Iuri nasce a Prato il 6 agosto 1984 e inizia il suo percorso artistico nel mondo della musica. A soli 14 anni riceve la sua prima chitarra classica e due anni dopo passa all’elettrica, approfondendo lo studio della tecnica, delle scale e dell’improvvisazione. Grazie a un insegnante di spicco della scena toscana, si avvicina anche al jazz, ampliando ulteriormente il suo linguaggio musicale. Parallelamente agli studi, nel 2004 si diploma come Tecnico dell’Impresa Turistica, scoprendo un grande interesse per la Storia dell’Arte, che lo porterà a esplorare musei e opere celebri in tutta Italia. Dopo anni trascorsi tra concerti e registrazioni, con la nascita del figlio nel 2009, le priorità cambiano e, pur continuando a coltivare la musica, Iuri sceglie di orientarsi verso una maggiore stabilità. Nel 2022, in cerca di nuovi stimoli dopo la pandemia, si iscrive alla scuola per Sommelier (FISAR), seguendo la sua passione per il vino e arricchendo il proprio bagaglio culturale. Ma è all’inizio del 2024 che avviene la svolta artistica: spinto da curiosità e studio, si dedica alla pittura, sperimentando la tecnica dell’acrilico su tela e approfondendo parallelamente il disegno a grafite, in particolare sui primi piani e i volti. È proprio nei volti femminili che trova la sua cifra stilistica, sviluppando un linguaggio pittorico personale e riconoscibile. I suoi lavori, apprezzati anche da professionisti del settore, lo portano a partecipare a mostre e concorsi, tra cui una videoproiezione al prestigioso Three Shadows Photography Art Centre Museum di Pechino. Ogni nuova esperienza diventa per lui occasione di crescita, confronto e ispirazione. Nei prossimi mesi è atteso in eventi di rilievo nazionale e internazionale. La sua pittura, incentrata sulla bellezza intesa come unicità e imperfezione, si nutre di dettagli, giochi di luce e ombra, dimostrando una sensibilità matura e in continua evoluzione.
Cos’è per te l’arte?
L’arte è, senza dubbio, la forma più pura di libertà e di espressione. È creatività allo stato essenziale, un linguaggio attraverso cui raccontiamo chi siamo al mondo. È intimità, viaggio interiore, condivisione. È studio e metodo, ma allo stesso tempo permette di infrangere regole e confini. L’arte è estasi e caos, un turbinio di emozioni che coinvolge chi crea e chi osserva. È quella linea sottile che scorre tra la realtà e il punto più profondo dell’anima.
Cosa ti ha spinto a passare dalla musica alla pittura, e cosa hai ritrovato in comune tra queste due forme d’arte?
Non parlerei di un vero “passaggio”: il mio rapporto con la musica, e in particolare con la chitarra, è eterno… ci siamo semplicemente presi una pausa di riflessione. La pittura è arrivata all’improvviso, come un fulmine a ciel sereno. Ho iniziato a chiedermi come potesse essere questo rapporto con il disegno e la pittura, e così ho cominciato a studiare, a leggere, a cercare tutto ciò che potevo per comprendere meglio. Mi sono iscritto a dei corsi per affinare la tecnica, e giorno dopo giorno quel mondo mi ha conquistato. Musica e pittura, in fondo, hanno moltissimo in comune: entrambe mi permettono di esprimere ciò che ho dentro. E ogni volta che vedo il risultato, ne resto stupito — nonostante la mia natura molto autocritica.
Quando hai capito che il volto femminile sarebbe diventato il centro della tua ricerca artistica?
È successo in modo del tutto casuale, meno di un anno fa. Mi venne a trovare un mio caro zio, che dipinge da sempre. Gli mostrai alcuni disegni con volti femminili e ricordo ancora la sua reazione: ne rimase estasiato. Quelle parole, quell’entusiasmo, sono stati la scintilla. È stato allora che ho deciso di trasformare i miei schizzi su carta in veri e propri dipinti su tela.
In che modo il tuo percorso da sommelier ha influenzato la tua sensibilità artistica e il tuo modo di osservare i dettagli?
Il mondo del vino è una mia grande passione. La scuola da sommelier mi ha insegnato ad affinare i sensi — non solo legati al vino, ma in generale: la vista, l’olfatto, il gusto. Ho imparato che non esiste un “più buono” o “più giusto”, ma che ogni elemento ha delle sue caratteristiche uniche. E sono proprio i dettagli a fare la differenza. Questo approccio mi ha reso più riflessivo e attento anche nell’osservazione del mondo visivo.
Cosa significa per te “bellezza imperfetta” e come la rappresenti nei tuoi dipinti?
Adoro il concetto di “bellezza imperfetta” perché, in fondo, chi stabilisce davvero cos’è bello e cosa no? La bellezza, spesso, viene percepita come oggettiva, ma per me non coincide mai con la perfezione. Non esistono il volto perfetto, il tramonto perfetto, la notte stellata perfetta… È l’emozione, il contesto, la sensazione del momento che rende qualcosa davvero bello. Nei miei dipinti cerco di raccontare proprio questo: l’imperfezione che diventa poesia.
Ci sono artisti che ti hanno particolarmente ispirato?
Sì, molti. Dall’arte rinascimentale agli impressionisti, passando per il cubismo. In particolare ho tratto ispirazione da Claude Monet, Édouard Manet, Edgar Degas, Renoir, Van Gogh, Picasso e Matisse.
Come vivi l’incontro con altri artisti durante mostre o concorsi?
Non lo vivo come un confronto, ma come un’opportunità. Ogni artista ha il proprio sguardo, la propria visione. Incontrarsi significa arricchirsi, scambiarsi prospettive, aprire nuove strade interiori.
Cosa provi quando una tua opera viene esposta in luoghi prestigiosi come il museo di Pechino?
È un’emozione indescrivibile. Sentire che un mio dipinto è arrivato in un museo internazionale è motivo di grande orgoglio. Ma la cosa più importante è sapere che le mie opere possono parlare anche a persone dall’altra parte del mondo.
Quali tecniche o soggetti vorresti esplorare in futuro?
Sono molto attratto dallo studio del corpo umano. Mi piacerebbe ampliare la conoscenza dell’anatomia, perfezionare la tecnica ad acrilico e approfondire l’uso dei colori ad olio.
Hai mai pensato di unire pittura e musica in un progetto unico?
Sì, è un’idea che mi affascina molto. Vorrei organizzare una serie di mostre in cui esporre le mie opere accompagnandole con le mie composizioni musicali in sottofondo. Un’esperienza immersiva che unisca suono e colore.
Quanto conta per te il riconoscimento degli esperti rispetto a quello del pubblico?
Quando creo, non penso all’effetto che possa avere sugli altri. Ma se poi le opere riescono a emozionare, a ricevere apprezzamenti — sia dal pubblico che dagli esperti — allora sento di aver trasmesso qualcosa, e questo mi stimola a proseguire.
Come riesci a conciliare la vita familiare, il lavoro e la produzione artistica?
Con determinazione e organizzazione. Il lavoro mi garantisce stabilità, la mia famiglia mi sostiene e non mi ha mai ostacolato nel seguire le mie passioni. Non è sempre facile, ma cerco di ottimizzare il tempo e non rinunciare mai a ciò che amo.
C’è un dipinto che rappresenta per te la tua idea di bellezza?
Sì: Una domenica pomeriggio sull’isola della Grande-Jatte di Georges Seurat. Lo vidi da bambino e mi colpì profondamente. Ancora oggi, ogni volta che lo rivedo, riesce a regalarmi emozioni incredibili.
Descriviti in tre colori.
Rosso come la passione. Azzurro come il mare. Nero come il punto più intimo e nascosto dell’anima.





