DOMINIQUE JEAN PAUL STANISCI

JEAN PAUL è un creativo, e come tutti i creativi non ama stare fermo. Ha fatto dell’ansia il suo carburante per la ricerca e dell’angoscia il suo agente del cambiamento. Noto alle cronache per la sua storia (raccontata da diversi magazine, quotidiani, tv e anche in un libro) dopo aver svolto diverse mansioni in diversi ambiti, trova il suo equilibrio dando vita ad alcuni progetti collegati tra loro il cui denominatore comune è la narrazione. Numerose sono già le collaborazioni e le produzioni che hanno avuto un grande riscontro di pubblico e di successi ottenendo riconoscimenti nazionali e internazionali. I suoi lavori sono stati presentati presso istituti scolastici, università, teatri, piazze, librerie, istituti penitenziari, biblioteche, luoghi storici, festival del cinema e della letteratura. Attualmente lavora come autore cinematografico, editoriale e di podcast. Cofondatore della Joyful People Company – produzioni cinematografiche, OmbraMagazine – un magazine internazionale di fotografia e cinema, Colazione Compresa – podcast, Frankenstein Factory – festival degli artisti, Italian Cinematography Award – festival internazionale del cortometraggio.

Quando è iniziato il tuo percorso artistico? Da dove hai cominciato?

L’attuale mio lavoro è frutto di una giravolta esperienziale iniziata quando ancora minorenne. Come molti dei ragazzi della mia età, si andava a lavorare nei ristoranti in estate, io ci sono rimasto per 15 anni ricoprendo un po’ tutti i ruoli, dal lavapiatti sino a ricoprire il ruolo di direttore di sala. Sono stati anni bellissimi, lo rifarei ancora, ma non in quest’epoca. Poi è accaduto che mi sono laureato, e per tentare di dare un senso ad anni di studi ho iniziato a lavorare in uno studio legale, dove per altro mi sono trovato benissimo e dove ho avuto la possibilità di scoprire nuovi mondi; lo studio era, ed è ancora oggi, uno portale di verità su “come vanno le cose oggi”, per tipologia di clientela e indirizzo. In seguito ad una serie di avvenimenti personali, e probabilmente al cambiamento del mondo in cui non mi sono riconosciuto, ho lasciato tutto cambiando repentinamente città, lavoro e amicizie. Dopo 14 anni sono tornato al mio paese, Alberobello, dove ho avviato un progetto di accoglienza turistica, con una forte connotazione artistica, in cui confluivo artisti pugliesi e turismo internazionale. Ne parlarono molto i giornali, trasmissioni televisive e radiofoniche, pressoché sconosciuto in patria. Fino a quando nel 2017 alcuni amici mi convinsero a pubblicare un libro in cui ho raccontato della mia passione per i viaggi nei luoghi della memoria, in cui ho tentato di riscoprire il valore della dignità umana per una sorta di esigenza personale. Nel mezzo, tanta vita vissuta, con tante esperienze di tipo lavorativa e sportiva, si perché ho avuto anche il tempo di praticare due sport in modalità agonista. Il libro, autoprodotto per essere condiviso con alcuni amici, mi esplose tra le mani e mi ritrovai nel 2018 con una media di 5 presentazioni al mese in ogni tipo di contesto. Così, decisi di lasciarmi travolgere e di pubblicare il secondo libro; i due verranno poi accorpati da un editore in un unico testo, il quale diventerà una mostra fotografica, e anche un film documentario pluripremiato. Proprio quest’ultimo progetto ha dato impulso alla creazione di una casa di produzione cinematografica, e tanto altro. Oggi, tutti i progetti di cui mi occupo, sono tutti accomunati dalla narrazione, e spaziano da progetti culturali a commerciali, in Italia e all’estero. Quando mi chiedono cosa faccio, non so mai cosa rispondere, perché dire che sono uno “storyteller”, in Italia, non vuol dire nulla, così come fare l’elenco della miriade di attività in cui questo si concretizza vuol dire poco.

Cos’è per te la creatività?

Per quanto mi riguarda, la creatività nasce da una pulsione. Come per tutti gli impulsi, va saputo riconoscere e sublimato in arte, o cultura. Penso sia diverso per ogni persona, è un po’ come per l’amore, tutti daremmo più o meno le stesse risposte, ma il modo di viverlo è diverso per ognuno.

Come dai vita a tuo progetto e da dove trai ispirazione?

L’ispirazione nasce dall’incontro con persone sempre nuove, dai miei viaggi, dalle letture. I progetti nascono sempre per caso. Ovviamente, la parola “caso”, non è un “caso”, perché è tutto frutto di intuizioni, fortuna cercata, pensieri aggrovigliati che ad un tratto si uniscono e prendono forma, e anche una certa dose di coraggio nel rischiare di mettersi in gioco.

Quali sono le principali sfide che incontri durante il processo di scrittura?

Principalmente, nel mio caso, le difficoltà nascono quando ci sono delle costrizioni. La creatività deve volare libera, ho bisogno di fiducia, non di indicazioni. Credo sia lo stesso per tutti. Questo è il motivo per cui lavoro da indipendente. Indipendenza è, per me, l’unica via possibile oggi in Italia per lavorare da creativi e fare le cose per bene.

OmbraMagazine, Frankenstein Factory e dell’Italian Cinematography Award e tanto altro.

Ti va di parlarci di qualcuno dei tuoi lavori?

Vi parlerò degli Italian Cinematography Awards, perché è l’ultimo nato in casa Joyful People Company. Un festival internazionale del cortometraggio che, con i miei soci, abbiamo fortemente voluto in antitesi alla miriade di festival, anche cinematografici, fatti su misura per gli amici, in cui ci siamo imbattuti negli anni e di cui ne sono onestamente deluso. Questo festival ha giurie indipendenti, composte da persone che non si conoscono tra loro, composte unicamente da professionisti del settore; è indipendente dalla politica e dai grandi marchi, anche locali. Il nostro focus è la qualità, quindi il merito. Siamo stati attenzionati da diverse realtà, abbiamo anche ospiti illustri, è già una bella esperienza da cui ci auguriamo di intrecciare relazioni lavorative, e perché no di amicizie, che si fondano sull’onestà intellettuale, sui contenuti realizzati con serietà e competenza, sul coraggio di fare cinema in maniera disinteressata, per il piacere di farlo, al di fuori dai grandi e blasonati contesti in cui tutto c’è, tranne che la settima arte.

E i podcast?

Il podcast “Colazione Compresa” nasce dall’esigenza di completare l’offerta della JPC, andando ad abbracciare con esso tutto il comparto audiovisivo. Questo podcast nasce con l’intenzione di essere un contenitore in cui raccogliere diverse stagioni con diverse tematiche. Sperimentiamo anche diversi modi di raccontare. La prima stagione, “Lo specchio di Venere”, ha ottenuto riscontri ben oltre le nostre aspettative, la seconda stagione è totalmente diversa, presto ne sveleremo tematica e ospite. Stiamo già lavorando alla terza.

Quali sono i tuoi consigli per chi vuole intraprendere una carriera come autore cinematografico?

Penso che il miglior consiglio, sia quello di non ricevere consigli. Ci sono momenti nella vita dove bisogna avere il coraggio di diventare quello che si è. Non c’è bisogno di guru, in ogni campo, non siamo stupidi, né inferiori a nessuno, non credo nella debolezza umana, credo nel potenziale. Personalmente sono stato tante cose, e chissà quante altre potrei essere, non ci sono limiti. Se uno vuole intraprendere una carriera, qualsiasi, deve intraprenderla. Come mi disse una saggia signora giapponese una volta, mentre passeggiavamo in un noto giardino Zen di Kyoto: “non devi capire, devi sentire.” Per effetto, aggiungo, se vuoi fare una cosa, non devi chiederti come farla, ma farla. Il come riesci, è solo un giudizio altrui, non richiesto. Performare ed essere, sono due binari paralleli che non si incontreranno mai. Invece, credo sia molto importante il buon esempio, e non da ultimo, in un mondo di improvvisati, studiare. Quindi, non chiedere consigli, non servono, invece, studia, e cerca un maestro da osservare, capisci come vive, prendi esempio.

Come affronti il feedback e le critiche sul tuo lavoro?

In un mondo in cui il riconoscimento sociale gioca gran parte del tuo lavoro, e perché no anche della qualità della tua vita, io da qualche anno ho iniziato un percorso in cui tento di sganciarmi da certe logiche, puntando più che altro all’auto-riconoscimento, al realizzare una vita che scelgo giornalmente, meno quella che la società vorrebbe. Non amo molto i complimenti come non amo le critiche, questo in generale. Certamente, se un riconoscimento viene da una persona che non mi conosce, che ha valutato il contenuto e non la persona, ne sono felice, così come se una critica viene da una persona competente, ascolto e faccio a mia volta autocritica. Al di fuori di questo, in un mondo in cui tutti si sentono liberi di criticare tutti, do poco peso al giudizio altrui, lo considero solo un modo come un altro per non affrontare sé stessi.

Sogno nel cassetto?

Il mio sogno nel cassetto è trascorrere la vecchiaia sentendomi realizzato, che per me vuol dire sentire di aver vissuto pienamente, nel rispetto di me stesso, delle mie pulsioni. Magari in Giappone, sorseggiando tè sul mio balcone, fumando la pipa, e guardando i bambini festanti andare a scuola.

Progetti futuri?

Troppi. Devo scremare.

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