MICHELE CARNIMEO

MICHELE CARNIMEO

Nato a Bari nel 1959, Michele è un fotografo professionista con oltre trentasei anni di esperienza nel settore. Uomo curioso per natura, ha scoperto la fotografia come una passione che, grazie al supporto di amici e collaboratori, si è trasformata in una professione. Nel corso della sua carriera, ha sempre cercato la bellezza in ogni forma, oggetto e persona, considerandosi un “errante” in continua ricerca, aperto all’apprendimento e al cambiamento. Iniziando con la fotografia in bianco e nero e la magia della camera oscura, ha affinato la sua conoscenza della luce e delle tecniche fotografiche. Con l’avvento del digitale, pur adattandosi ai nuovi strumenti, ha mantenuto intatta la sua capacità di catturare attimi unici della vita. Collabora con agenzie pubblicitarie e case editrici a livello locale e nazionale, lavorando in diversi ambiti fotografici, tra cui still life, reportage di moda, architettura ed eventi. Tra i suoi clienti figurano brand di prestigio come Barilla, Gruppo Heineken, Granlatte Granarolo, Minotti Divani, Ala Editrice, Bologna Fiera, Merck Serono, Selex, Auchan e molti altri. Parallelamente alla professione, si dedica alla formazione, organizzando corsi di fotografia base e avanzati, riconosciuti dalla Regione Puglia presso Spegea, e insegnando per vent’anni presso la Nouvelle Esthetique Accademie di Bari. Ha inoltre realizzato laboratori fotografici in ambito sociale, collaborando con la Cooperativa Sociale Spazi Nuovi per progetti rivolti a minori a rischio e utenti psichiatrici. Il suo impegno nel sociale include la collaborazione con AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) per campagne di raccolta fondi e il volontariato in diverse iniziative.

Ha esposto le sue opere in numerose mostre personali e collettive, ricevendo importanti riconoscimenti:

  • 1995ANIMATA/MENTE: reportage sulle prime strutture alternative ai manicomi, esposto a Bari, Konjic (Bosnia) e Sarajevo, richiesto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come strumento divulgativo sulla riabilitazione psichiatrica.
  • 2013 – Vincitore assoluto del Festival Internazionale di Orvieto Fotografia, con la mostra LE ATTESE, ritratti metropolitani da New York, Berlino e Tokyo.
  • 2015 – Selezionato tra i 40 Ambasciatori della Fotografia Italiana al Festival Internazionale di Lishui (Cina) con la mostra RINASCITA DALL’OBLIO, dedicata al riscatto dal dolore.
  • 2017 – Partecipa nuovamente al Festival di Lishui con AQUAM, un progetto sulle forme dell’acqua.
  • 2019 – Pubblicazione del libro VACANZE BARESI, con 85 fotografie e un calendario ispirato al film Vacanze Romane.
  • 2020 – Mostra itinerante SCATTI DI UMANITÀ – L’abbraccio di una città in emergenza, documentando il sostegno della popolazione barese durante la pandemia.
  • 2020ETHNIC COOK – Sapori e storie dal mondo (Edizioni La Meridiana), un progetto di integrazione attraverso il cibo, con 50 fotografie e una mostra correlata.

Collabora con la prof.ssa Letizia Carrera, sociologa urbanista, per illustrare con le sue fotografie diverse pubblicazioni accademiche.

Altre collaborazioni

  • Fotografo ufficiale del Trofeo Calcistico Birra Moretti.
  • Documentazione delle principali feste popolari del Sud Italia per Dreher Italia.
  • Casting fotografico per la OZ Film.
  • Reportage per il Corteo Storico La Caravella e numerosi festival nazionali di artisti di strada.

Grazie alla sua capacità di catturare l’essenza delle persone e dei luoghi, continua a esplorare e raccontare storie attraverso la fotografia, con uno sguardo sensibile e attento alla realtà che lo circonda.

Cosa ti ha spinto a trasformare la fotografia da passione a professione?

Ho sempre amato viaggiare e nel corso della mia vita è diventato un modo di vivere, di scoprire, comunicare, confrontarmi, conoscere, nutrirmi, crescere. Non potendo iscrivermi al liceo linguistico perché era a pagamento, ho frequentato la scuola di ragioneria che prevedeva lo studio di due lingue: inglese e francese. Ottimo per me! Sono diventato ragioniere e ho iniziato a lavorare come tale. Un lavoro che non mi apparteneva. Un lavoro che finivo la sera verso le 20,00 e oltre. Una sera ho realizzato che facendo quel mestiere non mi sarei mai potuto godere un tramonto. Così ho capito che dovevo cambiare. Con la fotografia posso gestire i miei tempi, viaggiare con la mente, con il fisico e nello spazio.

 Come definiresti il tuo stile fotografico e quali elementi cerchi di catturare nelle tue immagini?

Non mi piace “de finire” il mio stile, farlo “finire” in una catalogazione, limitarlo, chiuderlo a una etichetta. Mi è sempre piaciuto fare ricerca, sperimentare vari stili. Nelle mie immagini cerco di catturare principalmente elementi narrativi. Bellezza, emozione, equilibrio nella composizione, completano l’immagine. Hai iniziato con la pellicola e la camera oscura. Cosa ti manca di quel processo rispetto alla fotografia digitale? Mi manca il tempo. Il tempo dell’attesa. Tra lo scatto e la visione della fotografia c’era un tempo in cui ci passava di mezzo, tanta vita!!! Ora tutto si fa di corsa. Si è sempre in affanno. Manca il tempo della riflessione. Anche nello scatto non c’è più il tempo del pensare, progettare. È richiesta immediatezza, che diventa fretta…e questo non fa bene a nulla.

Nella tua carriera hai esplorato diversi generi fotografici. C’è un ambito che senti più vicino alla tua sensibilità artistica?

Forse la dimensione del reportage intesa come narrazione di vicende umane.

Qual è stato il progetto fotografico che ti ha maggiormente segnato dal punto di vista umano ed emotivo?

Animata\Mente, Scatti d’umanità, Wae Rebo. Tre progetti molto importanti e intensi che mi hanno permesso di affrontare ed approfondire problematiche profonde dello spirito umano. Con ANIMATA\MENTE ho varcato la soglia della malattia psichiatrica e il modo in cui viene affrontata. Ho documentato il passaggio dalla repressione dell’istituzioni manicomiali alla restituzione di dignità, riconoscimento dei diritti della persona e della sua identità. Perché non è inconcepibile che una malattia, un disturbo, venga “curato” con la reclusione, l’isolamento sociale e l’annullamento dell’individualità. SCATTI DI UMANITÀ mi ha reso testimone di una pagina di storia importantissima della nostra città. Settecento cittadini senza distinzioni sociali, culturali o appartenenze a partiti e associazioni si sono messi a disposizione della comunità in sofferenza per la pandemia del Covid. Un grande lavoro di rete che nessuno ha notato, visto che tutti erano chiusi in casa, ma che ha supportato tutte le famiglie e vari gruppi sociali in grave disagio. WAE REBO un villaggio in Indonesia rimasto isolato dal resto del mondo ad uno stile di vita fermo a più di un secolo fa. Senza conoscere nessun tipo di tecnologia vivono in perfetto equilibrio e simbiosi con la natura e il territorio circostante, prendendosi cura della foresta e dei corsi d’acqua che sono le uniche fonti di sostentamento. Un viaggio temporale in una dimensione molto diversa da quello che noi definiamo: Civiltà.

La mostra ANIMATA/MENTE è stata utilizzata dall’OMS per la divulgazione sulle nuove tecniche di riabilitazione psichiatrica. Come hai vissuto questo riconoscimento?

È stato sicuramente un riconoscimento importante, non tanto per quello che ho fatto io, ma per quello che la divulgazione di nuove tecniche di cura potranno apportare a chi soffre.

Hai lavorato con numerosi brand di prestigio. Qual è stata la sfida più interessante in ambito pubblicitario?

Al di là dell’altisonanza del nome o del brand, per me ogni lavoro è stata una sfida: riuscire a capire ed interpretare le esigenze del cliente e realizzare delle immagini coerenti e funzionali ad un messaggio di comunicazione aziendale è sempre una grande soddisfazione. Mi sono sempre impegnato al massimo lavorando sia per il più piccolo artigiano che per la più rinomata azienda.

Cosa ti ha colpito di più nel documentare le iniziative sociali durante l’emergenza Covid-19 per la mostra Scatti di Umanità?

La disponibilità gratuita di ogni persona che si è impegnata. Il senso di solidarietà. Il sacrificare qualcosa di se per chi ne aveva bisogno. Lavorare gomito a gomito con persone sconosciute, di cui non si conosceva neanche il volto, ma solo gli occhi (finestra dell’anima) e farlo in totale fiducia. Senza bandiere, etichette e senza vantarsi. Una grande opera fatta in silenzio. Il libro e la mostra sono una giusta restituzione al merito e al valore di tutti coloro che si sono impegnati.

Come nasce la collaborazione con la prof.ssa Letizia Carrera e come la fotografia si integra con le sue ricerche sociologiche?

Tutto è nato per caso, coincidenze e affinità di visioni della vita. Ho subito trovato interessanti le sue pubblicazioni, rivelano la sua sensibilità, professionalità e la grande passione per il suo lavoro.

Hai documentato molte feste popolari e tradizioni nel Sud Italia. Qual è il valore che queste celebrazioni hanno per te come fotografo?

È proprio il valore del “Documento” che resta. Una traccia per chi non può vederli e per chi verrà. Nulla resiste al tempo se non viene documentato. Queste feste parlano di tradizioni radicate nella cultura dei luoghi e delle persone. C’è l’impegno e l’energia di tanta gente, a pari merito, dalle più umili alle più blasonate. Sono la nostra storia, è un patrimonio inestimabile che non bisogna assolutamente perdere. Tengono vive le nostre radici.

Quali sono i fotografi che hanno influenzato maggiormente il tuo percorso artistico?

Sono tanti, dai più famosi ai meno noti. Non solo i fotografi hanno contribuito alla mia crescita, ma ogni espressione artistica con la quale sono venuto a contatto. Tutto crea una cultura, una conoscenza, una sensibilità che forgia una persona impegnata in un’espressione artistica, non si può essere completi coltivando solo il proprio orticello. C’è bisogno di avere un’ambia visione delle cose per entrare in relazione con i tanti diversi ambienti con la quale ha rapporti la fotografia ha rapporti. Fotografare è un ponte tra il nostro mondo interiore e la realtà che ci circonda. Resta sempre valido ciò che diceva il poeta della controcultura americana Allen Ginsberg: “il messaggio è allargare i confini della nostra coscienza”

Qual è il consiglio più importante che daresti a un giovane fotografo che vuole intraprendere questa carriera?

Bisogna Amare quello che si fa. Ci vuole passione, entusiasmo, capacità di ricercare e di rinnovarsi. Non andare dietro agli apprezzamenti degli altri ma seguire il proprio istinto, la propria strada. Non seguire le mode, ma anticiparle. Saper vedere oltre ciò che ci circonda e avere altre visioni, SOGNARE, immaginare altri mondi possibili. Ciò che vediamo è già vecchio.

Come vedi il futuro della fotografia nell’era dei social media e dell’intelligenza artificiale?

Il futuro non è scritto. Bisogna saperlo cavalcare. Seguire senza pregiudizi l’evolvere degli eventi ed essere sempre aperti al nuovo… ma sempre con consapevolezza e con la lucidità di saper discernere, capire ciò che accade e fare le proprie scelte. Facendo attenzione e non farsi trascinare da chi tiene i fili dell’”apparente realtà” e trae benefici solo per il proprio tornaconto. L’ Intelligenza Artificiale è già entrata di prepotenza nel mondo della fotografia e apre le porte oltre che ai benefici anche alle mistificazioni. Penso che l’utilizzo dell’ AI trasformi la fotografia in “immagini”. Sono immagini che utilizzano esteticamente il linguaggio fotografico, ma non sono più fotografia. Bisogna obbligatoriamente dichiarare l’utilizzo della IA nella fotografia per non cadere in mistificazioni della realtà.

Hai ancora un sogno fotografico o un progetto che vorresti realizzare?

Certamente sì. Al momento non so quali, ma sono sempre aperto a cogliere ciò che mi viene incontro, perché sono le foto che vengono a cercarci.

Se potessi immortalare un momento storico o un evento in particolare, quale sceglieresti e perché?

Sceglierei il Futuro che arriva. Per essere sempre pronto ad accogliere l’inatteso, ciò che non conosciamo e che non abbiamo neanche la capacità di pensare. La Realtà supera l’Immaginazione.

3 Comments

  1. Clara Lamartire

    Complimenti per aver realizzato ciò in cui sempre hai creduto: la Bellezza nella Natura e nell’Uomo

  2. Angelapia De Palma

    Complimenti a Michele! Quante cose hai fatto che non sapevo! Uno tsunami inarrestabile.

  3. federico trisciuzzi

    Però Micki, non immaginavo che facessi tutte queste cose, la mostra fotografica ANIMATA/MENTE, Scatti DI UMANITÀ, WAE REBO che riguarda questa tribù in Indonesia, mi piaverebbe viaggiare e fare le cose che fai tu.
    Complimenti Miki.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *