Fabrizio, nato a Milano, ha vissuto in Inghilterra e in Argentina, luoghi lontani tra loro che hanno arricchito la sua visione del mondo e la sua sensibilità artistica. Il suo percorso creativo nasce in modo spontaneo, come un’urgenza interiore, e si sviluppa nel tempo senza l’intermediazione di scuole o accademie, ma attraverso passione, dedizione e una costante ricerca di autenticità. La pittura diventa per lui un linguaggio necessario, capace di esprimere ciò che le parole non riescono a contenere. Ogni opera è la traduzione di un’emozione: un paesaggio che ha lasciato un segno, un ricordo indelebile, un frammento di quotidianità vissuto con intensità, come il silenzio di un caffè all’alba. Il gesto pittorico è sempre istintivo, legato profondamente a ciò che prova nel momento. Predilige paesaggi rurali e urbani, ma anche atmosfere più astratte, utilizzando tecniche miste e materiali diversi – dall’acrilico all’olio, dai pastelli agli acquarelli – privilegiando strumenti come la spatola e i gessetti, che gli permettono di creare superfici dense, vive, vibranti. Accanto alla pittura a colori, coltiva una pratica intensa nel disegno in bianco e nero, dove l’inchiostro diventa veicolo di silenzi, tensioni e introspezione. Penne, matite, carboncini e marker sono strumenti fondamentali nei suoi studi e nei suoi schizzi preparatori, che spesso evolvono in opere più complesse. Si ispira al movimento impressionista, non solo nella tecnica ma nello spirito: nella luce, nell’emozione dell’attimo, nell’impressione che fugge e resta. La sua arte è un invito alla memoria, all’immaginazione, a una relazione intima con lo sguardo dell’osservatore. Dopo anni di insegnamento e viaggi, oggi vive e lavora a San Donato Milanese. Dipingere è per lui una pratica quotidiana e vitale, uno strumento per nutrire lo sguardo sul mondo e restituirlo con sincerità, attraverso la forza universale delle immagini.
Cos’è per te l’arte?
L’arte e per me una forma di sopravvivenza e di rinascita. Non e solo espressione, ma anche un modo per affrontare e superare le mie paure e contraddizioni interiori. Attraverso il gesto creativo, do voce a cio che spesso e difficile dire a parole: fragilita, inquietudine, speranza. È il mio spazio sacro dove posso essere autentico, senza maschere.
Chi sei e perché fai arte?
Sono una persona che ha vissuto momenti di conflitto e cambiamento, e l’arte e la mia bussola. Creo per esplorare il mio mondo interiore, per dare senso al caos emotivo, per costruire un ponte tra cio che sento e cio che posso condividere. Fare arte e un atto di coraggio, un modo per trasformare le difficolta in bellezza e significato.
Come lavori e cosa fai?
Uso tecniche miste: spatola, acrilico, pastelli morbidi, gessetti, inchiostro. Amo sperimentare e lasciarmi guidare dall’intuizione, pur con una cura attenta alla materia e alla composizione. Lavoro spesso in serie tematiche, perche mi aiutano a indagare un tema in profondita, a raccontare storie diverse ma collegate. Creo opere usando tecniche miste come spatola, acrilico, pastelli e inchiostro, bilanciando intuizione e riflessione. Parto spesso dall’istinto, poi lavoro sulla composizione e sulla materia per dare autenticità e vita ai miei lavori. Il mio obiettivo è trasformare emozioni e conflitti interiori in immagini capaci di comunicare e coinvolgere chi le osserva.
In che modo i tuoi soggiorni in Inghilterra e Argentina hanno influenzato la tua visione artistica?
Quei viaggi sono stati momenti di grande sfida personale: vivere lontano da casa, confrontarmi con culture diverse, imparare a sentirmi a casa in spazi sconosciuti. Questo ha creato in me un senso di inquietudine, ma anche una ricchezza interiore che si riflette nei miei lavori. I cieli in Inghilterra cambiano spesso e all’improvviso, insegnandomi a cogliere la bellezza nell’instabilita e nella trasformazione. In Argentina, invece, a volte ti senti sopraffatto dalla vastita dei suoi cieli e delle sue terre, una sensazione di immensita che spinge a esprimere la passione e l’energia che spesso nascondo.
Cosa ti spinge a scegliere tra un paesaggio urbano, uno rurale o un’astrazione pura?
La scelta e spesso un dialogo con il mio stato d’animo. Nei momenti di incertezza, l’astrazione mi permette di liberare energie senza costrizioni. Il paesaggio urbano rappresenta invece la necessita di raccontare il mondo concreto, con le sue tensioni e le sue storie. Quello rurale e un richiamo al bisogno di pace e radicamento, un rifugio dalla complessita.
Come nasce il momento in cui decidi che uno schizzo in bianco e nero debba diventare un’opera a colori?
Il bianco e nero a volte e un rifugio, un modo per restare protetto. Il passaggio al colore e una sfida: significa mettersi a nudo, esporre le emozioni piu profonde. Quando sento che un’opera ha bisogno di un respiro piu ampio, di una voce piu intensa, allora mi butto nel colore, anche se questo porta con se il rischio di perdere il controllo.
C’è un’opera in particolare che consideri più autobiografica delle altre?
Sì, quell’albero solitario in mezzo al campo, con il cielo in tempesta. È una rappresentazione del mio conflitto interiore: la tensione tra il bisogno di stabilita e la voglia di liberta. È anche la testimonianza di una fase in cui ho dovuto fare i conti con me stesso, accettare le mie imperfezioni e imparare a conviverci.
Che ruolo ha il silenzio nella tua pratica artistica?
Il silenzio e la condizione che mi permette di incontrare me stesso, ma e anche spesso carico di conflitti. È nel silenzio che emergono i dubbi, le paure, ma anche la forza per affrontarli. Il mio lavoro nasce spesso in momenti di solitudine e riflessione profonda, quando il rumore del mondo si spegne.
Lavori spesso di getto o hai un processo di studio e riflessione più lungo prima di iniziare a dipingere?
C’e un equilibrio. Alcune opere nascono da impulsi forti, quasi istintivi, specialmente con i pastelli morbidi e i gessetti. Ma spesso la vera fatica e nella preparazione, nel lavoro silenzioso che precede il gesto: osservare, pensare, lasciar sedimentare. Il processo e una metafora della mia vita, fatta di tensione tra spontaneita e controllo.
Come vivi la relazione tra materia e intuizione nei tuoi lavori?
La materia e a volte il mio limite e allo stesso tempo la mia liberazione. Ho imparato a lasciarmi sorprendere dalla materia, ad accogliere le sue resistenze. L’intuizione e la scintilla iniziale, ma il dialogo con la materia e cio che da corpo e sostanza all’opera. Questo rapporto e anche uno specchio del mio percorso interiore: imparare ad accettare l’imprevedibile.
Che significato ha per te l’imperfezione nei tratti o nei materiali?
L’imperfezione e la mia verita. Nel corso degli anni ho smesso di inseguire la perfezione tecnica, perche ho capito che sono proprio gli errori, le sbavature, le irregolarita a rendere un’opera viva. Accettare l’imperfezione e stato un passo importante anche per accettare me stesso.
Quanto conta per te il dialogo con chi guarda le tue opere?
Il dialogo e fondamentale, ma non cerco approvazione. Vorrei che chi guarda potesse sentirsi libero di leggere le mie opere con i propri occhi, di portarci dentro la propria storia. L’arte, per me, e anche un ponte tra mondi interiori diversi.
C’è un ricordo specifico legato a un’opera che porti sempre con te?
Ricordo la polvere che ha invaso il foglio durante un disegno in Argentina. Quella polvere e diventata parte dell’opera e mi ha insegnato a lasciare andare il controllo, ad accogliere l’imprevisto come parte integrante del processo creativo e della vita.
Descriviti in tre colori.
Blu cobalto, per l’intensita emotiva e la profondita. Ocra, per il legame con la terra e la realta. Grigio, per il silenzio e le zone d’ombra, dove si nascondono le mie paure e i miei sogni.



