Classe ‘83, Daniel inizia la sua carriera in Italia all’età di 19 anni. Dopo poco parte alla scoperta del mondo, dove fa diverse esperienze in cucine di prestigio in Spagna, Francia e Inghilterra. Ex allievo di Pierre Gagnaire (3 stelle Michelin ed iconoclasta in prima linea nel movimento della cucina fusion), lo chef Daniel torna in Italia, prima a Roma dove dirige con successo il ristorante “Le Asiatique” (considerato come il tempio della cucina asiatica) e poi a Bari, a dirigere le cucine dei ristoranti fusion giapponesi Hagakure, tra cui il Noh Samba, giusto di fronte al Teatro Petruzzelli.
Dove e quando è cominciata la tua avventura?
La mia avventura è iniziata a Roma. Fin da piccolo, ho avuto una predisposizione naturale per la cucina e una passione per sperimentare nuove ricette. Per questo motivo, ho deciso di frequentare la scuola alberghiera: avevo già le idee abbastanza chiare sul mio futuro. Il mio obiettivo era viaggiare e fare esperienze internazionali, e così è stato. Ho iniziato il mio percorso in Italia molto giovane, e dopo aver compiuto la maggiore età, sono partito per la Spagna, poi la Francia, e subito dopo l’Inghilterra. Non sono mancati i molteplici viaggi in Asia. Tutto questo si è svolto nell’arco di 12 anni. Ho avuto la fortuna di avere la determinazione e la forza di affrontare sempre i trasferimenti da solo e in piena autonomia. Inoltre, ho avuto l’opportunità di lavorare con grandi persone e professionisti che, nel bene o nel male, mi hanno formato. Le esperienze non sono mai state facili, ma proprio grazie a queste difficoltà, sono cresciuto sia come persona che come uomo. Raccontaci la tua missione, il tuo obiettivo finale, lo scopo che ti spinge a svegliarti motivato e a fare quello che fai. Ammetto che al mattino sono piuttosto pigro e preferirei rimanere a letto per un’altra mezz’ora. A haha Tuttavia, la mia vera motivazione deriva dagli obiettivi che mi pongo. Sono questi che mi stimolano e mi danno la forza di affrontare ogni giornata. Senza di essi, mi sentirei perso. Ho bisogno di sentirmi vivo, stimolato, e di credere che il meglio debba ancora venire. Per questo motivo, cerco costantemente di migliorarmi in ogni ambito della mia vita. Attualmente ho molti obiettivi importanti da raggiungere.
Assegnando delle percentuali, secondo te, per riuscire nella vita, quanto conta la fortuna, quanto la bravura e quanto la caparbietà?
Io direi 50% bravura e 50% caparbietà. La ragione è semplice: solo una persona capace e determinata può sfruttare le opportunità fortuite che la vita le presenta. Il tuo legame con la tua terra d’origine.
Quanto c’è di lei nelle creazioni alle quali dai vita, e soprattutto quanto c’è di lei in te?
Il legame con le origini della mia terra è fondamentale per me, ma altrettanto importante è il mio passato vissuto tra viaggi in giro per il mondo. Durante questi viaggi, mi sono confrontato con culture culinarie e tecniche diverse, dai ricordi delle cucine della nonna fino allo street food in Asia, passando per le cucine internazionali francesi, spagnole e sudamericane. Tutti questi bei ricordi scaturiscono dentro di me stimoli che poi si trasformano in creazioni culinarie. A volte basta risentire alcuni odori che evocano ricordi, oppure assaggiare qualcosa che non gustavo da tempo per far volare la mente. Da lì, il resto vien da sé. Tutte le creazioni che porto nella mia cucina asiatica-internazionale sono frutto del mio vissuto passato, reinterpretate però in chiave innovativa.
Sei un fanatico del ”fast” o il tuo stile è più orientato verso lo ”slow”?
Io sono un fanatico dello slow, ma la mia vita in generale e’ tutt’altro che slow Chiudi gli occhi e visualizza un’istantanea in particolare, un momento, un attimo, una situazione nella quale hai pensato ”c***o ce la posso fare sul serio ”. Personalmente, cerco sempre di rimanere con i piedi per terra e di perseguire i miei obiettivi senza troppe lodi. Tuttavia, se devo pensare a un momento che mi rende orgoglioso, sicuramente ricordo quando ho lavorato da Pierre Gagnaire a Londra. Dopo soli sei mesi di lavoro, sono stato promosso a sous chef. Anche se quel periodo è stato molto impegnativo, ricordo un episodio in particolare: ho dovuto affrontare un responsabile in modo deciso, al punto di appiccicarlo al muro. Stranamente, invece di essere licenziato, sono stato promosso a sous chef. Vi lascio immaginare quanto fosse importante avere il coraggio in quei luoghi!
Come tutti, presumo, avrai affrontato anche tu nel tuo ambito lavorativo momenti di scoraggiamento, che ne so, con qualche collega, con un socio, o con l’opprimente e macchinoso titano della burocrazia, come ne sei venuto fuori?
I momenti difficili fanno parte della vita bisogna somatizzarli e cercare di liberare la testa il più possibile, perché tutto si supera Woody Allen diceva che l’arte del cinema si ispira indubbiamente alla vita.
La tua arte, invece, a cosa si ispira?
Credo che il filo conduttore sia lo stesso: la tua vita e il tuo essere. Raccontaci la tua visione sul grande ricambio generazionale che stiamo vivendo Il buco nero della carenza delle risorse umane E il futuro dell’ospitalita. I tempi stanno cambiando. Quando ero giovane, lavorare 12-17 ore al giorno era considerato normale. Anche se non era affatto normale, lo facevamo per la voglia di imparare, sapendo che quei sacrifici avrebbero ripagato in termini di soddisfazioni personali e una vita migliore. Oggi, la situazione è diversa e giustamente così. Le persone non sono più disposte a lavorare 50-70 ore settimanali. Vogliono dedicare tempo di qualità alle loro vite e alle loro famiglie. Questo cambiamento è particolarmente evidente tra i giovani, ma il problema è più ampio. È necessario un intervento dello Stato per ridurre le tasse sui dipendenti e agevolare le assunzioni.