RAGNO

RAGNO

RAGNO è uno Street artist Romagnolo, classe 1988. Il progetto nasce da una necessità di comunicare attraverso le immagini. Dipinge in strada in maniera totalmente illegale (nel completo anonimato), Utilizzando spray e Stencil. Stencil che vengono autoprodotti e tagliati rigorosamente a mano, Per ore, nel suo studio.

Cos’è per te l’arte?

Per me l’arte è un potentissimo strumento: comunicativo, prima di tutto, e profondamente terapeutico. È un bene comune da preservare, proteggere, e diffondere il più possibile.

Cosa cerchi di comunicare quando scegli un muro, un angolo di città, un passaggio nascosto per lasciare un tuo segno?

Non c’è una regola fissa nella scelta dei muri: è spesso un mix tra visibilità e coerenza con il soggetto.
E non c’è nemmeno un messaggio esplicito dietro le mie opere… ma mi piacerebbe se passasse l’idea che anche la disobbedienza, a volte, ha il suo fascino.

Cosa significa per te l’anonimato, in un’epoca in cui l’identità artistica è spesso esposta e performativa?

Vivo l’anonimato come un “primo comandamento”: un requisito imprescindibile per mantenere la massima libertà di espressione. È complicato da gestire, sia in termini pratici che emotivi, e comporta molte limitazioni. Ma non sento il bisogno di rivelarmi — e non credo nemmeno che serva.

Qual è il ruolo del tempo, dell’attesa e della ripetizione nella pratica artigianale del ritaglio degli stencil?

Il tempo è fondamentale, come in ogni cosa. La produzione degli stencil, soprattutto quelli in mezzotono come i miei, richiede ore di studio e taglio — rigorosamente a mano. Queste ore, però, sono preziose: diventano quasi un rito terapeutico. La testa si spegne, parte la musica, si sogna, si immaginano nuove idee. È un momento di quiete.

Come scegli i soggetti delle tue opere? Viene prima l’immagine o il luogo?

I miei soggetti vengono quasi sempre dal mondo del cinema, in particolare dall’horror. E, salvo rare eccezioni, viene prima l’immagine. Di solito creo stencil con un formato che mi consenta di usarli facilmente in luoghi diversi.

Qual è il tuo rapporto con l’illegalità: è solo un mezzo o parte integrante del messaggio?

L’illegalità è parte integrante del messaggio, senza dubbio.

Ti capita mai di tornare a vedere una tua opera nel tempo, per osservare come cambia o come viene vissuta?

Sì, certo. Torno spesso a rivedere i miei pezzi, con curiosità. Mi piace osservare la reazione dei passanti. A Bologna, a volte, mi fermo nei paraggi solo per vedere che effetto fanno sulla gente. È divertente.

In che modo la tua identità geografica e culturale influisce sulla tua visione urbana e visiva?

Credo che la mia identità geografica incida poco. Tutto dipende dalla mia identità culturale.

Cosa pensi dell’appropriazione della street art da parte delle istituzioni e del mercato?

Non la vedo necessariamente come qualcosa di negativo, anche perché non la percepisco come una vera e propria “appropriazione”. Almeno si sta dando visibilità alla street art, e questo significa offrire a tutti la possibilità di vedere opere — magari anche di grandi artisti — gratuitamente, per strada, mentre si va a fare la spesa o a lavoro.

Descriviti in tre colori.

Nero, nero, nero.

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