Massimiliano è un artista autodidatta la cui passione per il disegno affonda le radici nell’infanzia, quando già matita e carta erano il suo rifugio naturale. Sin da allora, ha coltivato in modo spontaneo e istintivo il gesto creativo, senza vincoli accademici, lasciando che l’espressione artistica nascesse da un impulso profondo, quasi necessario. Per lui disegnare non è solo un’attività, ma uno stato mentale: una soglia che varca per entrare in un mondo parallelo, intimo, dove le forme prendono vita come estensioni del suo pensiero. Ogni tratto è un dialogo silenzioso con se stesso, un modo per dare ordine alle emozioni e per restituire al mondo una visione personale e autentica. Negli anni, Massimo ha affinato la sua tecnica attraverso l’osservazione, la sperimentazione e una dedizione costante, lontano dai riflettori ma vicino alla verità del proprio sentire. Le sue opere, dense di equilibrio e carattere, sono lo specchio di una sensibilità che sceglie l’arte come linguaggio essenziale, come respiro dell’anima.
Cos’è per te l’arte?
L’arte è l’espressione più autentica di sé stessi attraverso la propria visione. Ma, soprattutto, è una dimensione interiore entro la quale ogni cosa è possibile.
C’è stato un momento specifico nella tua vita in cui hai capito che il disegno sarebbe stato parte integrante del tuo percorso?
Non c’è stato un momento preciso, ma tanti piccoli passaggi. È cresciuta in me, col tempo, la consapevolezza che il mio animo aveva bisogno di nutrirsi di bellezza e creatività, fino a diventare oggi qualcosa di irrinunciabile. Non potrei vivere senza disegnare.
Quali strumenti o tecniche prediligi e come li hai scoperti nel tuo percorso da autodidatta?
Preferisco la grafite, anche se a volte utilizzo penne a sfera, dipende dai momenti. Tuttavia, la grafite resta il mio punto di partenza, il mio “interruttore creativo”.
C’è un tema o un soggetto ricorrente che ritorna spesso nei tuoi lavori?
I volti, li adoro, soprattutto quelli femminili. Corpi sensuali che sanno trasmettere emozioni anche senza parlare.
Hai mai condiviso pubblicamente i tuoi disegni o li custodisci come qualcosa di intimo?
Sì, ogni mia opera viene condivisa. Mi piace che ciò che nasce da dentro possa arrivare anche agli altri.
Come reagisce chi osserva i tuoi lavori per la prima volta? Ti interessa la loro interpretazione?
Le reazioni sono le più varie, ma la più bella in assoluto è stata vedere qualcuno commuoversi fino alle lacrime davanti a un mio disegno. Regalare un’emozione è il dono più grande.
C’è un artista, anche fuori dal mondo del disegno, che ti ha influenzato o ispirato?
Ce ne sono tanti, ma su tutti cito Emanuele Dascanio, un vero fenomeno. Anche Charles Lavezzari mi ha ispirato molto… e non sono gli unici.
Hai mai pensato di trasformare questa passione in una professione, o preferisci mantenerla come spazio personale?
Mi piacerebbe farla diventare un lavoro, anche se ho il timore che possa intaccare la passione stessa. È un equilibrio delicato.
Che rapporto hai con l’errore nel disegno? Lo accogli, lo correggi, lo trasformi?
L’errore fa parte del percorso. A volte lo accolgo con naturalezza, altre volte lo trasformo. In certi casi, è proprio l’errore a dare vita a qualcosa di inaspettato.
Quando non disegni, in che altri modi alimenti la tua creatività?
Sogno, immagino, progetto. A volte idealizzo troppo e finisco per restare deluso… ma fa parte di me. Sono un sognatore, e anche se oggi sembra che sognare sia un problema, non mi snaturerò mai. Continuerò a farlo.
Descriviti in tre colori.
Il turchese, che rappresenta la mia armonia, il rosso, per le battaglie quotidiane e il verde, per la speranza che qualcosa, prima o poi, arrivi a portare la serenità che cerco attraverso la mia passione.



