Salvatore è una mente creativa che fa della sperimentazione e della ricerca continua il cuore della sua attività, sia professionale che personale. Legato all’immagine di un palloncino rosso, simbolo di leggerezza e libertà ma anche di radicamento alla realtà, affronta ogni nuovo progetto come una sfida, partendo sempre da un foglio bianco. Ama pensare fuori dagli schemi, cercare chiavi di lettura nuove e comunicare in modo chiaro e concreto, con l’obiettivo di vedere i suoi clienti pienamente soddisfatti. Il dialogo, la trasparenza e la voglia di collaborare sono per lui fondamentali, perché crede che insieme si possa andare oltre il semplice “fare bene” e raggiungere risultati davvero completi. Dietro ogni suo lavoro si riconosce il desiderio autentico di superare i confini dell’immaginazione, restando fedele a una visione dinamica, viva e mai scontata della creatività.
Cos’è per te l’arte?
In poche parole: tutto e niente. Ho vissuto emozioni e sensazioni altalenanti legate all’arte nel corso della mia vita. È stata la rivalsa di un ventenne che, diversamente, sarebbe naufragato nel mare frustrante dei rimorsi. Avevo paura di chiedermi poi “se solo ci avessi provato”, pertanto l’ho fatto. Ed è stata, all’inizio, come una bellissima relazione, non solo d’amore ma anche di un’amicizia bambina, di quelle che la vita ti regala una seconda volta nel tempo. Quando ci siamo ritrovati, ci siamo conosciuti a fondo, esplorando i reciproci limiti e le potenzialità. Qualcosa è fiorito. Erano gli anni della spensieratezza, dei grandi ideali, anche se l’esperienza era ancora acerba. Ma poi, nel pieno della maturità, qualcosa si è rotto e é tornato a fermarsi. La pandemia che ci ha colpiti nel 2020 mi ha portato a ripensare il mio rapporto con l’arte e a rendermi conto che quello che fino a quel momento credevo fosse tutto per me, nella realtà dei fatti, non era più niente , se non mero esibizionismo. Così non ho più concepito l’arte come qualcosa che avrei voluto facesse parte del mio quotidiano. L’ho rigettata, l’ho odiata e ho licenziato “l’artista”. Oggi, l’ho riscoperta come un rifugio per l’anima e la mente.
Quali sono stati i progetti creativi che ti hanno maggiormente rappresentato fino a oggi?
Non saprei definire un progetto rispetto a un altro. Ho sempre detestato l’etichetta perché non né vedo l’utilità, mi sembra limitante. Ho cominciato con le prime pubblicazioni nel 2015-2016 come vignettista di alcune riviste online. Per i 5 anni successivi, che siano state mostre, presentazioni, cresime o battesimi, sono stato sempre etichettato come “il vignettista”, anche se non disegnavo più vignette. E non posso negare che mi stava profondamente sul ca**o questo modo di fare. Tuttavia, se devo cercare un punto che per me ha rappresentato un crocevia determinante, direi che il progetto più rappresentativo, o che forse mi si fa ricordare un po’ di più, è stato “Un Giudice Ragazzino”. Un romanzo illustrato che ho pubblicato nel 2018 e che mi ha dato la possibilità di viaggiare da nord a sud e conoscere tante persone che diversamente non avrei mai incontrato. Alcune le avrei evitate volentieri ma prevalgono le persone che, in un certo senso, sono state segnanti o in qualche modo d’ispirazione.
Come riesci a mantenere vivo l’entusiasmo e l’ispirazione in ogni nuovo lavoro?
Partirei dal presupposto che ho smesso di considerarlo un lavoro. Ho un’altra attività lavorativa che impiega buona parte delle mie giornate, e l’arte è ora una finestra introspettiva dalla quale mi affaccio per dare boccate d’aria alla creatività. Mi basta questo per mantenere vivo l’entusiasmo. Se dipingo non è perché necessito di farlo per lavoro o perché ho del tempo libero, ma perché è il momento in cui scelgo di scendere dal treno della quotidianità per concedermi del tempo.
Che ruolo ha il simbolo del palloncino rosso nella tua ricerca artistica quotidiana?
Il palloncino rosso è una piccola bussola che mi fa orientare nei momenti di evasione ed è anche la promessa di ricordare una storica amicizia che strade diverse minacciavano di dissolvere. Ogni palloncino disegnato ha rinnovato e spero continuerà a farlo, quella promessa nel tempo.
C’è un’esperienza o un momento particolare che ha segnato il tuo percorso artistico?
Probabilmente la pandemia del 2020. Intendiamoci, ci sono stati momenti bellissimi, segnanti e incredibili per me ma tutti ascrivibili agli album dei ricordi. Quel periodo, invece, è stato capace di suscitare una tempesta emotiva e artistica. Difatti, nel 2021, anno della mia ultima esibizione, ho scelto di fermarmi con presentazioni, convegni, ecc. allontanandomi dalla scena artistica. Scelta giusta o sbagliata che sia, oltre le ovvie e oggettive difficoltà che pose emergere se si procede a fari spenti, ho scovato anche un lato positivo. Per quanto sia possibile, non penso di aver mollato ma, al contrario, credo di aver ritrovato qualcosa: il tempo. Quello di dedicarmi alle persone a me care, agli affetti, alle amicizie e a tutto ciò che l’arte, come la intendevo, sottraeva. Tutto ciò al punto tale da sottrarre tempo anche l’arte stessa. Gli ultimi 2 anni, prima della mia scelta, li ho trascorsi più al telefono o al computer ad assolvere inutili compiti necessari per ritagliarmi un piccolissimo spazio in una folta e feroce arena. E allora, potrebbero essersi spenti i riflettori ma non la luce che brilla in quello che ognuno di noi può essere capace di creare. Non abbiamo bisogno di riflettori ma di riprenderci il nostro tempo, rallentare quando è possibile, sognare certamente ma senza forzare la naturale conseguenza degli eventi. Perché può capitare che qualcosa succeda, anche per caso. Così come è capitato a me, nel 2024, quando, per caso, sono stato contattato dall’Esa European Space Agency, che mi ha onorato di uno spazio digitale che ospita una mia esposizione. L’ho intitolata “ai bordi dell’infinito” ed è un invito, per tutti quelli che come me possono aver conosciuto un momento di sconforto emotivo, a guardare oltre il cielo e a ripensare quello che crediamo reale.
Quanto l’incontro con altre persone e realtà diverse influenza il tuo lavoro?
Dipende. Non sono propriamente un mostro sociale, anzi, sono quasi certo che i miei vicini di casa da 2 anni non sappiano ancora che io abito qui o come mi chiamo. Adoro la mia riservatezza, che non è sinonimo di solitudine, tutt’altro. Amo stare in buona compagnia. Ma organizzarmi per vivere al di fuori dell’abc per stare al mondo, mi ha sempre messo una discreta ansia. Tuttavia, ci sono stati degli incontri che hanno influenzato il mio percorso, anche collaborazioni con artisti o professionisti che hanno arricchito alcuni miei lavori con il loro contributo.
Se potessi definire in poche parole la tua filosofia di lavoro, quale sarebbe?
Non scomoderei la filosofia. Se cercassi una sintesi, forse direi: non avere paura del tuo buio finché puoi trovare rifugio nei colori.








