Sonja, in arte SONJIV, è un’artista calabrese che ha trovato a Milano la sua seconda casa. Fin da bambina dimostra una spiccata attitudine creativa, iniziando dal disegno per poi avvicinarsi alla pittura da autodidatta e approfondendo il suo percorso artistico attraverso studi nel campo della moda. Il suo talento si è sviluppato in diverse direzioni, permettendole di esprimere, con autenticità, tanto l’ingegno quanto la propria interiorità. Il suo stile si distingue per un figurativo ricco di dettagli, dove la cura nel tratteggiare corpi e ambienti si intreccia a una ricerca profonda di materia, colore e luce. Ogni opera si fa così custode di emozioni intense, quasi intime. Nel tempo ha esposto i suoi lavori in mostre personali e collettive, portando il suo sguardo sensibile e il suo linguaggio visivo in contesti sempre più ampi.
Cos’è per te l’arte?
L’arte è passione, sfogo emotivo, libertà assoluta. È tutto ciò che hai dentro e che sprigioni con forza, senza regole né freni.
Come nasce il primo impulso a creare: da un’immagine interiore, da un ricordo, da un’emozione?
È un impulso che porto con me fin da bambina: creare, disegnare. Oggi nasce da una visione interiore della realtà che mi circonda, oppure semplicemente da un pensiero a cui sento il bisogno di dare forma. Nessun mio quadro nasce per caso: ha sempre un significato che condivido con l’osservatore, scritto su ogni opera. (E questo ve lo dimostrerò di persona.)
In che modo l’esperienza nel mondo della moda ha influenzato il tuo modo di costruire un’immagine pittorica?
La moda è stata la mia prima aspirazione da adolescente. Mi affascinava la possibilità di esprimere la mia personalità – e spesso anche il mio umore – attraverso ciò che indossavo. Credo che l’unico punto in comune tra moda e arte, per me, sia proprio l’umore. Li vivo ancora come due mondi separati, ma non escludo che un giorno possano fondersi in un progetto fuori dagli schemi.
Cosa cerchi nei corpi e negli ambienti che scegli di rappresentare?
In realtà sono loro a cercare me. Quando un’immagine mi colpisce al punto da farmi fermare e riflettere, mi suggerisce un pensiero che sento il bisogno di trasferire su una superficie. Spesso il soggetto cambia durante il processo: è come se smontassi l’immagine reale per ricomporla con i colori e i materiali che sperimento.
Quanto conta per te il dettaglio nella narrazione visiva e quando senti che è “troppo”?
Il dettaglio è importante per comunicare ciò che sento, ma non mi appartiene la nitidezza realistica. Ho piuttosto il bisogno di sfocare, di portare lo spettatore a riflettere. Continuo a lavorare finché non raggiungo quel punto in cui sento di aver detto “troppo” attraverso la profondità emotiva dell’immagine.
Ci sono materiali o colori a cui torni spesso, quasi come fossero legati a una parte precisa di te?
No, amo sperimentare materiali e tecniche diverse. Uso solo i colori primari, che mescolo istintivamente finché non ottengo ciò che immagino. È raro che usi la stessa tonalità più di una volta. Ultimamente, però, mi sto soffermando sul bianco e nero, con l’aggiunta di una sola sfumatura ispirata dal momento.
Milano ha cambiato il tuo sguardo sull’arte rispetto alle radici calabresi?
In Calabria non ho avuto vere radici artistiche. Disegnavo per divertimento, senza pensare che fosse arte, ma solo un talento. A Milano sono arrivata attratta dalla moda, e per anni ho messo da parte il disegno. Poi, un periodo difficile della mia vita ha riacceso quella vena artistica. Mi ha aiutata molto, anche se non sempre riesco a creare su comando: la mia arte nasce spontaneamente, quando vuole lei.
Quanto lasci spazio all’imprevisto nel tuo processo creativo?
L’imprevisto è alla base di tutto ciò che creo. Di solito parto solo con un’idea vaga, che spesso cambia in corso d’opera grazie alla scoperta di nuovi materiali o soggetti. Amo l’imprevisto, lo vivo come una sfida.
C’è un’opera che consideri un punto di svolta nel tuo percorso?
Sì, ed è quella che porterò in studio. È la più piccola che abbia mai realizzato, nata da una semplice prova tecnica. Ma rappresenta un momento storico molto forte: il 2020, l’anno del Covid-19.
Il tuo linguaggio visivo è molto intimo: c’è mai stato un momento in cui hai esitato a mostrare un lavoro perché troppo personale?
Sì, è vero: le mie opere hanno sempre un linguaggio intimo, anche quando sembrano semplici prospettive, come quella di un albero o di un sentiero. C’è un quadro in particolare che è ancora troppo personale, fa parte di un progetto intimo che, però, credo prima o poi mostrerò. L’arte è e sarà sempre arte.
Cosa desideri che resti nello spettatore dopo aver visto le tue opere?
La mia più grande soddisfazione è vedere qualcuno fermarsi davanti a un mio quadro e descrivere ciò che prova con le stesse parole e sensazioni che mi hanno spinta a crearlo, senza che io debba spiegare nulla.
Descriviti in tre colori.
Nero: determinata, rigorosa, misteriosa. Bianco: trasparente, leale, onesta. Rosso scuro: intensa, istintiva, passionale. Sono colori opposti, come spesso lo è anche la mia personalità: contrastante, a tratti contraddittoria, ma sempre in un equilibrio interno che, per quanto inspiegabile, mi definisce. Focale e fragile insieme.



Onorata di essere stata apprezzata e scelta per questa intervista ed ovviamente di essere presente sul vostro sito
Grazie a tutti 💕