DAVIDE MARINI

DAVIDE MARINI

Davide, nato a Roma il 16 gennaio 1990, ha iniziato a dipingere spinto dall’esigenza di dare forma a ciò che dentro di sé appariva indistinto e disordinato. Attraverso la pittura, trova uno spazio in cui osservare i propri pensieri con maggiore chiarezza, sperando di comprenderli o almeno di metterli in fila. Dipinge con le mani, seguendo l’istinto del momento, traducendo in colore e movimento ciò che un pensiero o una sensazione gli suggeriscono. Lontano dai circuiti tradizionali dell’arte, non sente il bisogno di appartenervi: il suo sogno è realizzare una mostra permanente, accessibile a tutti e gratuita, dove le persone possano fermarsi, osservare e magari riflettere insieme a lui, davanti alle sue opere.

Cos’è per te l’arte?

Una delle poche possibilità di essere liberi, in quanto all’arte viene perdonato quasi tutto.

Cosa succede dentro di te nel momento in cui inizi a dipingere con le mani?

Rilascio: la mente riposa e il corpo, attraverso le mani, va dove il pensiero non sempre ha il coraggio di andare.

Come fai a riconoscere quando un’opera ha detto tutto quello che doveva dire?

Non è razionale, lo capisco semplicemente dalla sensazione che provo guardando l’opera finita: se manca qualcosa me ne accorgo dalla frustrazione, evidentemente non ero ispirato.

C’è un’emozione che ritorna spesso nei tuoi lavori, anche quando non la cerchi?

La speranza nell’invisibile, anche se non lo decido spesso mi lascio ispirare da miti e teorie.

Hai mai provato a rivedere un’opera dopo molto tempo e scoprirci qualcosa di nuovo su di te?

Più che altro mi lascia sorpreso, a volte, pensare che un quadro l’abbia fatto io: non ho memoria cosciente del processo, probabilmente perché cerco il più possibile di essermi assente mentre lo faccio.

Cosa significa per te “mettere in fila” i pensieri attraverso la pittura?

Esorcizzarli: avendoli davanti appaiono meno confusi e leggermente meno invadenti.

Quanto conta il gesto fisico, il contatto diretto con il colore, nel tuo processo espressivo?

Penso sia tutto, non ho mai usato il pennello per dipingere. Ovviamente ognuno ha il suo modo di esprimersi, a me un mezzo “messo di mezzo” darebbe meno soddisfazione.

Hai mai sentito il desiderio di condividere il processo creativo mentre accade, non solo il risultato?

Sì, mi dico sempre che sarebbe interessante fare un reel mentre dipingo, ma poi mi distrarrebbe e lascio perdere.

Il sogno di una mostra permanente e accessibile nasce da un’idea artistica o da un’urgenza più personale?

Penso conti il mio carattere: non amo le competizioni, non ho particolare interesse per i riconoscimenti… mi piace la semplicità e gradirei solo avere un luogo dove ospitare eventuali visitatori che hanno interesse a vedere i miei quadri, in un contesto amicale.

Che tipo di reazione speri di suscitare in chi guarda i tuoi lavori?

Quando condivido un’opera considero fondamentale anche la descrizione che la accompagna, e spero che le parole unite ai colori possano semplicemente suscitare se non un’emozione, almeno due minuti di riflessione.

Descriviti in tre colori.

Rosso, blu e verde: quasi sempre mi baso su questi per un’opera. Sono l’interiorità, la malinconia e la concretezza della natura, un po’ le mie dimensioni.

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