorando al secondo volume, in uscita prevista per gennaio 2026. Attualmente è impegnato nella produzione del suo primo lungometraggio, La ragione dell’anima, tratto dal suo corto Cuore Nero, e nella scrittura di uno spettacolo teatrale. Parallelamente continua la sua attività di fotografo e video-maker freelance, collaborando con diverse realtà produttive italiane. Appassionato di biologia marina, è anche un esperto malacologo con una collezione privata di oltre 40.000 esemplari provenienti da tutto il mondo, con l’ambizione di aprire a Roma un museo dedicato.
Cos’è per te la fotografia?
Reale manipolato… Spesso la fotografia è raccontare la “realtà” attraverso un “frame” una porzione di tempo che è stato immortalato, reso eterno. Personalmente preferisco interpretarla la realtà, destrutturarla e riprodurla secondo la mia interiore visione del mondo e delle cose… Forse perchè semplicemente mi annoia per ciò che si limita ad appare… o perché in essa non posso fare a meno di riconoscere quel “sottotesto” che da Regista/Sceneggiatore tendo sempre ad attribuire ad ogni cosa che mi trovo a vivere. Avverto come un “limite” il ruolo di chi si impegna ad immortalare la realtà così com’è (ammesso che sia davvero possibile farlo) Perchè per me Fotografia e Regia sono indissolubili, nel Cinema la Realtà è in movimento, nella Fotografia la fermi nell’istante che hai scelto, ma ogni volta che rivolgi la tua camera o cinepresa in una direzione il cosidetto “reale” lo hai già manipolato, lo hai già interpretato e reinventato nella tua personale ed unica visione. Per me è così. La “realtà oggettiva” non mi attrae, nelle crepe del mio mondo decadente trovo riparo da essa e da tutti i compromessi del comune creare. Per me Arte è la feroce continua guerra tra la Vita e la Morte, tra il Bene e il Male… e avverto la “distruzione” un po’ la genesi della creazione… pertanto, penso di poter dire che fotografare è per me distruggere e reinventare il mondo a modo mio.
Qual è stato il momento in cui la fotografia è passata da semplice passione a linguaggio personale e professionale?
Regalo di prima Comunione, nel lontano 1981, la mitica Yashica FX3, la prima macchinetta fotografica di tutta la mia generazione… siamo partiti tutti da quella, la fotografia analogica in pellicola… a 15 anni nella mia cameretta oltre ai poster di Michael Jackson avevo già montata la mia camera oscura in Bianco/Nero… e mi stampavo autonomamente le mie foto… Il mio primo Book fotografico lo realizzai per una mia compagna di classe del Liceo Artistico, “Tiziana” fu la mia prima modella… da allora non mi sono mai più fermato… Ho sperimentato qualsiasi tipo e genere di fotografia, anche quella ad Infrarossi… Credo di poter dire che la passione per la fotografia si è sviluppata in me già dal principio, nei primi anni ’80, maturando con il tempo anche la capacità di esprimere un mio personale linguaggio per immagini. L’aspetto professionale è entrato in gioco solo successivamente e non del tutto volontariamente… Non sono mai riuscito a realizzare fotografie per cerimonie (Matrimoni e feste varie) ancora oggi non ne sono capace.. ho la insopprimibile tendenza a trasformare le feste in scene oniriche, da incubo… ahahahah… scherzo, ma non del tutto. Preferisco dedicarmi ai miei progetti fotografici o realizzare immagini per copertine di dischi, libri.. o nell’ambito della pubblicità.. Nel 2022 la casa editrice romana “Psicografici Editori” ha pubblicato il mio primo libro fotografico (ne parlerò più dettagliatamente nelle successive risposte).
In che modo l’esperienza nella scenografia ha influenzato la tua visione registica e fotografica?
Più che influenzarla l’ha certamente supportata. L’essermi diplomato in Scenografia presso L’Accademia di Belle Arti mi ha certamente aiutato, nel pensare in termini creativi/ideativi ma anche costruttivi gli ambienti scenografici per le scene dei miei cortometraggi, ma anche e soprattutto in ambito teatrale e dei videoclip, oltre che naturalmente anche in fotografia per i miei Shooting. Credo che l’elemento “Scenografia” come del resto la Fotografia ed il Montaggio siano gli aspetti che più di tutti determinano la buona resa di un film sullo schermo… Essere di fatto uno scenografo mi ha dato quelle nozioni tecniche in più necessarie alla corretta messa in scena, determinando i giusti movimenti della macchina da presa basandomi sulle prospettive, e di conseguenza sulle dinamiche visive delle azioni. Talvolta anche il piazzare gli attori in un determinato modo sulla scena, può donarle quello “spessore visivo” che può fare la differenza… avere conoscenza delle prospettive, ti aiuta anche nel saper stabilire quali ottiche e dunque campi di presa utilizzare… Tutto questo può rendere più personale e riconoscibile il tuo “occhio” la tua visione, il tuo carattere di autore/narratore.
Tra i molti linguaggi con cui lavori – cinema, fotografia, video musicale, teatro – quale senti più vicino in questo momento e perché?
Ho sperimentato tanto.. ho vissuto pienamente l’esperienza fotografica e filmica, e tra le due devo dire che attualmente ho scelto di portare avanti e con maggiore impegno la strada del racconto filmico, il “cinema”. Perché non essendo solo un tecnico, ma anche autore dei miei soggetti e delle mie sceneggiature, inevitabilmente il linguaggio “fermo” della fotografia può finire per starti un po’ stretto… Sento, adesso, più che mai, il bisogno (la necessità) di raccontare i miei personaggi e le loro storie… e certamente questo puoi farlo maggiomente e con maggiore spessore solo attraverso il Cinema… Il Cinema che ho sempre vissuto come un meraviglioso “mezzo” una illimitata “possibilità” la possibilità di raccontare una storia, anche la storia apparentemente più banale e semplice come una straordinaria storia, coinvolgente ricca di temi, contenuti e soprattutto (elemento indispensabile per il vero Cinema) un profondo e sincero “sottotesto”. Oggi, più che in passato, sono prima di tutto sento di essere un Autore e Regista.
Come nasce un tuo progetto? Da un’immagine, da una parola, da una sensazione o da un’urgenza tematica?
Dalla musica…. È certamente lei a fare da “catalizzatore” di ogni mia emozione, stato d’animo, colore dei pensieri e di tutto ciò che d’un tratto si accende nella mia testa, quella scintilla, l’idea giusta, quell’intuizione che aspettavo magari da tanto e a cui non riuscivo a dare una forma… Il mio personale (ma credo non unico) modus operandi nello scrivere consiste nel chiudermi da solo in una stanza illuminata solo da una fievole luce (meglio se colorata) ed ascoltare tante differenti musiche, brani di genere diverso, fino a quando non arriva quella che volevo, che stavo cercando… quella che ha il giusto colore, le giuste armonie… Solo così riesco ad entrare nel colore di ciò che voglio scrivere e da quel momento scrivere diventa pura emozione.
Cosa ti ha spinto a trasformare Cuore Nero in un lungometraggio? Cosa è cambiato nel passaggio dal corto al film?
Il mio corto “CUORE NERO” (lo potete trovare su Youtube) è già “lungo” per essere un “corto”, dura ben 30 minuti.. quasi un mediometraggio… pertanto è facile immaginare che il suo soggetto troverebbe certamente una maggiore completezza narrativa e di contenuti proprio nella sua possibile versione di Lungometraggio… Il Corto ha ottenuto ottime recensioni, e ben 4 diversi premi dalla F.N.C (Federazione Nazionale Cinevideoautori) anche grazie ai due grandi interpreti che ne sono protagonisti: Michele D’Anca e Marco Venienti. Il tema espresso in CUORE NERO è molto complesso e ricco di sfaccettature, con un sottotesto molto forte ed intenso, scriverne una versione di Lungometraggio è stato un processo del tutto naturale… direi “inevitabile” c’è tanto di me in questa storia (pur non volendo essere autobiografico). Riguardo al cosa è cambiato: direi un maggiore spessore narrativo, ovvero una più estesa forma del racconto.. maggiori e più caratterizzati personaggi e naturalmente una maggiore quantità di scene che ne arricchiscono il plot centrale, l’azione nel finale e la risoluzione. CUORE NERO era già predestinato ad essere un lungometraggio… il progetto in assoluto più importante ed impegnativo, ciò a cui sto già lavorando da qualche anno e che spero possa diventare una realtà produttiva al più presto.. il suo titolo nella forma di lungometraggio sarà: “LA RAGIONE DELL’ANIMA”.
Hai collaborato con diverse produzioni e ricoperto ruoli molto diversi tra loro: quanto conta per te la dimensione collettiva del lavoro artistico?
Da fotografo il lavoro inteso come “esperienza collettiva” è assai relativo, mentre certamente nel contesto della produzione cinematografica la dimensione di lavoro collettivo è direi necessaria ed indispensabile… In un film possono lavorare anche centinaia o migliaia di persone, ognuna delle quali svolge una sua precisa mansione.. sono le differenti maestranze del cinema… figure quasi mitologiche per i Filmmakers solitari come lo sono stato io per buona parte del mio percorso professionale… Ci tengo però a fare una precisa distinzione tra lavoro “tecnico” e lavoro “creativo” Ho sempre rifiutato l’idea di scrivere soggetti e sceneggiature in “collettivo” c’è chi lo considera addirittura “necessario”… io no, semplicemente non ne sento il desiderio ne quanto meno la necessità… credo che l’idea stessa di scrittura debba addirittura essere necessariamente opera di una sola mente, di un solo cuore, di una sola anima… Ho sempre immaginato lo scrivere in collettivo come ad un puzzle di idee e sentimenti… tanti colori ma niente “spirito unitario” Personalmente sento come la necessità di dare un’impronta a ciò che scrivo, un’anima, un colore… il mio colore. Questa cosa dello scrivere in gruppo per come la vedo io è una vera e propria “piaga” ed è una caratteristica del tutto europea e soprattutto italiana… in america è assai meno in uso… Un autore scrive da solo le sue storie, il film poi lo giriamo assieme, operando in gruppo secondo le proprie competenze, ma il film deve essere il mio film, soltanto mio, profondamente ed intimamente mio…
Cosa ti ha spinto a pubblicare un libro fotografico? E cosa stai cercando di raccontare nel secondo?
Durante gli ultimi mesi del 2019 ho realizzato una serie di shooting fotografici che rappresentarono l’inizio di una vero e proprio progetto che prese una sua maggiore forma proprio durante il Lockdown per il Covid.
Ho vissuto completamente da solo l’esperienza di quel Lockdown, e trovandomi a dover vivere chiuso in casa per ben due mesi, ebbi tutto il tempo di post-produrre con Photoshop le immagini che avevo realizzato prima dell’arrivo della Pandemia.. e ne realizzai delle altre, dando vita ad un vero e proprio progetto che traeva ispirazione proprio da tutte le emozioni, paure e tensioni che, inevitabilmente, mi trovai a vivere in quei giorni… Ho lavorato al progetto per quasi due anni… dando vita ad un libro edito dalla casa editrice romana “Psicografici Editori” che andò in stampa nel 2022 e il cui titolo è: “L’UNICO FUTURO ACCETTABILE E’ IL PASSATO” un progetto colossale di ben 100 immagini che, come recita il retro della copertina: “si presenta come l’urlo di Munch, come gli antichi dipinti del misterioso Hieronymus Bosh, un caleidoscopio di immagini oniriche e surreali, frammenti di un mondo distopico, fotogrammi di un film postapocalittico che ci racconta del mondo dopo il mondo.” In pratica una mia personale previsione di ciò che ci attende, di ciò che stanno pianificando per noi, per i nostri figli. Ho avvertito la necessità di dire la mia, senza protezioni, senza censura, attraverso immagini politicamente scorrette, che non cercano consenso, ma che anzi, vogliono turbare e spingere alla riflessione, al raggiungimento di una nuova e ritrovata consapevolezza interiore, con particolare riferimento a ciò che avverto come la maggiore minaccia per tutti noi: il Transumanesimo. Attualmente ho in preparazione il secondo volume, che inevitabilmente riprende le stesse tematiche ma concentrandosi più sull’aspetto spirituale ed animico dei temi già trattati nel primo volume. Il titolo di questo secondo volume sarà: “FIORI D’INVERNO (l’Anima nell’era del Grafene)”.
Come si bilanciano nella tua ricerca la tecnica e l’intuizione? Quanto tempo dedichi alla sperimentazione?
Nella prima fase di ogni esperienza, sia fotografica che cinematografica, il momento “creativo” quello delle idee, ho sempre basato tutto sull’intuizione, ma successivamente per darle corpo e forma ti è necessario ricorrere alla tecnica.. e più tecnica possiedi e maggiore sarà il tuo spettro di sperimentazione possibile… L’intuizione rappresenta la scintilla, la tecnica ti permette di trasformarla in una fiamma viva ed attrattiva, la sperimentazione ti da accesso a differenti strade, differenti forme narrative che possono dare lo spessore che differenzia il mero racconto per immagini dall’esperienza di tipo visivo-emozionale. Per me forma, contenuti ed emozione sono elementi indivisibili… tanto quanto lo sono L’intuizione, la tecnica e la sperimentazione.
Il tuo interesse per la malacologia e la biologia marina ha mai influenzato la tua produzione visiva o narrativa?
Da appassionato collezionista di Conchiglie e studioso di Biologia marina fin da quando ero solo un ragazzino di 11 anni, a dire il vero non avevo mai fatto incontrare i miei contenuti filmici o fotografici con questa mia meravigliosa passione… il primo vero e significativo incontro tra questi due differenti ed entrambi importanti aspetti della mia vita è stato proprio il mio film di lungometraggio dal titolo: “LA RAGIONE DELL’ANIMA” Il cui soggetto prevede che il pittore, protagonista della storia, oltre ad essere un artista è anche un grande appassionato di Malacologia e collezionista di Conchiglie… Nel film sarà presente parte della mia collezione, che prevedo di utilizzare proprio per le riprese del film. Le conchiglie sono la mia più grande passione, forse anche più del Cinema… nelle loro forme e colori trovo prova dell’esistenza di un Dio superiore ed onnipotente.
C’è un filo rosso che unisce le tue diverse attività artistiche e professionali, o preferisci che restino territori autonomi?
Sono certamente territori autonomi, in quanto assai differenti nelle loro forme di espressione e di fruizione… ma, al tempo stesso, inevitabilmente, credo che in fondo raccontano la stessa storia, con gli stessi contenuti e le stesse emozioni… Se c’è un “filo rosso” questo è probabilmente il mio profondo ed interiore “dolore”, la mia rabbia inesauribile e la mia anima da smarrito ed ingenuo Don Chisciotte.
In un tempo saturo di immagini, cosa rende per te ancora necessaria e viva la fotografia?
Saturo certamente… poi adesso con L’intelligenza artificiale (che di “intelligente” non ha proprio nulla) la nostra vita sarà inondata, sempre di più, da immagini di ogni tipo e natura… tante, si, tantissime, ma anche vuote, prive di contenuti e spessore animico… Le sempre più perfette ed innovative nuove tecnologie, per come la vedo io, non potranno mai superare la nostra meravigliosa “imperfezione umana” il nostro più elevato standard di genialità ed originalità… La fotografia sarà ancora “necessaria” finchè ci saranno anime in cerca di emozioni, errori e preziose fragilità.
Descriviti in tre scatti.
Consapevole, come chi ha smesso di sperare in un happy end. Disilluso, come chi ha già visto i titoli di coda. FORTE, come un fiore d’inverno.







