Jacopo nasce a Roma il 3 gennaio 1990. Le sue origini calabresi e il suo segno zodiacale, il capricorno, lo rendono di carattere molto determinato e testardo. Inizia a dipingere grazie alla passione per le opere d’arte della scuola romana che ha la fortuna di ammirare appese alle pareti della casa in cui è nato: tra gli autori ci sono Guttuso, Schifano e Montanarini. Nella vita libero è professionista e investitore. È appassionato di esoterismo e occultismo e coltiva, attraverso mostre, la sua passione per il creare opere trasformando ciò che immagina in realtà su una tela.
Cos’è per te l’arte?
L’arte è la semplice essenza della vita. Può essere un sogno, un viaggio, o qualcosa che immaginiamo. L’arte può essere tutto… e niente.
In che modo le tue radici calabresi e l’ambiente romano in cui sei cresciuto influenzano il tuo modo di dipingere?
Sono nato a Roma da padre calabrese. La passione per l’arte l’ho ereditata proprio da lui. A un certo punto, però, l’arte degli altri non mi bastava più: ho sentito il bisogno di mettere su tela anche me stesso.
Quale delle opere che hai visto da bambino ha acceso per prima la tua voglia di dipingere?
L’Albero di Schifano. Da bambino lo vedevo come qualcosa di semplice, quasi naïf. Crescendo, in quell’albero ho iniziato a vedere la vita.
Come si intrecciano la tua attività di professionista e investitore con la tua pratica artistica?
È qualcosa che nasce da dentro. Creo per rimanere, creo per esistere. Io faccio, quindi esisto. Un’opera può restare per sempre, anche quando noi non ci siamo più.
L’interesse per l’esoterismo e l’occultismo si riflette nelle tue opere? Se sì, in che forma?
Sì, spesso. Anche se sono due concetti distinti, entrambe queste passioni si riflettono sia nelle mie opere che nella mia vita. Non è un hobby, è uno stile di vita. Proprio per questo ho deciso di condividerlo anche con gli altri: presto sarà possibile incontrarmi in una piazza di Roma per la lettura delle carte.
Quando inizi un quadro, da dove parte l’immaginazione: da un simbolo, un’emozione, un’immagine mentale?
È l’istinto che mi guida. Procedo per impulso: creo quello che ho in mente. Se non mi piace, lo butto o lo adatto. Non c’è un processo rigido.
Come vivi il rapporto tra ciò che è visibile sulla tela e ciò che resta invisibile, ma suggerito?
Un artista a cui mi sento vicino, anche se non contemporaneo, è De Chirico. Le sue opere, cariche di metafisica, misticismo e spiritualità, parlano proprio di questo rapporto tra visibile e invisibile.
C’è un artista contemporaneo che senti vicino per sensibilità o visione?
Non c’è un nome preciso, ma ciò che mi guida è la perseveranza, tipica del mio segno zodiacale. Mi spinge a esplorare esperienze molto diverse tra loro, affrontandole tutte con impegno, perché ognuna è un’espressione di me stesso.
Che ruolo ha la disciplina (anche “capricornina”) nel tuo processo creativo?
È fondamentale. La costanza mi permette di andare avanti anche nei momenti in cui l’ispirazione sembra mancare. La disciplina è il motore nascosto dietro ogni mia opera.
Le mostre per te sono un punto d’arrivo, un passaggio o un nuovo inizio?
Le mostre sono importanti, ma con equilibrio. Oggi chiunque può esporre, basta pagare – anche profumatamente. I galleristi fanno il prezzo, e conosciamo bene il sistema dell’arte, governato da pochi. Che senso ha investire così tanto? Oggi con i social si può arrivare ovunque. È brutto dirlo, ma l’opera va di pari passo con l’artista. Più l’artista è stravagante, fuori dagli schemi, più l’opera “funziona”. Oggi l’arte è anche immagine, atteggiamento, impatto.
Descriviti in tre colori.
Nero, bianco e rosso. Chi mi incontra difficilmente mi trova indifferente: o sono bianco o sono nero, o mi ami o mi odi. Non c’è spazio per il grigio. E poi c’è il rosso: il colore della passione in tutto ciò che faccio. Attraverso la rappresentazione grafica cerco di dare forma e colore a ogni pensiero ed emozione. Ma per leggere davvero un’opera bisognerebbe comprendere la complessità dell’artista — e non sempre è possibile. A volte è difficile persino comprendere noi stessi.





