Durlindana è un’artista visiva e performer originaria dell’Austria. Nel corso della sua carriera artistica sperimenta diverse esperienze. Non si è mai limitata ad una sola tecnica creativa ma ha sempre voluto provare qualcosa di nuovo a seconda dell’ispirazione del momento. Ha realizzato videoclip e cortometraggi attraverso i quali si è immersa nelle emozioni dell’essere umano per capirle nelle loro varie sfaccettature. La gamma del suo lavoro è variegata: esporta le immagini del suo mondo onirico nella realtà, ricerca riflessi avvalendosi di vetrini, cristalli e specchi, per guardare attraverso le cose scomponendole in mille sfaccettature.
Cos’è per te l’arte?
Per me l’arte è l’esternazione di un fuoco interiore che brucia forte.
Cosa ti spinge a cambiare tecnica ogni volta? È una scelta consapevole o nasce da un’urgenza emotiva?
In realtà non programmo mai nulla. Cambio tecnica perché mi piace sperimentare, provare cose nuove, mettermi alla prova.
Cosa cerchi nei riflessi che crei con vetrini, cristalli e specchi? È un modo per scomporre la realtà o per ricomporla?
È una passione che coltivo fin da piccola. Mi è sempre piaciuto osservare i riflessi delle cose, giocare con le ombre, con i cristalli dei lampadari di mia nonna… Ricordo che da bambina mi divertivo tantissimo a fare il bagno perché giocavo contemporaneamente con le bolle e con gli specchi del soffione della doccia o con il tappo della vasca. È bello: negli specchi e nei cristalli puoi vedere qualcosa al contrario, davanti o dietro di te… lo trovo divertente!
Il tuo lavoro sembra molto legato al sogno. Come dialogano per te sogno e realtà nell’atto creativo?
Credo che sogno e realtà vadano di pari passo, non li vedo come due mondi separati. La mia prima opera è nata proprio da un sogno che ho trasformato in realtà. Perché “Ora” l’avevo già incontrata. Vedi, dai sogni puoi ricordare tante cose: immagini, luoghi, persone, creature di vario genere… È un mondo vasto.
Qual è stata la tua esperienza più intensa come performer e cosa ti ha lasciato?
L’esperienza più intensa forse è stata quella in cui ho operato un cuore. Ho trasformato una situazione negativa in positiva, salvando una vita che stava per concludersi.
Quanto c’è di autobiografico nel tuo lavoro e quanto invece è pura immaginazione?
Nel mio lavoro c’è quasi tutto: riflessioni, sogni, fantasia. Come ti dicevo, molte cose le ho già viste prima.
C’è un’emozione che ritorna spesso nella tua ricerca artistica?
L’emozione che provo più spesso è il piacere, insieme alla meraviglia di rimirare ciò che la mia mente ha creato.
Come scegli il confine tra intimità e condivisione, tra il mostrare e il trattenere?
Fino a poco tempo fa non condividevo nulla, tenevo tutto per me. Poi ho deciso di mostrarlo anche agli altri, per confrontarmi.
Se potessi racchiudere la tua poetica in un’immagine sola, quale sarebbe?
Una donna all’interno di un tempio, con in mano un foglio e un pennello intinto dell’arcobaleno.
Che tipo di rapporto hai con il pubblico: lo immagini mentre crei o resta fuori dal processo?
Creo seguendo l’istinto. Non penso al pubblico.
Descriviti in tre colori.
Verde, rosa, lilla.



