GUIDO ADAGLIO

GUIDO ADAGLIO Torinese di nascita, valsusino d’adozione. Diplomato al Liceo Artistico, non ho bei ricordi di quel periodo, unica eccezione con Gilberto Zorio, capace di farti amare la materia che insegnava. Purtroppo la scultura non era allora tra i miei interessi. Dopo la scuola un corso di grafica pubblicitaria, che diventerà la mia professione dalla metà degli anni ’80. Nel frattempo ho continuato a dipingere, da autodidatta. Prima i lavori erano realizzati ad aerografo su tela, poi ho iniziato a raccontare i miei pensieri attraverso i corpi. Siamo agli inizi degli anni 2000: meno produzioni ma più sperimentazione. Col tempo passo dall’uso di campiture decisamente materiche ad una pennellata più morbida, con il particolare più curato, soprattutto nella prima fase. Anche se poi altro colore va a sporcare il lavoro fatto, arrivando, alcune volte, addirittura a coprirlo. Inizio anche a lavorare con le sculture, i miei alberi. Partecipo a qualche collettiva. Ad oggi sono passati altri vent’anni da quella ripartenza e continuo la ricerca e la sperimentazione, con la curiosità di provare nuove strade e la felicità di raccontare storie.

𝗖𝗼𝗺𝗲 𝗻𝗮𝘀𝗰𝗲 𝘂𝗻𝗮 𝘁𝘂𝗮 𝗼𝗽𝗲𝗿𝗮?

Una mia opera nasce sempre dalla necessità di esprimere, di lasciare un messaggio, affrontare un tema. Non dipingerò mai un paesaggio tanto per farlo, ho il bisogno che alla base ci sia una motivazione. Per questo ogni mio quadro, ogni mia scultura è accompagnata da un testo che racconta da cosa è nata l’opera.

𝗖𝗼𝘀’è 𝗽𝗲𝗿 𝘁𝗲 𝗹’𝗶𝘀𝗽𝗶𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲?

Per me fare arte significa raccontare. Come quando prima di conoscere l’alfabeto guardiamo le figure, ecco, cosi è la mia pittura: semplice, da osservare anche senza saper leggere. Parla di sogni fatti e di amori traditi, di gioie vere e dolori cupi, di cose successe e cose che potrebbero succedere. Per raccontare queste emozioni uso i corpi come pagine di un diario da condividere. Dal 2023 ho un nuovo progetto: può l’arte essere generata dal caso? E, se sì, può a sua volta l’arte generare il caso? L’idea è quella di utilizzare i social per raccogliere parole sulla base dell’iniziale da me proposta e, attraverso un sorteggio casuale, averne due che saranno il fattore determinante per la creazione dell’opera. Questi due termini devono però essere prima analizzati, studiati ed elaborati perché diventino qualcosa che abbia un senso. Quindi il caso, che è dato da coloro che mi regalano le parole e dall’estrazione che determina le due prescelte, genera effettivamente l’arte, ma l’arte, almeno per quanto mi riguarda non genera il caso, poiché le opere devono avere un messaggio da comunicare, una loro storia, un loro perché, che implica un processo di pensiero e selezione.

𝗤𝘂𝗮𝗹e 𝘁𝗲𝗰𝗻𝗶𝗰𝗮 𝗮𝗿𝘁𝗶𝘀𝘁𝗶𝗰𝗮 𝘂𝘁𝗶𝗹𝗶𝘇𝘇𝗶 𝗲 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗵é?

Uso quasi esclusivamente gli acrilici perché ho bisogno dell’immediatezza che solo una rapida asciugatura può dare, mentre per le sculture, generalmente uso il legno, tronchi già secchi in pianta.

𝗤𝘂𝗮𝗹 è 𝗶𝗹 𝗽𝗿𝗼𝘀𝘀𝗶𝗺𝗼 𝗽𝗮𝘀𝘀𝗼 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗮 𝘁𝘂𝗮 𝗰𝗮𝗿𝗿𝗶𝗲𝗿𝗮 𝗮𝗿𝘁𝗶𝘀𝘁𝗶𝗰𝗮?

Per ora lavoro sul tema del caso, ho realizzato i dipinti con la A, la B, la C, la D e sto ultimando la E. Da qui alla fine dell’alfabeto il viaggio è ancora lungo.

𝗣𝗿𝗼𝗴𝗲𝘁𝘁𝗶 𝗳𝘂𝘁𝘂𝗿𝗶?

Ho sempre progetti, più di quanti ne riesca a realizzare. Uno dei prossimi è la realizzazione di illustrazioni, partendo dal testo di canti corali, che potrebbero diventare carte per un gioco. Intanto sta prendendo forma nella testa un’idea per iniziare nuovamente a lavorare con i corpi, mio primo amore.

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