CRISTINA LIOCI

CRISTINA LIOCI

Cristina, in arte Cris Lioci ART, è un’artista visiva originaria di Torino che ha trovato nella Toscana il luogo ideale per vivere e creare. Con un background da grafico pubblicitario e un passato eclettico tra televisione, musica e recitazione, ha sempre esplorato l’espressione artistica in forme diverse, fino a riconoscersi pienamente nella pittura. Dopo una lunga pausa, torna a dipingere nel 2022, durante un periodo di immobilità dovuto al Covid. In quei giorni di silenzio forzato riscopre la pittura come esigenza vitale e strumento di rinascita. Utilizza acrilici su supporti vari – tela, legno, tessuto, pelle, e soprattutto vinili 33 giri – trasformando ogni superficie in un’opera intensa e personale. Il suo stile unisce influenze pop, fumettistiche ed erotiche, con un focus sulla figura femminile, ritratta in chiave sensuale e potente. L’immaginario dei supereroi, in particolare Batman e Spider-Man, ricorre spesso nelle sue opere, reinterpretato con originalità. Tra i progetti più significativi figura la partecipazione alla Dollar Art, una piattaforma artistica internazionale che valorizza opere dipinte su vere banconote. Qui Cris trasforma il denaro in un medium artistico e narrativo, mescolando ironia, provocazione e cultura pop, con protagoniste femminili rivisitate in chiave contemporanea. Oggi lavora come artista indipendente, curando in autonomia ogni fase del proprio lavoro: produzione, comunicazione, promozione e vendita, con una forte presenza sui social. Ha ideato AperiArte, un format di serate artistiche che unisce pittura, convivialità e creatività in suggestive location toscane, rendendo l’arte accessibile e coinvolgente. Collabora con artigiane e creative del territorio, promuove progetti che intrecciano arte e manualità, e condivide la sua esperienza attraverso corsi e contenuti video, con l’obiettivo di ispirare e avvicinare le persone al potere trasformativo dell’arte.

Cos’è per te l’arte?

È il mio pane quotidiano, ciò che mi nutre. É un modo per raccontare la realtà come la vedo io: amplificata, ironica, dalle mille sfumature accese, sempre viva.

Cosa ti ha spinto a scegliere i vinili 33 giri come supporto espressivo?

Il vinile mi riporta all’infanzia: mio padre aveva una collezione infinita di 33 giri, e ogni giorno ne ascoltavamo uno insieme , dalla musica classica a quella italiana degli anni ’60. È già di per sé un oggetto con un’anima, ma attraverso i miei dipinti è come se volessi fargli prendere vita, trasformandolo in una vera e propria opera d’arte da appendere e osservare. Dipingere sui vinili è anche un modo per ricordare mio papà, che non c’è più da quasi due anni. Ogni opera è un piccolo omaggio al nostro tempo insieme.

Che rapporto hai con il tempo quando dipingi su un oggetto che nasce per contenere musica?

Sento il tempo dilatarsi, come in una canzone che non vuoi finisca mai. Il gesto pittorico segue un ritmo: il mio, ma anche quello dell’oggetto. Dipingere su un vinile è come ballarci sopra con un pennello.

In che modo la sensualità femminile che rappresenti dialoga con l’universo pop e supereroistico?

Per me la sensualità è potere. Le mie protagoniste sono muse e guerriere, ironiche e forti. Il pop e i supereroi amplificano questi tratti, li rendono iconici, ma sempre umani.

Come nasce un’opera: da un’immagine, un’emozione, un oggetto o una storia?

Tutte queste cose. A volte è un’espressione, altre volte una frase che mi resta in testa… spesso un oggetto che mi chiama, come un vinile, un dollaro o una tela. L’opera arriva quando la storia dentro di me è pronta a uscire.

Cosa cerchi nel volto o nel corpo delle tue protagoniste?

Cerco un’espressione che parli, anche senza dire niente. Uno sguardo che sfidi o accarezzi. Un corpo che racconti una forza, una libertà, ma soprattutto sensualità.

Cosa succede dentro di te quando un’opera è davvero finita?

Un misto tra malinconia e soddisfazione. È come lasciare andare qualcosa che hai tenuto dentro per giorni e con la quale hai preso confidenza. Ma è anche un sollievo, come dire: “Ok, adesso può andare a vivere da sola.”

Che ruolo ha l’ironia nel tuo lavoro?

Un ruolo centrale. L’ironia è la mia lente sul mondo. Mi permette di parlare anche di cose serie senza appesantirle. È la mia difesa e il mio attacco. A volte mi capita di ridere anche nei momenti in cui forse non dovrei… Ma è l’unico modo che conosco per sdrammatizzare in alcune situazioni, ma non sempre viene capito il mio intento…

Come si è trasformata la tua arte da quando hai ricominciato a dipingere dopo il Covid?

È diventata più istintiva e più viscerale. Dopo il Covid ho sentito il bisogno di dire e fare di più, senza filtri. Ho messo in campo tutte le mie forze, anche quelle che prima tenevo nascoste.

Cosa ti ha insegnato lavorare in completa autonomia come artista indipendente?

Che sei tu il tuo motore. Ti devi inventare, reinventare, credere anche quando nessuno lo fa. Ma ti dà anche una libertà totale, e quella per me non ha prezzo. Sono in tanti a fare promesse che poi non mantengono. Per questo bisogna avere le spalle larghe e andare avanti da soli con lo sguardo diretto solo verso il proprio obiettivo.

Come vivi la condivisione del tuo processo creativo sui social: come esposizione, scambio o parte dell’opera?

Come parte dell’opera. Mostrare il dietro le quinte attraverso i miei reel è un modo per far entrare le persone nel mio mondo. Penso che sia un modo molto piacevole e importante al giorno d’oggi per comunicare.

In che modo AperiArte riflette la tua visione dell’arte come esperienza collettiva?

AperiArte è arte in mezzo alla gente, con un calice in mano e un pennello nell’altro. È un momento in cui la creatività si fa esperienza, condivisione, risata, leggerezza. Proprio come la voglio io.

Qual è stata la collaborazione con altre artigiane o artiste che ti ha arricchita di più?

Il mondo dei social, per noi artisti che spesso lavoriamo in solitudine, è un grande supporto: non solo offre opportunità di collaborazione professionale, ma può far nascere anche bellissime amicizie. Io, ad esempio, sono molto legata al mondo femminile e, quando sento dall’altra parte la stessa energia e solidarietà, amo condividere consigli, e riceverli. È uno scambio reciproco che non toglie nulla a nessuno, anzi arricchisce entrambe le esperienze.

C’è un’opera che consideri una svolta nel tuo percorso?

Il primo Dollaro venduto. Lì ho capito che il mio linguaggio funzionava, che la gente si emozionava davanti a qualcosa creato da me.

Cosa ti sorprende ancora del tuo stesso linguaggio visivo?

Che riesce a mutare, a sorprendermi. A volte guardo un’opera finita e mi dico: “L’ ho fatta io?”. È una sensazione bellissima.

A cosa stai lavorando ora, e cosa desideri che resti impresso in chi guarda il tuo lavoro?

Sto lavorando a una nuova serie di opere sui dollari, dove si intrecciano cultura pop e mondo cartoon. Vorrei che a chi le guarda restassero impressi la forza dei miei colori, l’originalità che sento parte di me grazie anche ai supporti sui quali dipingo… e, perché no, anche il mio sorriso, quello che racconta la gioia di aver creato qualcosa di davvero speciale.

Descriviti in tre colori.

Oro, nero e fucsia!

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