Carmen è una scrittrice, musicoterapeuta e spiritual coach, impegnata da anni nella diffusione di tematiche legate alla spiritualità e alla ricerca sull’aldilà. Attraverso conferenze, incontri pubblici e interventi online, esplora i confini tra spirito e materia, offrendo spunti di riflessione che intrecciano esperienze personali, studio e visione globale del cambiamento in atto. È attualmente in uscita il suo libro Cronache tra spirito e materia, titolo che darà anche il nome alla conferenza che terrà a Napoli il 23 settembre, un evento che vedrà la partecipazione di relatori di rilievo come il professor Piero Calvi Parisetti. In questa occasione, il dibattito spazierà dai temi dell’oltrevita alla trasformazione economica e politica degli ultimi anni, in un’ottica ampia e multidisciplinare. Carmen ha già collaborato con figure come Gianmarco Landi, presente anche nella prossima conferenza, ed è stata intervistata da Valerio Tramontano e ospite di numerose live. Attraverso la parola scritta e parlata, il suo intento è quello di favorire un dialogo profondo sul senso dell’esistenza, aprendo varchi di consapevolezza tra dimensioni visibili e invisibili.
Cos’è per te l’arte?
L’arte è il respiro dell’anima, la lingua madre dello spirito. È il luogo in cui ciò che non può essere detto trova voce, e ciò che non può essere visto si mostra. Per me, l’arte è un ponte tra i mondi: quello interiore e quello manifesto, tra il visibile e l’invisibile. È un atto sacro, una forma di preghiera che non chiede nulla, ma trasforma tutto.
Cosa ti ha spinta a unire scrittura, musicoterapia e spiritualità in un unico percorso professionale?
Non è stata una scelta, ma un richiamo. Ogni parte di me cercava un linguaggio che potesse accogliere la complessità dell’esperienza umana. La scrittura è la mia radice, la musicoterapia il mio corpo, la spiritualità il mio cielo. Solo unendoli potevo sentirmi intera e, forse, restituire agli altri strumenti per ascoltarsi davvero.
In che modo la tua esperienza come spiritual coach si riflette nei contenuti delle tue conferenze?
Ogni conferenza nasce come un viaggio collettivo. Porto con me le ferite, i risvegli, i silenzi e le parole che ho incontrato nel cuore delle persone. La mia esperienza mi ha insegnato che non esistono risposte definitive, ma domande sacre. Cerco di accendere quelle domande, affinché ciascuno trovi la propria verità.
Cosa intendi per “spiritualità di confine” e quali sono le tematiche che affronti più spesso?
La spiritualità di confine è quella che vive dove le definizioni si spezzano, dove il dogma tace. È la spiritualità degli inquieti, dei cercatori, degli emarginati interiori. Parlo spesso di morte, rinascita, dolore trasformativo, contatto con l’invisibile e riconciliazione con il proprio destino. Temi che bruciano e guariscono.
Come nasce il libro Cronache tra spirito e materia e qual è il messaggio principale che desideri trasmettere ai lettori?
È nato come un sussurro notturno, poi è diventato un urlo d’amore. Cronache tra spirito e materia è il diario dell’invisibile che si fa carne, delle voci che attraversano il velo. È anche un tentativo consapevole di portare alla luce verità scomode, spesso occultate, che riguardano tanto il mondo materiale quanto quello spirituale. È un excursus che intreccia rivelazioni dimenticate e conoscenze celate, per offrire una visione più intera della realtà. Il messaggio rilevante, semplice e disarmante, è che non siamo soli. Mai.
Che ruolo ha, secondo te, la musica nel processo di esplorazione interiore e nel contatto con l’aldilà?
La musica è un varco. Vibra dove le parole si fermano, scavalca le barriere del tempo e dello spazio. È una forma di medianità sottile, capace di tradurre l’oltre in frequenze. Nella musica, i vivi e i morti danzano insieme. È l’eco dell’anima prima della nascita e dopo la morte.
C’è stato un momento chiave nella tua vita che ti ha portato a interessarti profondamente all’aldilà?
Sì. Il 31 dicembre del 2021 mio padre è passato nell’Oltre. Quel momento ha spezzato e al tempo stesso aperto qualcosa dentro di me. Il dolore è stato così profondo da spalancare un portale. Ho cominciato a percepire l’aldilà non come un luogo lontano, ma come una presenza viva. Da allora, il confine tra i mondi non è più stato lo stesso.
Come scegli i relatori delle tue conferenze e quali criteri segui per costruire il dialogo tra spiritualità e attualità?
Scelgo chi vibra in verità. Persone che hanno attraversato le loro notti e ne sono uscite con una lanterna. Cerco visioni radicate, spiritualità incarnate, voci che possano parlare all’umano senza fuggire nel mistico né perdersi nel cinismo. L’attualità è il nostro tempio: lì voglio che la spiritualità abiti.
Credi che oggi ci sia una maggiore apertura pubblica verso i temi spirituali o restano ancora tabù?
Sento che qualcosa si è aperto, sì. Ma è una fessura, non ancora una porta. La spiritualità vera spaventa perché non consola: trasforma. Oggi se ne parla molto, ma spesso restando in superficie. Il tabù non è la spiritualità: è il dolore che ci conduce ad essa.
In che modo i social, come Instagram o Facebook, contribuiscono alla tua attività di divulgazione?
Sono strumenti, ponti digitali che uso con sacralità. Non sono il luogo della verità, ma possono esserne un’eco. Cerco di non perdere l’intimità del messaggio anche in mezzo alla folla virtuale. Se una sola persona si sente vista, compresa o ispirata, allora ne è valsa la pena.
Cosa ti auguri che i partecipanti portino con sé dopo aver preso parte a una tua conferenza?
Un silenzio nuovo dentro. Uno sguardo più largo. Una domanda che pulsa. Mi auguro che tornino a casa con qualcosa di invisibile ma concreto: una piccola scintilla da custodire, una voce interiore che cominciano finalmente ad ascoltare.
Descriviti in tre colori
Indaco: per la soglia tra mondi. Ottanio: per la profondità del sentire. Oro antico: per la memoria delle vite, dei riti, dei ritorni.