Nato a Martina Franca nel dicembre del 1995, ha mostrato sin da subito un forte interesse per i perché freudiani e per l’arte della pittura. Dopo essersi distaccato dai tradizionali obblighi scolastici, ha seguito le proprie intuizioni artistiche, lasciandosi guidare da una verve creativa che lo ha portato a sperimentare cromie ispirate al Rinascimento, intrise di suggestioni transavanguardiste e di strutture formali di matrice kleiniana. La sua ricerca lo ha spinto a cimentarsi con linguaggi diversi, dai graffiti alle influenze di artisti come Paladino, Kandinsky e Ligabue, dando vita a opere che rivelano un intreccio tra memoria, istinto e cultura popolare. Un esempio significativo di questo percorso è la grande parete realizzata a Bari presso il CloudePrivè, insieme a numerose altre opere nate nel suo studio-garage, spazi che riflettono la sua attitudine a combinare elementi eterogenei in un linguaggio personale. Avvertendo la necessità di approfondire la cultura e la tecnica pittorica classica, ha intrapreso un intenso percorso di studio presso la Casaccia, sotto la guida del pittore Gennaro Ernesto Solferino. Successivamente ha ampliato la sua formazione viaggiando e lavorando da autodidatta in Francia, Spagna e Germania. Oggi vive a Grottaglie, in Puglia, dove porta avanti la sua ricerca artistica in un nuovo atelier messo a disposizione dal pittore Michele Vestita, che ha riconosciuto il valore delle sue opere. Qui continua a sperimentare e a sviluppare il suo linguaggio visivo, mantenendo viva l’urgenza di un’arte istintiva, libera e in costante evoluzione.
Cos’è per te l’arte?
L’arte è un insieme di tecniche che permettono di realizzare qualsiasi cosa si desideri; nella pittura, per esempio, è lo strumento per dare vita a un dipinto.
Quali sono stati i primi segni che ti hanno fatto capire che sarebbe stata la tua strada?
Non c’è stato un momento preciso, ma da bambino trovavo divertente disegnare. Crescendo, i colori hanno creato in me una sorta di ipnosi da cui non sono più riuscito a uscire.
In che modo l’incontro con Gennaro Ernesto Solferino ha influito sul tuo percorso?
Non credo abbia influenzato direttamente il mio approccio alla tela, che resta molto diverso dal suo. Tuttavia, mi ha aiutato ad ampliare le conoscenze sulle tecniche, sulla storia dell’arte e sui pigmenti.
Che ruolo hanno avuto i tuoi viaggi in Francia, Spagna e Germania?
Viaggiare mi ha sempre appassionato: vedere, scoprire, imparare. In quei luoghi non ho assorbito solo l’insegnamento degli artisti, ma anche l’energia delle strade, dei cibi e delle persone che li rendevano vivi.
Cosa ti affascina nell’alternanza tra Rinascimento, Transavanguardia e Naïf?
Il Rinascimento rimane per me l’espressione più sacrale, capace ancora oggi di affascinare, anche in una società che ha perso il senso del sacro. Il Naïf, scoperto studiando Ligabue, mi ha colpito perché vi ho rivisto l’energia pura di un bambino che cerca di esprimersi. Questa forza vitale mi avvicina poi alla Transavanguardia, che considero forse l’ultimo vero movimento artistico.
Qual è l’opera che senti più rappresentativa?
In questo momento dipingo molti volti che urlano: credo che siano quelli a rappresentarmi di più.
In che modo Grottaglie e il nuovo atelier stanno influenzando la tua produzione?
Ogni nuova avventura stimola la mia produzione. La vivo come una sfida che accende la mia creatività.
Come vivi il rapporto tra istintività e tecnica?
Credo che lo studio della tecnica serva a padroneggiare l’arte, per permettere al corpo di seguire con più libertà l’istinto creativo.
Quali artisti contemporanei senti più vicini alla tua sensibilità?
Non guardo agli artisti in sé, ma alle singole opere. Non tutte le opere di uno stesso autore entrano in risonanza con la mia sensibilità.
Quali progetti futuri stai immaginando per la tua ricerca?
In questo momento nessuno: mi trovo in una fase di stallo.
Se dovessi descriverti in tre colori?
Indaco, violetto e rosso.


