John e William, gemelli italo-inglesi nati e cresciuti a Roma, hanno avviato il loro percorso musicale fin dall’infanzia, imparando a suonare chitarra e pianoforte a soli sette anni presso una scuola di musica del Pigneto. Già a dieci anni compongono i primi brani originali e, negli anni successivi, si fanno conoscere con esibizioni in locali romani come The Apartment Bar e Stazione Birra, oltre a partecipare al format Kahbum. Nel 2025 lanciano il loro primo singolo, Non mi basta, un brano fresco e incisivo che, grazie al ritornello coinvolgente e alla produzione curata da Francesco Granieri, si candida a diventare il tormentone di fine estate. Il progetto è valorizzato anche dall’immagine autentica e solare dei due artisti, raccontata dagli scatti della fotografa e social manager Silvia Anastasi e condivisa sui social. Pur dedicandosi con passione alla musica, John e William portano avanti anche il loro percorso scolastico e si preparano alla maturità classica nel 2026, dimostrando un equilibrio tra studio e creatività. Con uno stile che unisce le loro radici italiane e inglesi, continuano a scrivere, registrare e condividere la loro musica, proiettandosi verso un futuro artistico in continua crescita.
Cos’è per voi la musica?
La musica, quella che componiamo e quella che ascoltiamo, è da sempre una presenza costante nella nostra vita. Ogni luogo ha una sua musica, ogni esperienza ha una sua colonna sonora, ogni ricordo può diventare una storia raccontata in note e parole. Tutti abbiamo una canzone che associamo a un ricordo, a una persona, a un viaggio, e a noi piace scrivere pezzi che rimarranno impressi nella vita di chi li ascolta, fondendo le nostre esperienze ed emozioni con quelle degli altri, attraverso lo strumento meraviglioso che è la musica.
Come ricordate i vostri primi approcci alla musica da bambini?
Sebbene non siamo proprio “figli d’arte”, nella nostra famiglia la musica è stata sempre presente, sin da quando eravamo piccoli. C’era quando si viaggiava in macchina con papà, c’era a casa del nonno inglese quando si sedeva al piano e suonava jazz, c’era durante i karaoke con la chitarra giocattolo di John. È diventata una passione vera e propria quando, a sei anni, abbiamo iniziato a frequentare la scuola di musica e imparato a suonare chitarra e pianoforte. A casa poi strimpellavamo tutto il giorno, senza un momento di pausa.
In che modo le vostre radici italiane e inglesi influenzano il vostro stile?
Abbiamo sempre ascoltato generi molto vari e mescolato i grandi autori inglesi, americani e italiani in un cocktail di classici anni ’80 e artisti contemporanei. Da qui nasce il nostro gusto variegato e il nostro sound, che unisce vintage, moderno, pop e rock.
Quali emozioni avete provato nel comporre i primi brani originali a soli dieci anni?
Già da piccoli ci veniva spontaneo esprimerci attraverso la musica e ci siamo sempre divertiti a comporre insieme, in italiano e in inglese. Ci piaceva portare poi le nostre canzoni ai saggi e alle serate, già pochi anni dopo l’inizio del nostro percorso musicale. La nostra “cameretta” ha visto e sentito di tutto: dalle prime cover dei Beatles ai battibecchi per i ritornelli, dalla nascita di brani inediti alle prove per suonarli poi davanti ai parenti a Natale.
Cosa vi ha lasciato l’esperienza del format Kahbum?
Abbiamo un bellissimo ricordo dell’esperienza fatta a Kahbum. È stato davvero stimolante e divertente metterci in gioco in una prova del genere. Ogni volta che si compone un brano è una sfida, ma quel tipo di format elevava al massimo l’idea della scrittura di getto e delle emozioni espresse in modo genuino e diretto. Kahbum rimarrà sempre un ricordo bellissimo e la canzone che ne è uscita una hit indiscussa!
Qual è stata l’esibizione più significativa nei locali romani fino ad oggi?
Sicuramente quella al locale Stazione Birra a Ciampino. È stata una delle prime volte che ci siamo trovati su un vero e proprio palco ed è stata davvero elettrizzante.
Come nasce il processo creativo quando componete insieme?
Il processo di scrittura non è mai lo stesso. Alcune canzoni le creiamo insieme sin dalle basi, altre le scriviamo da soli, altre ancora partono da uno spunto che poi sviluppiamo in due. Non è sempre facile unire i nostri gusti, ma è proprio dal contrasto che nascono le migliori idee e il nostro stile.
Quali artisti considerate punti di riferimento per la vostra musica?
Tra gli artisti che ci hanno accompagnato da piccoli e che ascoltiamo ancora oggi ci sono evergreen come Beatles, Oasis, Dire Straits e in generale il rock anni ’80/’90. In Italia amiamo De Gregori e Califano, più come ascolto che come riferimento diretto. Tra i contemporanei ci ispirano Tom Odell, Achille Lauro e i Coldplay.
Vi sentite più a vostro agio sul palco o in studio di registrazione?
In studio c’è concentrazione e lavoro, ma il palco è il momento della vera libertà. Il pubblico per noi è fondamentale: amiamo esibirci dal vivo e trasmettere faccia a faccia le emozioni delle nostre canzoni.
Che direzione immaginate per il vostro percorso artistico nei prossimi anni?
Vogliamo scrivere musica che arrivi a più persone possibile, in Italia e all’estero. Il nostro sogno è suonare sui grandi palchi con il nostro repertorio bilingue, condividendo passione e lavoro.
Avete in programma collaborazioni con altri musicisti?
Ci piacerebbe collaborare con artisti emergenti e affermati, senza distinzioni. Confrontarsi con altri musicisti è stimolante, e se arrivasse la possibilità di lavorare con i grandi nomi di oggi sarebbe un sogno.
Descrivetevi in tre canzoni.
- La spensieratezza e il romanticismo di Non mi basta.
- La corsa contro il tempo di Time dei Pink Floyd.
- La romanità di Amor di Achille Lauro.
