Aniello Ignorato, conosciuto artisticamente come Lanti, è uno scultore nato nel 1993 che da oltre quattordici anni plasma la materia trasformandola in opere cariche di espressività e significato. Lavora con materiali diversi — dall’argilla al legno, dal marmo al ferro fino alla ceramica — dando vita a creazioni dalle forme, dimensioni e cromie eterogenee. È nel modellato dell’argilla e nella scultura su marmi e graniti che raggiunge la sua massima espressività, privilegiando la rappresentazione del corpo umano e della figura in tutte le sue varianti, dal tuttotondo al basso e alto rilievo. Per Lanti, scolpire significa rendere tangibili le proprie idee, trasformando la materia amorfa in qualcosa di meraviglioso attraverso il gesto artistico.
Cos’è per te l’arte?
L’arte è una di quelle cose, come l’amore, che si presta a molteplici definizioni, forse tante quante sono le persone su questo pianeta. Per me l’arte è un mezzo che veicola i miei pensieri, una rappresentazione tangibile e concreta delle mie idee che altrimenti non troverebbero la loro epifania. Uso l’arte così come fa un uomo di scienza con la matematica o la fisica per capire me stesso e il mondo che mi circonda.
Cosa ti guida nella scelta del materiale con cui scolpire un’opera specifica?
Ogni opera nasce prima come un’idea su carta da cui scaturisce un bozzetto in argilla a cui segue un modello in gesso o terracotta. È solo a questo punto dopo un lungo processo tecnico che è possibile scegliere il blocco di pietra che si trasformerà nell’opera definitiva. La scelta del materiale è quindi fatta in modo da assecondare il progetto iniziale anche se, in corso di realizzazione, spesso la pietra contrasta con la sua naturale texture e disomogeneità può forzare piccole variazioni rispetto al modello.
Come cambia il tuo processo creativo quando lavori su un corpo umano rispetto a un soggetto astratto?
Non tratto l’astratto, quando non realizzo sculture prettamente figurative cerco di utilizzare elementi della realtà ben riconoscibili nel tentativo di rievocare nell’osservatore, nel fruitore, similitudini riflessioni e spunti. Il corpo umano rappresenta per me una sfida. Esso con le sue molteplici variazioni di superficie (curve, incavi, solchi, ombre e luci) è estremamente difficile da rappresentare con credibilità e verosimiglianza ancor di più in un materiale che non perdona errori come il marmo.
C’è stato un momento in cui la scultura ti ha aiutato a dare forma a un’esperienza personale intensa?
Utilizzo la scultura e l’arte, la creatività in generale come un elemento catartico, psicoanalitico simbolico e liberatorio. La mia scultura è frutto di una ricerca interiore ma al tempo stesso desiderosa di un piacere estetico.
Quale valore attribuisci al tempo nel tuo lavoro, considerando l’intensità fisica e mentale della scultura?
La scultura è l’arte eterna per eccellenza. La pietra è figlia del tempo ma sembra non essere soggetta alle sue leggi. La scelta è quindi generare, forse con un pizzico di presunzione, qualcosa che sopravviva al suo creatore nei secoli. Lasciare un segno di questo viaggio chiamato vita e sapere che tra 200, 300 anni qualcuno ammirerà o criticherà i miei lavori.
In che modo la tua visione della bellezza influisce sulle forme che scegli di modellare?
Ritengo che il mondo necessiti molto di bellezza. Siamo circondati da orrori: guerre, violenza, inquinamento. Così tanto da non vedere più la bellezza che risiede nella natura incontaminata, nelle forme perfette del corpo, degli animali. La natura con le sue leggi è armonica, è ciò mi affascina e mi ispira. Come disse Dostoevskij nel suo romanzo L’Idiota: “La bellezza salverà il mondo”.
Descriviti in tre parole.
Caparbio, diretto, passionale.





