TARJA POIKONEN

TARJA POIKONEN

Tarja, pittrice finlandese, esplora nei suoi lavori il silenzio, le texture e le tracce stratificate della memoria. Dipinge fin dall’infanzia, inizialmente con un approccio tecnico e preciso, per poi avvicinarsi negli ultimi anni a un’astrazione intuitiva che abbraccia fragilità e profondità. Le sue opere nascono da molteplici strati, traslucidi e opachi, spesso più di dieci, che danno vita a superfici in cui convivono quiete e turbolenza silenziosa. Al centro della sua ricerca vi è il tema della transitorietà: come le tracce svaniscono, come la luce erode e come la memoria lascia segni sottili. Vive e lavora a Jyväskylä, in Finlandia, e continua a sviluppare serie che invitano lo spettatore a entrare in spazi sospesi tra calma e inquietudine, presenza e assenza.

Che cos’è per te l’arte?

Per me l’arte è esprimere se stessi in forme che possono essere viste. Non importa quale sia il mezzo utilizzato o cosa venga espresso può essere bello o grezzo. Per me è un senso di connessione con l’universo e il dipingere ciò che deve essere dipinto. È più simile a lavorare come un tramite che a essere un creatore. Ecco perché a volte rimango sorpresa dalle mie stesse creazioni e non riesco sempre a rispondere a domande dettagliate può capitare che non sappia nemmeno io perché ho creato ciò che ho creato. Per me l’arte è co-creazione attraverso la connessione.

Come diventa il silenzio materia viva nei tuoi dipinti?

Penso che il silenzio sia qualcosa che esiste sempre tra le righe e le parole, tra i tratti, i colori e le texture. Per me è essenziale non nasconderlo, ma lasciarlo respirare, dargli una vita propria.

Che significato attribuisci alla stratificazione, sia tecnica che simbolica, nella tua pratica artistica?

La stratificazione è una delle cose più importanti nel mio lavoro, sia tecnicamente che simbolicamente. E le due dimensioni sono intrecciate. Stratificare crea la possibilità di coprire e rivelare, il che è già simbolico di per sé. Genera texture che possono diventare tattili aggiungendo una nuova dimensione al dipinto, cosa importante perché l’arte può essere un’esperienza multidimensionale. Inoltre, la stratificazione ti obbliga a collaborare con Madre Natura non puoi controllare del tutto come gli strati interagiscono tra loro. E posso dire che Madre Natura è una grande artista! Quando non controlli il risultato, dipingere diventa un processo divino.

C’è un ricordo o una sensazione particolare che attraversa il tuo lavoro?

Alcuni potrebbero pensare che io dipinga paesaggi astratti, e non sarebbe del tutto sbagliato, ma direi che il tema ricorrente è l’umore presente nell’attimo. Dipingo gli stati d’animo che ho raccolto per tutta la vita. A volte si presentano in forma astratta e a volte no.

Come vivi il contrasto tra calma e inquietudine che emerge nel tuo lavoro?

Sento che siano elementi di equilibrio. Quando uno manca, l’opera appare sempre un po’ incompleta – le manca la tensione che cattura l’attenzione. Il contrasto tra calma e inquietudine crea movimento.

In che modo la luce, elemento così effimero, guida le tue scelte pittoriche?

Penso che la luce sia una parte essenziale per esprimere visivamente gli stati d’animo, e dunque immaginarla è parte integrante del mio processo pittorico. Direi persino che la luce sia l’unica vera scelta pittorica che compio durante il processo.

Quanto è importante per te la fragilità come linguaggio visivo?

Credo che la fragilità sia uno dei punti chiave. Come detto prima, la stratificazione può creare coperture e rivelazioni. Può anche generare crepe e opacità. In definitiva, la fragilità è una parte essenziale del mio linguaggio visivo.

Che ruolo gioca la memoria personale rispetto a quella collettiva nella tua ricerca artistica?

È una domanda complessa. A volte ho la sensazione di dipingere i ricordi di qualcun altro, come se fossi una guida verso una memoria collettiva. Altre volte, invece, utilizzo soltanto i miei ricordi personali.

Cosa speri che provi lo spettatore davanti ai tuoi dipinti?

Non credo ci sia un’emozione precisa che cerco sempre di suscitare. Spero che lo spettatore possa sentire ciò di cui ha bisogno, qualunque cosa debba emergere. E che abbia la forza di addentrarsi in quel sentimento, per acquisire nuove comprensioni. Ma spero anche che provi calma, leggerezza, curiosità, connessione credo che siano queste le sensazioni che i miei dipinti evocano più spesso.

Descriviti con tre colori.

Bianco, nero, rosso. Luce, oscurità ed emozione pura. Insieme creano un contrasto che può apparire misterioso a qualcuno almeno questo è ciò che mi è stato detto.

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