Luiza è una pittrice a olio con base in Polonia, specializzata in paesaggi e ritratti. Si avvicina alla pittura nel 2024, anno in cui realizza la sua prima tela e da allora sceglie di dedicarsi completamente a questo linguaggio espressivo. Con una formazione in biotecnologie e programmazione informatica, porta nel suo lavoro un approccio preciso e analitico, attento all’interazione tra luce, forma e profondità. Le sue opere attuali e future si ispirano all’estetica e ai metodi del Rinascimento, con una particolare attenzione alla mitologia come chiave tematica. Attraverso questa prospettiva, Luiza mira a dar vita a dipinti che siano visivamente immersivi e concettualmente densi, capaci di raccontare narrazioni senza tempo attraverso forme classiche e una sensibilità contemporanea.
Cos’è per te l’arte?
L’arte rappresenta la passione più profonda che abbia mai vissuto. È la forza motrice dietro i miei sforzi più intensi, plasmando non solo ciò che creo, ma anche il modo in cui metto in discussione, imparo e mi evolvo – sia come artista che come persona.
Cosa rappresenta per te la mitologia e perché hai scelto di renderla centrale nel tuo linguaggio visivo?
La mitologia è uno strumento narrativo potente. Riesce a tradurre emozioni ed esperienze complesse in simboli e figure che comprendiamo in modo quasi istintivo. Ho scelto di renderla centrale nel mio linguaggio visivo perché mi permette di parlare di temi universali – come la vulnerabilità, la forza o la trasformazione – senza dover essere letterale. Queste storie creano un senso di familiarità, ma lasciano anche spazio all’interpretazione personale di chi osserva.
In che modo il tuo background in biotecnologie e programmazione influenza concretamente la tua tecnica pittorica?
Il mio percorso nella biotecnologia mi ha dato più di una mentalità scientifica: ha formato le mie mani. Gli anni trascorsi a lavorare in laboratorio mi hanno insegnato la precisione, la pazienza e il controllo, qualità che si sono trasferite in modo naturale nella pittura. Allo stesso tempo, la programmazione ha influenzato il mio modo di pensare. Mi ha insegnato a scomporre problemi complessi in passaggi più semplici, ad affrontare le sfide in modo metodico e a pensare in termini di struttura e logica. Questo approccio si riflette nel modo in cui costruisco una composizione – strato dopo strato – risolvendo problemi visivi un po’ come si fa nel debugging del codice.
Cosa ti affascina maggiormente dell’estetica rinascimentale e come la reinterpreti nel tuo stile?
Ciò che mi affascina maggiormente dell’estetica rinascimentale è l’incredibile livello di maestria e precisione: ogni elemento è intenzionale, curato e ricco di significato simbolico. Ammiro il controllo della forma, della luce e dell’anatomia, e il modo in cui venivano usati per raccontare storie complesse con chiarezza ed eleganza. Nel mio lavoro cerco di reinterpretare quella disciplina con uno sguardo più introspettivo, unendo la struttura classica a temi personali e a una sottile tensione emotiva.
Qual è stato il primo paesaggio o ritratto che hai dipinto e cosa ti ha spinto a farlo?
Il mio primo dipinto è stato un paesaggio in miniatura. Prima di allora avevo solo sperimentato brevemente con l’arte digitale; quindi, ero curiosa di scoprire come mi sarei trovata con la pittura tradizionale. È stata una vera prova: ci tenevo moltissimo al risultato, perché volevo davvero che venisse bene. Quando l’ho terminato, ho capito di riuscire meglio sulla tela che nel digitale. Quel momento mi ha resa veramente felice e ho compreso che volevo proseguire su questa strada. Mi sono anche subito innamorata dei colori a olio – per la loro profondità, consistenza e ricchezza – e da allora ho capito che questo sarebbe stato il mezzo a cui dedicarmi.
Quando inizi una nuova opera, parti da un’emozione, da una storia o da un’immagine mentale?
Spesso tutto inizia con una sensazione – qualcosa di vaga ma persistente. Col tempo, quella sensazione si lega a una storia o a un simbolo, e da lì prende forma un’immagine visiva più chiara. A volte succede il contrario: vedo prima un’immagine nella mia mente e solo dopo capisco quale emozione ci sia dietro. In ogni caso, c’è sempre un filo emotivo che guida l’opera fin dall’inizio.
Quali elementi ritieni fondamentali per creare un dipinto “concettualmente ricco”?
Per me, un dipinto concettualmente ricco è quello in cui ogni dettaglio ha un’intenzione. Va oltre la bellezza superficiale per evocare domande, ricordi o emozioni che restano. Presto attenzione al simbolismo, ai piccoli indizi narrativi e all’atmosfera emotiva dell’opera – elementi che offrono allo spettatore qualcosa da scoprire, qualcosa che rimane anche dopo il primo sguardo.
Hai dei riferimenti artistici specifici (maestri del passato o contemporanei) che ti guidano nel tuo percorso?
Del Rinascimento, mi ispirano Raffaello per la sua composizione raffinata e la bellezza idealizzata, Andrea Solari per i suoi ritratti sereni ma ricchi di emozione (penso che Madonna with the Green Cushion di Andrea Solari sia probabilmente stato il primo dipinto che ho visto da bambina), e Vasari per la sua sensibilità narrativa e il suo intelletto. Tra gli artisti contemporanei, ammiro profondamente Roberto Ferri: i suoi soggetti mitologici e il chiaroscuro drammatico rappresentano una continuazione moderna della tradizione classica.
Come vivi il rapporto tra realismo e immaginazione nelle tue composizioni?
Considero il realismo la struttura che ancorare l’osservatore – è un linguaggio che tutti comprendono. L’immaginazione invece è ciò che dà vita a questa struttura, introducendo mistero, simbolismo ed emozione. Unendo entrambi, cerco di creare opere che appaiano reali ma aperte all’interpretazione, invitando chi guarda a esplorare significati più profondi oltre la superficie.
Descriviti in tre colori.
- verde smeraldo – per la crescita personale e il rinnovamento;
- oro solare – per la ricerca della bellezza;
- rosa quinacridone – per una passione intensa ma raffinata.



