Alberto è un artista spagnolo residente nei Paesi Bassi. La sua carriera artistica ha avuto inizio nel mondo della musica, dove ha sviluppato uno stile plasmato dalla sperimentazione e da un’atmosfera onirica. Ha pubblicato tre album da solista, tra cui Arte por Error (2015), prodotto dall’influente musicista e produttore ambient Suso Saiz, e Flower of Dreams (2024), registrato e prodotto interamente nel suo home studio nei Paesi Bassi. Nel 2025, una pausa significativa nella sua vita lo ha portato a esplorare un campo che lo aveva sempre accompagnato come osservatore appassionato: le arti visive. La pittura è diventata per lui una forma di meditazione attiva, un modo per dare forma, con le mani, a immagini e intuizioni che emergono da stati di rêverie. La sua pratica, che si concentra principalmente su olio e tecniche miste su carta o tela, si muove tra astrazione e figurazione, intrecciando simbolismo, materia e riflessione filosofica. Le sue opere esplorano temi come il tempo e il subconscio, in serie come Memento Mori o Nothing, ispirate al pensiero contemplativo orientale. Sebbene si tratti di un’esplorazione recente, il legame di Alberto con l’arte è profondo. È cresciuto in una famiglia immersa nella creatività: il padre è un pittore autodidatta e il fratello, Daniel Amar, è un rinomato animatore in stop-motion e 2D. Ha studiato architettura prima di dedicarsi completamente alla musica, una disciplina che continua a essere una parte essenziale del suo universo creativo. Per Alberto, musica e pittura non sono ambiti separati, ma espressioni complementari della stessa sensibilità. La sua pratica artistica è un processo aperto, in cui suono e immagine si intrecciano costantemente.
Cos’è per te l’arte?
Una forma di ascolto. Un modo per raggiungere luoghi ai quali non posso accedere con la ragione o con il linguaggio. L’arte è il modo in cui ricordo chi sono, e a volte, anche come lo dimentico.
Quale cambiamento interiore ti ha portato dalla musica alla pittura, e cosa hai scoperto di te attraverso questo cambio di mezzo espressivo?
Non è stato un cambiamento consapevole. Non sono passata da una disciplina all’altra: semplicemente dovevo sopravvivere a un momento di grande vulnerabilità. La pittura è emersa come una forma di meditazione fisica, un gesto che non richiedeva nulla da me se non la presenza. Attraverso di essa ho scoperto la bellezza della lentezza, la potenza del silenzio, e la possibilità di creare senza pensare a un pubblico.
Cosa significa per te trasformare uno stato di rêverie in un’immagine concreta?
Per me la rêverie non è una fuga, ma un portale: uno stato in cui frammenti di memoria, intuizione, emozione e simbolo si riorganizzano senza controllo. Tradurre quel caos in immagine non è un compito, è un ascolto. A volte seguo solo la traccia di qualcosa che non comprendo del tutto.
Nel tuo processo creativo, come dialogano suono e immagine? In che modo si influenzano a vicenda?
Provengono dallo stesso luogo. La mia musica è sempre stata visiva, e ora le mie pitture spesso contengono ritmo, silenzio o tensione simile al suono. A volte vedo un colore e sento un accordo. A volte improvviso al pianoforte e sento una texture. Non forzo questo dialogo—è semplicemente il modo in cui vivo la realtà.
Come decidi se un’intuizione diventerà un dipinto o un brano musicale?
Non decido io. L’intuizione sceglie la sua forma. Alcune immagini vogliono essere viste, alcune emozioni devono essere ascoltate. Cerco solo di restare disponibile a entrambe.
La serie Nothing sembra avere una forte componente filosofica. Da dove nasce il tuo interesse per il pensiero orientale, e come lo incorpori nella tua arte?
Sono sempre stata attratta dalla quiete e dal paradosso. Il pensiero contemplativo e la meditazione mi hanno offerto una struttura per esperienze che avevo dentro da tempo. Non cerco di illustrare queste idee; piuttosto, le lascio guidare il processo. Il vuoto, l’impermanenza, la bellezza dell’incompiuto non sono concetti per me—sono stati dell’essere che cerco di abitare.
In che modo la tua formazione in architettura influenza il modo in cui costruisci una composizione visiva?
L’architettura mi ha insegnato a pensare con lo spazio e la composizione. Mi ha anche aiutato ad aprire la mente. Anche quando infrango le regole, so che esistono. Spesso mi avvicino a una superficie bianca come mi avvicinerei a una struttura: attraverso equilibrio, ritmo e tensione. Ma a differenza dell’architettura, la pittura permette il crollo, l’incidente e il mistero. Ed è proprio questo che mi affascina ora: costruire qualcosa che può crollare e restare comunque vero.
Quanto ha influito il tuo contesto familiare creativo sulla tua libertà di esprimerti?
Molto. Sono cresciuta circondata da immagini, strumenti, mani che creavano. Mio padre dipingeva senza cercare approvazione. Mio fratello trasformava i suoi sogni in animazione. Nei miei primi anni, durante i vent’anni, ho condiviso la mia vita con un partner che era anche un artista. In un certo senso, è come se avessi frequentato una scuola d’arte da una prospettiva privilegiata, osservando il grande lavoro di chi mi circondava.
Cosa cerchi quando osservi un’opera finita: una risposta, una domanda, un silenzio?
Un silenzio. Non l’assenza di suono, ma uno spazio dove qualcosa di essenziale si è assestato. Se sento quel silenzio, smetto di lavorare. Se no, so che il dipinto sta ancora chiedendo qualcosa.
La tua arte trasmette un senso di tempo sospeso. Come vivi il tempo nel tuo processo creativo?
Il tempo scompare. Non dipingo “per finire”. Dipingo per abitare. Ogni gesto sospende la linearità e crea il proprio ritmo. Credo che l’arte abbia il potere di allungare il tempo—di rallentarlo abbastanza da poterlo sentire di nuovo.
Quale messaggio o sensazione vorresti che rimanesse nel cuore di chi guarda le tue opere?
Non un messaggio, ma una presenza. Uno spazio condiviso in cui qualcosa di senza nome possa risuonare. Se qualcuno sente un riconoscimento silenzioso—come se il dipinto avesse ricordato qualcosa che loro avevano dimenticato—allora ne sono grata.
Descriviti con tre colori.
Blu profondo, una sfumatura di rosso che appare solo nei sogni, e un colore che non esiste in questo universo.





