Rita, nata a Caltanissetta nel 1985, ha intrapreso un percorso artistico iniziato con gli studi presso l’Istituto d’Arte, dove si è specializzata in decorazioni pittoriche. Fin dall’infanzia ha mostrato un talento naturale e una forte inclinazione creativa, sviluppando un linguaggio pittorico personale che si avvale di diverse tecniche e supporti. Ha partecipato a numerose estemporanee, affinando la sua capacità di cogliere l’attimo e di trasformarlo in espressione artistica. Nei suoi ritratti emerge la profondità interiore dei soggetti, con sguardi capaci di restituire l’anima stessa dei volti. Nella pittura a olio predilige colori vivaci e contrasti di chiaro e scuro, strumenti che le permettono di trasmettere intensità emotiva e introspezione psicologica. La sua ricerca non si limita a imitazioni, ma si nutre di un istinto creativo rigeneratore che dà forma a un’arte personale e autentica.
Cos’è per te l’arte?
L’arte, per me, è quel luogo in cui posso esprimere ciò che spesso le parole non riescono a dire. È un dialogo silenzioso tra me e il mondo, tra l’interno e l’esterno, tra ciò che sento e ciò che vedo. È una necessità, non solo una scelta.
Qual è stato il primo momento in cui hai capito che la pittura sarebbe diventata parte essenziale della tua vita?
Da piccola passavo pomeriggi interi a riprodurre personaggi Disney, quando un giorno disegnai per ore senza accorgermi del tempo che passava. C’ero solo io, i colori e il foglio. In quel silenzio assorto ho capito che quella dimensione mi apparteneva. Da allora, la pittura e il disegno non mi hanno mai più lasciato.
In che modo la formazione all’Istituto d’Arte ha influenzato il tuo stile personale?
Ciò che faccio viene soprattutto da me e dall’esperienza maturata nel tempo. Ho ricevuto delle basi, ma è stato un solo insegnante, in particolare, ad aiutarmi a comprendere davvero la profondità di un ritratto. Il resto è arrivato con la pratica, l’osservazione costante e la voglia di mettermi in gioco. Il mio stile si è formato fuori da schemi, seguendo un percorso molto personale.
Quali tecniche pittoriche senti più tue e quali invece rappresentano ancora una sfida?
Mi sento particolarmente affine all’uso delle matite, dei carboncini e della pittura a olio. Con questi strumenti riesco a esprimere al meglio le emozioni e i contrasti che cerco. Mi permettono un controllo profondo del segno e delle sfumature.
Cosa cerchi di trasmettere quando realizzi un ritratto?
Un ritratto, per me, è molto più del volto di una persona. Cerco di coglierne l’anima, le tensioni invisibili, la storia che si nasconde dietro uno sguardo. Voglio che chi guarda il dipinto senta che lì c’è una presenza viva, qualcosa che pulsa oltre l’immagine.
Come scegli i soggetti o i temi delle tue opere?
A volte è il soggetto a scegliere me. Altre volte nasce da un’intuizione, un’immagine che mi resta in mente e non se ne va. Spesso lavoro su serie tematiche, che mi permettono di approfondire un’emozione o una riflessione. Mi attraggono le fragilità, la bellezza imperfetta delle persone e delle cose.
C’è un artista che senti particolarmente vicino al tuo percorso creativo?
Ci sono molti artisti che ammiro, ma quelli che sento più vicini al mio percorso creativo sono Gustav Klimt e Pablo Picasso. Klimt mi affascina per la sua capacità di unire eleganza decorativa e intensità emotiva, per la sensualità dei suoi ritratti e l’uso ricco del colore e dell’oro. Picasso, invece, mi colpisce per la sua libertà creativa e per la forza con cui ha saputo reinventarsi continuamente. Entrambi, a modo loro, mi ispirano a seguire un linguaggio personale, senza compromessi.
Quale ruolo hanno i colori vivaci e i contrasti di luce nel tuo linguaggio artistico?
Il colore e la luce hanno ruoli diversi a seconda del soggetto che affronto. Nei paesaggi e nei soggetti a olio utilizzo colori vivaci e contrasti forti per creare tensione visiva e trasmettere emozioni intense. In questi casi, il colore è energia pura, un linguaggio emotivo diretto. Nei ritratti, invece, preferisco lavorare in bianco e nero, giocando con le luci e le ombre per indagare la profondità psicologica del soggetto. La luce diventa allora protagonista narrativa: può rivelare o nascondere, ferire o curare. Non è solo uno strumento tecnico, ma un simbolo ricco di significato.
Come vivi l’esperienza delle estemporanee rispetto al lavoro più intimo in studio?
Le estemporanee sono una sfida che accolgo con entusiasmo: l’immediatezza del contatto con il luogo e con le persone stimola una creatività diversa, più istintiva e libera. C’è una componente di improvvisazione che trovo vitale. Al contrario, il lavoro in studio è più intimo e introspettivo. Mi permette di sedimentare le emozioni, di riflettere e di scavare più a fondo nel senso delle immagini. Sono due esperienze complementari: una mi dà energia, l’altra profondità.
Pensi che la tua arte rifletta anche aspetti della tua storia personale e delle tue emozioni?
Assolutamente sì. Ogni opera è in qualche modo un frammento di me, anche quando non è autobiografica. I colori che scelgo, la luce, i soggetti: tutto nasce da un sentire personale. A volte mi accorgo solo dopo aver finito un lavoro che stavo raccontando qualcosa che avevo dentro da tempo, senza esserne del tutto consapevole.
In che direzione immagini l’evoluzione della tua ricerca artistica nei prossimi anni?
Non so con esattezza dove sto andando e forse è proprio questo il bello. Più che seguire una rotta, sento il bisogno di avvicinarmi all’anima dei miei soggetti. Voglio togliere, alleggerire, andare dritta all’essenza. Cerco uno sguardo, un respiro, un’emozione trattenuta. Vorrei che chi osserva i miei lavori sentisse qualcosa vibrare dentro, come se per un attimo potesse abitare la pelle del soggetto, provare ciò che lui prova. La mia pittura, più che rappresentare, vuole far sentire. E se riesce a far sussultare anche solo per un istante, allora ha detto ciò che le parole non sanno dire.
Descriviti in tre colori.
Blu cobalto: profondo, emotivo, riflessivo. Ocra: legato alla terra, caldo, autentico. Bianco: luce, silenzio.







