SILVIA PUJATTI

SILVIA PUJATTI

Silvia è un’artista contemporanea che sviluppa la propria ricerca nel solco del pop surrealismo, reinterpretato con un linguaggio personale che unisce suggestioni oniriche, simbolismo e colore come forma narrativa. Formata nella tradizione pittorica veneta, ha costruito nel tempo un percorso autonomo, capace di dialogare con il surrealismo storico e con il pop contemporaneo, mantenendo però una sensibilità intima e profondamente emotiva. Le sue opere si distinguono per l’intensità cromatica, le figure archetipiche e le atmosfere sospese, che aprono varchi verso un universo interiore al confine tra sogno e realtà. Ha partecipato a mostre e progetti espositivi di rilievo, tra cui il ciclo promosso da Tabor Art presso AB – Il Lusso della Semplicità a Venezia, e l’esposizione ospitata nel ristorante di Alessandro Borghese a Milano, dove il suo lavoro ha dialogato con l’esperienza gastronomica in una sinergia originale tra arte e cucina. Con la personale “Wonderland”, presentata a Venezia, ha segnato una tappa importante della sua produzione recente, invitando il pubblico a un itinerario visionario e immersivo. La critica riconosce nel suo linguaggio una tensione costante tra quotidiano e immaginazione, tra concretezza del vissuto ed evasione fantastica, trasformando ogni opera in un invito ad attraversare la soglia del visibile per approdare a uno spazio emotivo e universale. Con uno stile riconoscibile e in continua evoluzione, Silvia Pujatti si conferma come una voce originale della scena artistica italiana, capace di trasformare la pittura in un viaggio poetico ed evocativo che coinvolge lo spettatore su più livelli sensoriali e interiori.

Cos’è per te l’arte?

L’Arte è per me libertà, gioia, il luogo dove tutto è possibile e dove ogni sogno diventa realtà. 

Quali sono stati i tuoi primi riferimenti o ispirazioni quando hai iniziato a esplorare il pop surrealismo?

In realtà i miei primi riferimenti non avevano tanto a che fare con il surrealismo quanto con il cubismo… Picasso ovviamente ma ho tutt’ ora un amore viscerale per Tamara de Lempicka. Ho adorato e adoro la poesia e l’eleganza di Modigliani, la forza e la ribellione di Frida Kahlo. Il pop è arrivato di conseguenza traducendo tutti questi riferimenti al mondo di oggi… al mio personale concetto di colore, di sogno e di libertà.

In che modo la tradizione pittorica veneta ha influito sul tuo linguaggio artistico attuale?

La influenza tuttora nella stesura dei colori… la resa cromatica nasce da questa tradizione che “imponeva” la sovrapposizione di toni dallo scuro al chiaro per trasformare l’ombra in luce… non posso farne a meno… il contrasto e la luce di Tiziano fanno parte del mio background… consciamente o inconsciamente a quella luce punto sempre.

Qual è il significato che attribuisci all’uso delle cromie intense nelle tue opere?

Energia… vita… emozione. Irrazionalità… istinto e passione.

Come nascono le figure archetipiche che popolano i tuoi lavori?

Sono figure che in realtà nascono dal mio inconscio. Escono sulla tela …io sono solo il mezzo che usano per manifestarsi…suona un po’ mistico ma questo in realtà accade il cervello si spegne e l’anima e la tela dialogano.

Che ruolo ha avuto per te l’esperienza veneziana con “Wonderland” nel tuo percorso creativo?

Incredibile…. è stato forse il momento di più alta ispirazione della mia carriera. Una sfida travolgente… un viaggio vero e proprio nel paese delle meraviglie…il titolo è arrivato di conseguenza all’ultima opera programmata, dopo serate e nottate sulle tele. Entusiasmante. Un sogno. Energia pura. 

Cosa hai scoperto nel dialogo tra arte e cucina durante l’esposizione presso il ristorante di Alessandro Borghese?

Arte e cucina parlano la stessa lingua. È creazione, fantasia … e la volontà di “donare” una parte di sé stessi agli altri con il desiderio di creare un’emozione.   Mia madre era una cuoca…  mio padre dipingeva… il mondo della cucina ha sempre fatto parte della mia vita ed è un modo che mi fa sentire ancora molto vicina ad entrambi ovunque siano lassù. 

Quanto il sogno e quanto la realtà entrano nei tuoi quadri?

La realtà viene filtrata attraverso il sogno e viceversa. È un po’ come quando realmente sogniamo e la nostra mente rielabora casualmente fatti, tempo, persone e ricrea scene mai esistite… in un apparente caos che ha senso solo una volta concluso il sogno. E non sempre comunque.  Ecco assomiglia molto a questo con la differenza che predomina l’emozione bella…. difficilmente metto la sofferenza nei miei dipinti. Non riesce ad entrare.  

C’è un’opera che consideri una sintesi del tuo percorso artistico fino a oggi?

Non ne ho una in particolare… c’è sempre un percorso che si snoda …e ogni opera ne è un tassello. Ognuna è una parte di me… è come chiedere a una madre quale figlio preferisce. Impossibile.

In che direzione immagini l’evoluzione futura del tuo linguaggio pittorico?

Non ne ho la più pallida idea…. spesso quando inizio un dipinto non ho la benché minima idea di cosa diventerà… e guai se non fosse così per me. La mia arte è istinto, è lo specchio di chi sono in quel preciso giorno, in quel momento… Cambierà con me, seguirà ciò che io sarò. L’ emozione per me è scoprirlo ogni volta che termino un’opera… spesso rimango un tempo imprecisato a fissare un dipinto finito scoprendo cose che nemmeno immaginavo.

Quale rapporto desideri che lo spettatore costruisca con i tuoi lavori, al di là della prima impressione visiva?

Emozione. Un attimo di gioia. Benessere. Il desiderio di tornare bambini per un momento e dimenticare i problemi della quotidianità.

Descriviti in tre colori.

Blu, verde Tiffany, rosso fragola. 

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