MASSIMO BARLETTANI

MASSIMO BARLETTANI

Massimo, nato a Volterra nel 1956, è un artista la cui sensibilità si è forgiata attraverso un percorso poliedrico tra arte, comunicazione e ricerca visiva. Fondatore nel 1989 dell’agenzia di pubblicità B&A, si è distinto nel campo della creatività vincendo numerosi premi e sviluppando una particolare attenzione per il linguaggio dell’immagine. Parallelamente, si è dedicato all’editoria d’arte con la casa editrice “Zeta Scorpii Editore”, per la quale ha ideato e pubblicato decine di volumi, consolidando un dialogo costante con fotografi e artisti di fama internazionale. La sua ricerca artistica si è evoluta nel tempo, partendo da una pittura astratta per giungere a una raffinata ridefinizione figurativa in cui elementi iconici, figure femminili ed elementi naturali si fondono in un equilibrio di forza e delicatezza. Dal 2012 ha intrapreso un percorso dedicato alla rappresentazione simbolica della vita attraverso immagini floreali rarefatte, divenute cifra distintiva della sua poetica. Le sue opere sono state esposte in prestigiose sedi istituzionali come Palazzo Oddo di Albenga, Ca’ dei Carraresi di Treviso, Palazzo Pretorio a Volterra, la Chiesa di Santa Maria della Spina a Pisa, Villa Fiorentini a Sorrento e la Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, oltre a importanti biennali e mostre internazionali. Negli ultimi dieci anni ha ampliato i suoi orizzonti artistici con esposizioni a Londra, Atlanta, Hangzhou, Toronto e Santander, affermandosi come presenza costante nelle fiere d’arte di diversi paesi. Per un periodo ha collaborato con la rivista “Arte In”, firmando la rubrica “Il dito nella marmellata”, nella quale ha espresso con lucidità e ironia il suo pensiero critico sulle tendenze e le contraddizioni dell’arte contemporanea. Le sue opere fanno oggi parte di collezioni pubbliche e private di rilievo, confermando il suo ruolo di protagonista nel panorama artistico italiano e internazionale. Vive e lavora a Cerreto Guidi, continuando a intrecciare poesia visiva e riflessione estetica in una costante esplorazione del rapporto tra vita, natura e bellezza.

Qual è stata la scintilla che ha trasformato la tua esperienza nel mondo della pubblicità e dell’editoria in un percorso pittorico così profondo e personale?

Un grosso trauma familiare che mi ha costretto a un nuovo percorso di vita e mi ha aperto le porte a una visione diversa e più profonda.

Come nasce l’idea di rappresentare la vita attraverso le forme floreali rarefatte che caratterizzano la tua arte più recente?

Nasce dal desiderio di rappresentare attraverso metafore floreali la bellezza e la fragilità, la potenza e la caducità della vita. Soprattutto, in un mondo ormai pieno di volgarità e tragedie, violenza e sopraffazione, il desiderio di comunicare un messaggio di speranza. Penso che oggi, dipingere fiori, sia un atto rivoluzionario.

Nel tuo passaggio dall’astrazione alla figurazione, quale è stato il momento o l’opera che ha segnato la svolta più significativa?

È stato un percorso stranamente naturale, i miei lavori astratti hanno iniziato a mostrare pistilli e petali indipendentemente dalla mia volontà, non ho potuto che accettarlo.

Che ruolo ha avuto il contatto con fotografi e artisti internazionali nella costruzione della tua visione estetica e nella definizione del tuo linguaggio visivo?

Io pensavo di essere un autodidatta, ma non è così, pensandoci bene è stato lavorando con grandi fotografi che ho sviluppato una sensibilità che mi ha portato ad un’elaborazione delle forme e del colore e a una ricerca tecnica fuori dai canoni consueti. In realtà il mio lavoro creativo nasce ancora dalla fotografia, si può notare dal trattamento delle immagini che prevedono diverse profondità di campo e spesso degli effetti di sfocatura e movimento.

Tra i molti luoghi in cui hai esposto, ce n’è uno che senti particolarmente legato alla tua evoluzione artistica?

Ho fatto mostre in location moto belle e molto prestigiose ma direi Volterra che è la città dove sono nato e che ho lasciato da bambino e dove 3 anni fa ho fatto una (per me) bellissima mostra nelle Logge del Palazzo dei Priori.

In che modo la tua esperienza come autore della rubrica “Il dito nella marmellata” ha influenzato la tua riflessione sull’arte contemporanea e sul suo sistema?

Credo che un altro aspetto della mia inconsapevole scelta di dipingere fiori, il soggetto più banale della storia dell’arte, nasca dal desiderio di allontanarmi il più possibile da quella che viene definita Arte Contemporanea, concettuale, spesso brutta, provocatoria e oggetto di speculazione finanziaria. Questa rubrica mi ha permesso di esprimere questi concetti in libertà e di riflettere sul concetto di prezzo/valore e sulle motivazioni economiche e sociali dei collezionisti.

Le tue opere sono presenti in collezioni pubbliche e private di rilievo: cosa significa per te sapere che la tua arte vive in contesti tanto diversi?

Rappresenta piacere e orgoglio. Ma a me piace pensare alle mie opere che accompagnano la vita delle persone; quando incontro un collezionista e mi dice che le sere in cui rientra a casa e vede una mia opera gode di un attimo di piacere, penso che il mio lavoro abbia davvero un senso.

Quanto incide la natura del luogo in cui vivi e lavori, Cerreto Guidi, sulla tua ispirazione e sul tuo modo di intendere la bellezza?

Non saprei, ho la fortuna di vivere in campagna fra vigne olivi e cipressi e immagino che in qualche modo tutto questo influenzi il mio lavoro.

Come si intrecciano oggi nella tua ricerca l’esperienza del comunicatore, dell’editore e dell’artista?

Nei miei dipinti cerco la vita non solo nei fiori che sono vivi (non ho mai dipinto fiori recisi) ma anche nella pittura.  Le interferenze come schizzi, colature, grumi di colore, sono elementi indispensabili perché non posso controllarli completamente e quindi rappresentano un aspetto quasi spirituale, è come se qualcuno o qualcosa fosse li con me a dipingere.  Questo fa si che nel tempo le mie opere continuino a raccontare storie, tutte le volte che si guardano mostrano un piccolo segno in più che ci era sfuggito. In più l’uso di pigmenti metallici rende le mie opere iridescenti e cangianti, cambiano l’aspetto in base alla inclinazione della luce. Così anche i miei dipinti sono vivi come i miei fiori. Credo che questo sia l’aspetto a cui tengo di più e che collega la mia esperienza di comunicazione al mio lavoro d’artista.

Se dovessi racchiudere il senso della tua arte in una sola parola, quale sarebbe e perché?

Sarebbe “Poesia”, molti miei colleghi lavorano denunciando tragedie, disperazioni, massacri, credo che bastino i notiziari per questo, io penso che il mondo abbia un disperato bisogno di poesia e di speranza.

Descriviti in tre colori.

Proprio non saprei, i colori sono emozioni, a me piace provarle tutte.

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