Francesca in arte Mistral nasce a Cirò Marina in Calabria. La sua passione e predisposizione per l’arte la portano ad approfondire gli studi artistici: dalla Laurea in Pittura alla seconda Laurea in Scultura Monumentale; si abilita all’insegnamento delle Arti Visive in Discipline Pittoriche e in Storia dell’Arte a Roma. La creatività e la maturità professionale, ormai trentennale, abbracciano diverse espressioni artistiche: dal disegno alla scultura, con richiami ad un gusto classico che si coniuga a quello contemporaneo. Dal 1997 ha realizzato mostre personali e preso parte a mostre collettive, in Italia e all’estero. Fonda un’Associazione Artistico Culturale: nasce la sua scuola privata dove ragazzi e adulti vengono formati e inseriti nei settori dell’arte. Oggi insegnante di Scuola Secondaria di II Grado. Critici d’arte e riviste di settore si sono interessati con saggi e appunti al suo lavoro. Tra le mostre personali: ‘Caput Mundi’ presentata dal noto critico Vittorio Sgarbi presso la Galleria d’arte La Tartaruga di via Sistina a Roma; Personale presso Istituto di Cultura Bulgaria presentata dall’Ambasciatore Bulgaro a Roma. Numerose le sue opere in diverse collezioni pubbliche e private come la ‘Santissima Trinità’ commissionata per la Cattedrale dei Marsi ad Avezzano. Oggi vive e lavora a Roma.
Come è nata la tua passione per l’arte? C’è stato un momento o un’esperienza che ha segnato il tuo percorso artistico?
Dominator di mia profonda mente. La passione per l’arte mi accompagna sin dalla nascita. È un dono, una vera e propria appartenenza, un atto di fede al quale ci si dedica con devozione, senza possibilità di sottrarsi. Nel corso del mio prolungato percorso artistico, ho sperimentato una serie di eventi che hanno esercitato un’influenza profonda sul mio cammino. Non si tratta certo di un sentiero semplice da percorrere, specialmente quando si opta per la creazione di ‘nuove opere d’arte’, come nel caso delle mie due figlie. Tale scelta ha segnato in modo significativo il mio cammino, apportando un contributo positivo, ma ha anche generato una certa distanza in un periodo di profonda metamorfosi nel panorama artistico.
Hai studiato sia Pittura che Scultura Monumentale. In che modo queste due discipline si influenzano nel tuo lavoro?
La pittura consente di esprimere se stessi attraverso segni e colori, mentre la scultura rappresenta il culmine di questa espressione. Si impiega la forza del proprio corpo per comunicare attraverso la materia in tutte le sue sfaccettature. Queste due forme d’arte si integrano reciprocamente, e, in particolare, l’uso delle grandi dimensioni emerge come elemento preminente.
Le tue opere coniugano richiami classici e contemporanei. Come riesci a bilanciare questi due aspetti nella tua produzione artistica?
Amo l’informale e desidero distaccarmi in modo razionale da una figura predefinita, ma ciò nonostante, ne sono costantemente richiamata. Per me, il concetto di classico risiede nello studio della grammatica del disegno, nella padronanza delle fondamenta che consentono una competenza consapevole nell’interpretazione delle opere. È affascinante esternare irregolarità e istinti, giocando con le regole visive di un equilibrio armonioso.
Hai organizzato mostre sia in Italia che all’estero. Qual è stata l’esperienza espositiva più significativa per te e perché?
Nel mio percorso artistico si sono susseguiti numerosi eventi significativi, ma due in particolare si sono impressi nella mia memoria in modo indelebile. Il primo è rappresentato dall’esposizione tenutasi presso il Castello di Santa Severina, in Calabria. In quell’occasione, le mie opere furono esposte accanto a quelle di artisti di fama indiscussa e di rilevanza storica. L’evento, splendidamente organizzato da una galleria d’arte, incarnava ancora quella fase della nostra storia in cui si investiva con fervore nei nuovi talenti. Pur essendo molto giovane, partecipare a una mostra di tale prestigio nella mia terra suscitò in me un profondo orgoglio. Un’altra esperienza memorabile si è svolta all’estero, precisamente a Bahia, dove inviai le mie opere. Ciò che si rivelò tanto imbarazzante quanto singolare fu il ritorno di tutte le opere, ad eccezione di una, che purtroppo venne rubata. Ho avuto diverse occasioni di esposizione in Italia, ma l’episodio avvenuto all’estero si rivelò davvero inaspettato!
La tua opera ‘Santissima Trinità’ per la Cattedrale dei Marsi è un’importante commissione pubblica. Come hai affrontato la realizzazione di un’opera così importante per un contesto religioso?
Ho avuto la fortuna di crescere in un contesto profondamente religioso. Tra i tredici e i vent’anni, ho vissuto in collegio, immersa nella sapiente guida delle suore. L’onore di ricevere commissioni artistiche in tale ambito risale a diversi anni fa, quando la curia di Lamezia Terme mi incaricò di realizzare i ritratti di Papa Giovanni Paolo II e di Papa Benedetto XVI, che ho avuto l’onore di conoscere personalmente. Nel 2017, la diocesi di Avezzano mi contattò per un’opera significativa. Fu necessario studiare un’ampia varietà di testi per poter presentare otto bozzetti dedicati alla Santissima Trinità; tra questi, venne scelto quello che si rivelò più originale. Lavorai per molti mesi a una tela di circa quattro metri per sei, seguendo una metodologia simile a quella degli affreschi, dipingendo in fasce da un metro. Questo approccio si rese necessario poiché, lavorando di notte nel mio studio domestico, dovevo conciliare l’arte con le esigenze di mia figlia Sophia, ancora molto piccola. Un aspetto particolarmente singolare fu il volto di Cristo, che sembrò emergere autonomamente dalla tela. Fu un’esperienza straordinaria: il pennello si muoveva come se avesse una volontà propria, indipendente dalla mia mano. L’emozione più intensa si manifestò nel momento in cui ammirai l’opera nel suo insieme; rimasi profondamente colpita. La sensazione più toccante si verificò durante l’inaugurazione, quando l’opera fu svelata ai fedeli. Vedere persone commosse pregare dinanzi alla mia creazione è un’esperienza che va al di là delle parole. L’inaugurazione dell’opera fu celebrata con una benedizione solenne, e il critico d’arte Vittorio Sgarbi tenne una lectio magistralis di altissimo livello, arricchendo ulteriormente quel momento già carico di significato.
Hai fondato una scuola privata per formare giovani e adulti nell’arte. Qual è il valore educativo e umano che cerchi di trasmettere ai tuoi studenti?
Ho dovuto chiudere lo studio d’arte Mistral anni or sono a causa di numerosi impegni, ma ancora oggi i miei studenti mi esortano a riaprirlo. La metodologia Mistral si configurava come un mini liceo artistico, capace di guidare gli studenti, di età compresa tra i 16 e i 65 anni, verso una profonda comprensione della grammatica del disegno, delle fondamenta e delle tecniche del mestiere, affinché potessero sviluppare le competenze necessarie per esprimere liberamente le proprie emozioni e i propri messaggi interiori. Sebbene l’arte sia intrinsecamente libera, essa è soggetta a regole fondamentali che consentono di tradurre su una superficie bidimensionale ciò che si desidera esternare. Anche l’arte astratta richiede una solida preparazione. Ho accolto nel mio studio persone che non avevano mai impugnato una matita, ma che, mossi da un sincero desiderio di apprendere, sono riusciti a sorprendermi e a sorprendere sè stessi.
Il tuo lavoro è stato analizzato da critici d’arte e pubblicato in riviste di settore. Come reagisci alle interpretazioni e alle recensioni delle tue opere?
La mia reazione alle interpretazioni e alle recensioni delle mie opere è spesso caratterizzata da un sorriso. È affascinante leggere e ascoltare le diverse visioni che si presentano, ma ritengo che tutte siano intrinsecamente soggettive, mai oggettive. Un episodio curioso avvenne nei miei primi anni di carriera, quando alcuni critici, in occasione di una mia mostra personale, si lasciarono ingannare dalla mia rappresentazione della figura femminile, convincendosi che fossi un uomo. Sono convinta che, per ‘interpretare ’un’opera in modo autentico, sia necessaria una comprensione profonda del vissuto dell’artista. Detto ciò, sono altresì certa che la tela funzioni come un diario segreto, e che nessuno potrà mai penetrare realmente i misteri che si celano dietro una comunicazione non verbale quale è l’opera d’arte.
In che modo l’insegnamento delle Arti Visive e della Storia dell’Arte influenza il tuo lavoro creativo?
Ha arricchito le mie competenze tecniche e teoriche, stimolandone la creatività e aiutandomi a sviluppare una voce artistica distintiva e consapevole. Con gli studenti è un continuo scambio, un processo in cui si dà e si riceve incessantemente.
Quali sono i tuoi progetti futuri? Hai in programma nuove esposizioni o opere monumentali in cantiere?
Da un anno e mezzo mi dedico con fervore a un progetto che mi sta particolarmente a cuore. Tutto è iniziato dalla mia passione per la psicologia e il crime. Ho avuto la straordinaria fortuna di essere guidata e supportata dal mio illustre curatore, Massimo Magurano, la cui stima nei suoi confronti è per me immensa. Siamo ora in fase di conclusione del progetto, entusiasti e pronti per l’evento che si intitola ‘CRIME VISIONS’. Si tratta di una mostra che offre un percorso attraverso opere pittoriche, installazioni e spunti di riflessione per il pubblico, invitato a meditare su temi attuali attraverso un viaggio nel passato, tra mitologia e letteratura. Tuttavia, non posso rivelare ulteriori dettagli, se non che la collaborazione con uno dei più rinomati giornalisti del crimine, nonché conduttore, Giuseppe Rinaldi, ha rappresentato una svolta significativa per questo lavoro, oltre a essere un grande onore per me.
Il tuo nome d’arte, “Mistral”, ha un significato particolare? Se sì, come rappresenta il tuo approccio all’arte?
Il nome d’arte Mistral trae origine dal vento Maestrale, evocando in modo evidente le mie pennellate in movimento. Con una certa franchezza, devo confessare che, per molti, il fatto di essere donna rappresenti una sorta di privilegio; per me, al contrario, si è rivelato un significativo limite, da cui scaturisce la scelta del mio nome d’arte: Mistral. Numerose donne hanno tentato di indossare i ‘pantaloni’, cercando di seguire, con affanno, le orme tracciate dal cosiddetto ‘moto maschile’. Ma, è innegabile che, se si opta per la maternità, le opportunità, i tempi e la forza a disposizione non possano mai essere paragonabili a quelli di un uomo. Ho spesso riflettuto sull’origine di questa necessità di graffiare la tela, un impulso che nasce da una profonda rabbia nei confronti dei limiti imposti. In un contesto occidentale dove si fa vanto di una parità che, nella realtà, è ben lontana dall’essere raggiunta, mi sono immersa con tenacia nella ricerca di una comprensione autentica del ruolo di donna-madre e donna-artista, interrogandomi sulla possibilità che tali identità possano coesistere. La parità, in molti ambiti, risulta ancora un miraggio, e ci resta solo la chance di afferrare ciò che ci spetta, con le unghie e con i denti. Tuttavia, dietro ogni conquista si cela sempre una rinuncia. Si torna inevitabilmente alle origini, e per quanto una donna possa sforzarsi, dovrà attendere ancora a lungo prima di poter offrire una ‘maternità’ dell’opera d’arte.
Come definiresti la tua arte?
Un diario di bordo in evoluzione.
Descriviti in tre colori.
Bordeaux, bianco, nero di Marte.


