Martina e Giorgia sono le ideatrici di PalÉat, un progetto nato dall’incontro tra competenze diverse e passioni comuni, che unisce accoglienza, arte e cultura gastronomica. Martina, con una formazione giuridica e una decennale esperienza nell’ambito dell’ospitalità, affianca alla sua professionalità una profonda passione per l’enogastronomia, recentemente coronata con il diploma da sommelier. Giorgia, laureata in Economia Europea, porta nel progetto una mente analitica e uno spirito creativo, alimentato dall’amore per lo sport, il cibo e il viaggio. Insieme, gestiscono strutture ricettive che diventano veri e propri racconti del territorio: spazi pensati per offrire esperienze autentiche, curate in ogni dettaglio. La loro visione comune si traduce in un’accoglienza che non è solo soggiorno, ma scoperta condivisa: tour personalizzati, mappe interattive, itinerari culturali e momenti conviviali che connettono gli ospiti al contesto locale. Con PalÉat promuovono un’idea di turismo che valorizza le eccellenze, intreccia storie e restituisce il senso più vero dell’incontro, dove ogni dettaglio è pensato per lasciare un ricordo, e ogni ospite diventa parte di una narrazione viva e sincera.
Cos’è per voi l’arte?
Per noi l’arte è linguaggio, forma, intuizione. È la capacità di evocare emozioni con i sensi, di raccontare qualcosa attraverso la forma in cui si esprime. È anche un ponte tra il singolo e il collettivo, che permette a chi guarda, legge o ascolta di sentirsi parte di qualcosa. In PalÉat abbiamo racchiuso tutto questo in un tagliere tondo, la nostra tavolozza, dove i colori sono sostituiti da ingredienti disposti in modo tale da raccontare le mani che li hanno prodotti, un luogo, una stagione o un ricordo. È un’arte che nasce dal quotidiano e si pone l’obiettivo di risvegliare la curiosità. Invita a rallentare, ad osservare con attenzione, a guardare meglio quei luoghi che attraversiamo ogni giorno, ma che spesso smettiamo di vedere davvero. Luoghi i cui colori, con il tempo, si sono sbiaditi sotto il velo dell’abitudine. PalÈat li riaccende, li restituisce allo sguardo, li rende di nuovo sorprendenti come se li vedessimo per la prima volta.
Che ruolo gioca il connubio tra arte e gastronomia nella vostra idea di ospitalità?
Un ruolo centrale. Ovviamente non solo perché sono intrinseche nel nome stesso (PalÈat nasce proprio dall’unione di palette, la tavolozza dei colori, e eat che significa mangiare). L’arte e la gastronomia sono entrambe forme di espressione culturale, di identità. Insieme, creano esperienze che coinvolgono sia la mente che il palato. Le nostre camere sono pensate come gallerie di sapori e suggestioni visive: ogni camera, ha una tela che raffigura una PalÈat che racconta un prodotto tipico della zona, proprio come un’opera d’arte. E l’ospite ne diventa spettatore e protagonista nel momento in cui sceglie di vivere le esperienze che noi consigliamo. Arte e gastronomia sono gli strumenti che utilizziamo per fornire consigli ai nostri ospiti e aiutarli a muoversi sul territorio come un vero local.
In che modo selezionate i percorsi o le esperienze da proporre ai vostri ospiti? Ascoltiamo molto: i bisogni, le curiosità, le stagioni. I percorsi non sono mai standard, ma costruiti sulla base dei PalTest, dei desideri e delle emozioni che emergono dal dialogo con chi sceglie PalÉat. Sperimentiamo in prima persona ogni attività, scegliendo solo ciò che ci ha colpito davvero per autenticità, valore umano e connessione con il territorio. È un lavoro di ricerca lungo e minuzioso, forse anche ambizioso, perché ha come obiettivo quello di creare connessioni tra persone che hanno la stessa visione di accoglienza e ospitalità.
Quanto contano le relazioni con artisti, produttori locali e artigiani nel progetto PalÉat?
Sono fondamentali. Senza di loro, PalÉat non esisterebbe. Sono loro che rendono i nostri racconti veri, tangibili. La nostra rete è fatta di persone che condividono una visione comune: il rispetto per le radici, il desiderio di innovare senza perdere l’identità, la voglia di accogliere con generosità. Lavoriamo in sinergia, come in una grande bottega contemporanea. Tutti insieme contribuiami a costruire i ricordi delle persone che scelgono la nostra terra per le loro vacanze, per questo pensiamo di avere una grande responsabilità: un ricordo felice ci aiuta ad affrontare magari momenti difficili e quale può essere un ricordo più felice di una vacanza che ti emoziona?
Qual è stato il momento più sfidante nella costruzione di una rete di strutture così identitaria?
Costruire un’identità forte e coerente tra realtà diverse, mantenendo l’anima unica del progetto, è tuttora la sfida più grande. Non volevamo replicare semplicemente un format, ma adattare una visione a contesti differenti. Ogni struttura richiede ascolto, adattamento e cura, per non perdere l’essenza di PalÉat, ma tradurla in modo autentico e mai forzato. Immaginiamo che una struttura PalÈat possa trovarsi in un contesto urbano tanto quanto in uno più bucolico, ciò che ci piacerebbe è che i clienti di PalÈat possano ritrovare un senso di appartenenza in qualsiasi struttura soggiorneranno.
Come riuscite a far coesistere le vostre diverse formazioni in un’unica visione progettuale?
Con fiducia e rispetto. Le nostre differenze sono una ricchezza: ci completiamo. Giorgia è più concreta, Martina più visionaria. Ma condividiamo valori profondi: l’attenzione per il dettaglio, la passione per il racconto, la voglia di creare bellezza. E in ogni decisione, ci chiediamo sempre: “Questo è PalÉat?”
Avete un luogo del cuore che rappresenta perfettamente lo spirito PalÉat?
Per noi è qualunque posto in cui arte e cibo si incontrano in modo spontaneo e autentico. Un antico frantoio dove i muri raccontano storie e l’olio appena estratto profuma di radici. Una masseria dove ogni piatto è memoria e ogni oggetto ha una patina di tempo e bellezza. Ma anche una tavola apparecchiata sotto un albero, in mezzo alla campagna, dove il pasto diventa rito e la natura cornice. Sono luoghi in cui l’accoglienza è un gesto, l’arte è nella composizione delle cose semplici, e il cibo diventa mezzo per raccontare il territorio.⸻
C’è un’esperienza offerta ai vostri ospiti che più di altre vi emoziona ogni volta?
I tour personalizzati creati dopo i PalTest. Quando vediamo negli occhi degli ospiti la sorpresa di sentirsi capiti, ascoltati, guidati in un viaggio fatto su misura… è il momento in cui tutto acquista senso. Perché non è un’esperienza da catalogo, ma una storia cucita addosso.
In che modo il progetto PalÉat si evolve oggi rispetto al turismo tradizionale?
PalÉat si muove verso un turismo partecipativo e relazionale, in cui la tecnologia (mappe, video, test) non sostituisce il contatto umano, ma lo amplifica. Non vendiamo solo soggiorni, ma esperienze narrative, personalizzate, sostenibili. Un’alternativa al turismo veloce, dove ogni dettaglio è pensato per lasciare i un ricordo.⸻
Qual è il contributo dell’arte nel processo di racconto e promozione del territorio?
L’arte è il nostro linguaggio narrativo: permette di rendere visibile l’invisibile, di raccontare anche ciò che non si può spiegare a parole. Ogni tela nelle camere, ogni scatto, ogni video geolocalizzato è un modo per tradurre il territorio in emozione. È la chiave per creare connessioni vere, immediate e durature.
Vi vedete come imprenditrici culturali, narratrici di luoghi o qualcosa d’altro ancora?
Forse un po’ tutto questo. Ma se dovessimo scegliere una definizione, ci piace pensare di essere semplicemente imprenditrici turistiche: modelliamo ogni dettaglio delle esperienze dei nostri ospiti con cura, perché ognuno di loro possa sentirsi parte di qualcosa di bello, vero e condiviso.⸻
Descrivetevi in tre colori.
Giorgia: Giallo, perché sono una persona solare, blu come il mare profondo e Fucsia, perché ogni tanto serve anche un tocco pop per rompere gli schemi. Martina: Nero verità, bianco purezza, rosso passione.


