CHRISTIAN GUGLIELMO

CHRISTIAN GUGLIELMO

Christian, nato in provincia di Torino nel 1971, è un artista poliedrico la cui creatività si è espressa fin dall’infanzia attraverso molteplici forme, dalla musica alla pittura. Le sue prime opere si ispirano alle poetiche degli anni ’60 e ’70, in particolare al movimento New Dada e all’opera di Arman, e si fondano sul recupero e la ricontestualizzazione di strumenti musicali, trattati con un gesto pittorico intenso e materico. Spinto dal desiderio di approfondire la tecnica, frequenta per diversi anni un’accademia d’arte privata, dove si forma soprattutto nella pittura a olio. Questo percorso gli permette di affinare il proprio linguaggio e di individuare nella pop art la corrente più affine alla sua espressività. Una pop art che rielabora in chiave personale, estendendola oltre la tela: mobili, manichini e oggetti di uso comune diventano supporti alternativi per la sua arte, in un approccio che unisce ironia, colore e cultura visiva contemporanea. Appassionato anche di fotografia e musica, Christian Guglielmo considera la sperimentazione e la contaminazione tra linguaggi diversi elementi centrali della propria ricerca artistica, sempre in evoluzione.

Cos’è per te l’arte?

L’arte, in generale, è il modo in cui l’artista esprime il proprio concetto di bellezza, indipendentemente dal fatto che si tratti di pittura, musica, scrittura o qualunque altra forma di espressione.

In che modo la musica ha influenzato le tue prime opere visive, soprattutto nell’utilizzo di strumenti musicali come oggetti pittorici?

In realtà, come spesso accade nella vita, è successo tutto per caso: la mia prima opera è stata la mia prima chitarra elettrica che, a causa di un’alluvione, era diventata inutilizzabile. Ho deciso allora di trasformarla in un’opera, per farla rinascere in una forma diversa.

Cosa ti ha attratto inizialmente della pop art e in che modo pensi di averne sviluppato una tua versione personale?

Oltre agli strumenti musicali, il primo oggetto che ha segnato l’inizio del mio nuovo percorso creativo è stata una vecchia piattaia in legno, molto rovinata, che una cliente mi ha chiesto di recuperare e trasformare a tutti i costi. Da lì è cominciato tutto.

Come vivi il rapporto tra arte e artigianato quando ti confronti con mobili o oggetti di uso quotidiano?

La linea che divide arte e artigianato è molto sottile. In sostanza, l’artigiano crea la materia prima che l’artista trasforma e interpreta secondo la propria visione.

Quali contaminazioni tra fotografia, pittura e musica ti entusiasmano maggiormente oggi?

Sono tre forme espressive che mi influenzano profondamente, ma se dovessi sceglierne una, direi la fotografia.

L’accademia ti ha dato strumenti tecnici, ma anche direzionali: c’è stato un momento preciso in cui hai capito che la pop art era la tua strada?

L’accademia mi ha insegnato molto: oltre alla tecnica, mi ha aiutato a guardare le cose con occhi diversi, a cogliere dettagli che prima mi sfuggivano. La svolta è arrivata quando ho deciso di preparare la mia prima mostra personale sul tema della “solitudine”. La maggior parte dei quadri erano in bianco e nero. Dopo il quinto mi sono bloccato, e per superare quel blocco ho dipinto in stile pop art tutte le ante della mia cucina, che fortunatamente era bianca.

Nella tua produzione convivono gesto e colore, recupero e trasformazione: quanto è istintivo e quanto invece progettato il tuo processo creativo?

Soprattutto nella mia prima fase creativa, e anche nell’ultima, c’è ben poco di progettato: è istinto puro. Ho un pensiero in testa, elaboro un’immagine che possa rappresentarlo e poi passo all’azione.

Qual è, secondo te, il ruolo dell’ironia nella tua arte?

L’ironia è una parte fondamentale della mia vita, e quindi anche della mia arte. Il mondo di oggi è estremamente grigio e triste, e credo sia necessario sdrammatizzare: io lo faccio attraverso i colori e l’ironia.

Che rapporto hai con il tempo: ti interessa fissare qualcosa di “pop” del presente o preferisci rielaborare il passato?
La rielaborazione di elementi del passato mi ha sempre affascinato. La storia ci insegna che tutto torna, magari in una veste diversa. Più che scegliere tra passato e presente, mi piace concentrarmi su oggetti dimenticati, magari chiusi in soffitta o in cantina, che con pochi interventi possono tornare a vivere.

Ci sono artisti contemporanei con cui ti senti in dialogo, o che ti ispirano oggi nel tuo lavoro?

Ce ne sono molti che mi piacciono e che rappresentano per me una fonte d’ispirazione. In generale, apprezzo le cose semplici (come lo sono io) e mi affascinano gli artisti capaci di emozionare anche senza grande tecnica. Per citarne alcuni: Banksy, Haring, Warhol.

Descriviti in tre colori.

Rosso, come la passione che metto in tutto ciò che faccio. Giallo, perché è il colore associato alla follia (e un po’ matti lo siamo tutti, noi artisti). Viola, in tutte le sue sfumature, perché mi trasmette serenità.

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