JACOPO TEALDI

JACOPO TEALDI è attore, mimo, autore, regista e ricercatore. Dopo studi classici, si diploma presso l’Atelier Teatro Fisico di Philip Radice nel 2012. Tra il 2012 e il 2015 lavora per il centro internazionale Arti Mimiche e Gestuali di Moncalieri, con la compagnia Mimoz e la compagnia Quid, tra le cui produzioni “Mime Cabaret”; “Mime Parade”; e “Ipno – Variazioni Goldberg” mimo e danzatore, in collaborazione con Ensemble di musica barocca Musici di Santa Pelagia; coreografo e attore in scena nello spettacolo di teatro scienza, “I Progenitori” (2013). Lo studio personale sul movimento lo ha visto dare vita al progetto di ricerca sul movimento delle mani, che diventerà poi il suo tratto distintivo, mettendo in scena gli spettacoli di mimo e teatro di figura “Si a.mano” (2013); “Il sogno di Victor” (2014); “Le bistrot” (2015). Nel 2017 collabora per la prima volta con l’Associazione culturale Compagnia Marco Gobetti nella produzione dello spettacolo “Gaddus alla Guerra Grande”, sia come co-direttore che come performer, in qualità di attore fisico e mimo puro. Dal 2018 e soprattutto nel 2019 la produzione di Jacopo si concentra sull’ideazione e definizione del neonato Teatro Manuale con gli spettacoli Shamano (mimo moderno, danza 2018), Hand.some (danza, teatro di figura 2019), Mani.comio (mimo, teatro di figura, satira 2019), e sempre nel 2019 inizia a insegnare Mimo, Teatro Fisico e Ginnastica Mentale come formatore per la Croce Rossa Italiana e i Clown di Corsia partecipando a Evoluclown, al Raduno Nazionale di Ciampino (Roma 2019), e formando poi vari gruppi in tutta Italia. In seguito, sfruttando il periodo di fermo 2020-21, prende forma definitiva lo spettacolo “U.MANI.TÀ” espressione completa del Teatro Manuale, che fonde in sé teatro di figura, narrazione, stand up comedy, danza e mimo in performance assolutamente nuove e uniche nel loro genere. Collabora nel 2020 con la compagnia Pindarica per l’Istituto Italiano di Cultura di Tokyo, con il cortometraggio “L’Essenziale”, dove riscrive la Traviata di Verdi attraverso il Teatro Manuale. Nel 2021 realizza per la Fondazione ANDI lo spot TV nazionale per la campagna per la prevenzione del tumore del cavo orale “Dai una mano alla salute della tua bocca”, in onda sulle principali reti (Mediaset, RAI, La7, Sky e risviste) nei periodi maggio/giugno, collaborazione continuativa per i successivi cinque anni. Sempre nel 2021 partecipa a UNFIX Festival New-York con “HUMAN HANDS”, video performance live in streaming, sul tema dell’evoluzione della vita sul pianeta e dell’attuale crisi ambientale. Dal 2022 finalmente con la possibilità di esibizione pubblica dal vivo, circuita con lo spettacolo U.MANI.TÀ nei teatri e nei festival di tutto lo stivale, continuando ovviamente anche per tutta la stagione 2023 (tra i tanti Bajocco Festival, La Luna nel Pozzo, Il Festival dei Due Mondi di Spoleto sponsorizzato da LAMAMA Umbria International e Mercantia). Nel 2023 debutta lo spettacolo per adulti SCHIAFFO vm16, dove i personaggi letteralmente fatti a mano possono parlare finalmente di tematiche scottanti e portano lo spettacolo ad un livello di stand-up comedy inedito per il Teatro Manuale. Nel 2023 debutta anche la versione internazionale (visual comedy) dello spettacolo U.MANI.TÀ: in Spagna, con un tour tra marzo e aprile tra Barcellona e Granada; in Germania con l’AlarmTheatre di Bielefeld in due diverse occaisioni a maggio e a ottobre, e a Berlino sempre a maggio con la collaborazione video con la cantante jazz italo-tedesca Etta Scollo; e infine in Portogallo per il festival internazionali Feira Iberica de Fundao a luglio, e i festival FITIJ a Santarèm e ACASO a Leirìa ad Ottobre. In tutti questi luoghi Jacopo, oramai chiamato in tutte le lingue “Quello delle mani”, ha portato anche la formazione in mimo e teatro fisico con i workshop intensivi “L’Arte del Gesto” per professionisti del teatro e “Ginnastica Mentale” per la salute di mente e corpo, adatto a ogni essere umano (adulti, bambini, adulti e bambini insieme, sordi, diversamente abili). Il 2023 si chiude con una tournée in India, a Nasik, Goa e Mumbai, con U.MANI.TÀ nella versione internazionale (visual comedy).

Come hai scoperto la tua passione per questa forma d’arte e cosa ti ha spinto a iniziare?

Il movimento delle mani è gratificante di per sé, perché stimola la neo-corteccia e fa fare letteralmente ginnastica al cervello: ho scoperto la passione per il movimento delle mani all’inizio grazie lo studio delle mudra (posizioni yoga per le dita) e la chitarra classica, dopodiché sulla mia strada ho incontrato il teatro e da lì in poi ho potuto concepire e sviluppare questa forma d’arte. 

Quali sono le abilità manuali più importanti che hai dovuto sviluppare per il tuo spettacolo?

È stato un lavoro di sedimentazione continua durato più di dieci anni: dalla postura all’inizio seduto, poi in piedi e infine in una postura specifica ispirata al wing chun e al qi gong; il movimento delle mani ha subito le influenze più disparate, dalla lingua dei segni al kathakhali, dal finger tutting al flamenco, dalla commedia dell’arte alla vocalità funzionale… 

Puoi descrivere il processo creativo che segui per ideare un nuovo personaggio?

Prima di tutto bisogna chiarire che di personaggi non ne esistono infiniti, sono alcuni pattern di intreccio che permettono di realizzare diverse forme, e queste sono limitate. Un personaggio deve poi essere fruibile, riconoscibile, e soprattutto “maneggiabile”. Questa è la forma. Riguardo la sostanza per la creazione dei diversi personaggi lavoro con l’improvvisazione e la ricerca archetipica, per permettere ali stessi personaggi di attingere carattere e contenuti a una profondità differente. 

Qual è stata la tua performance più memorabile e perché?

Ogni perfomance accade nel presente, la mia è un’arte effimera: diventa quindi molto importante la presenza di sé durante l’atto teatrale. Quello è il momento in cui l’opera e l’artista coincidono. Una volta concluso lo spettacolo, ritorno un semplice umano e sono contento di quello che è accaduto. Ma la mente e il cuore sono già in cammino verso il prossimo show. Tengo nella memoria le risposte e i commenti delle persone: una signora di 95 anni, sulla sedia a rotelle, non lasciava la sala dopo lo spettacolo, mi sembra nel gennaio 2023, stava lì tranquilla, con sua nipote accanto. Quando l’ho notata, mentre stavo smontando la scenografia, sono andato subito da lei dato che non poteva venire lei da me, per stringerle le mani e ringraziarla della presenza a teatro. Lei mi ha letteralmente spaccato il cuore con una frase: grazie, ci voleva proprio vedere il più bello spettacolo della mia vita prima di morire. Ho pianto mezzora, e pure adesso ho le lacrime agli occhi e i brividi solo ripensando a quel momento. E non ce ne sono stati pochi di momenti di questo tipo. Lo spettacolo se lo tengano nel cuore gli altri, il pubblico, a me rimane (quando c’è) la gratitudine delle persone. 

Ci sono artisti o maestri che ti hanno ispirato o influenzato nel tuo percorso artistico?

Prima fra tutti il mio Maestro, Philip Radice, il fondatore e direttore artistico dell’Atelier Teatro Fisico, che è stato il luogo dove ho imparato le basi e i canoni del teatro. Dopodiché ho attinto e imparato dai migliori insegnanti, colleghi e professionisti possibili: Ines Pasic, Girovago & Rondella, Claudio Cinelli [teatro di figura, teatro corporale], Lloco Brusca, Avner the Excentric, Willy the clown [clown]; Matteo Cionini e Patrizia Besantini [mimo moderno]; Simone Al Ani [illusionismo, magia e contact juggling] e tanti e tante altre. 

Quali sono le sfide principali che affronti durante le tue esibizioni?

La difficoltà intrinseca del movimento delle mani e dei monologhi da tenere, contemporaneamente, la postura e i diversi registri linguistici, la fatica energetica e fare tutto sotto un telo, senza vedere praticamente nulla… non è niente confronto a un muro di bambini urlanti in prima fila! 

Come reagisce solitamente il pubblico alle tue performance e come gestisci le loro reazioni?

Il pubblico tocca tutto il ventaglio delle emozioni umane e sono pronto ad accogliere con attenzione le loro risposte. Tendenzialmente sotto il mio telino nero spesso piango di emozione perché – soprattutto in alcuni momenti dello spettacolo U.MANI.TÀ – l’emozione condivisa è incontenibile. Non mi vergogno di lacrimare di fronte al pubblico, soprattutto quando mi onora con una standing ovation. 

Come ti prepari prima di andare in scena e quali rituali segui per concentrarti?

Il rito principale è quello di montare la scena, mi servono circa 20 minuti e sono tutti movimenti attenti e vissuti con estrema importanza (anche se sono banali incastri tra i vari pezzi, smontabili): mi aiuta entrare nel lavoro. Anche la vestizione del costume di scena ha tutti dettagli importantissimi, perché gli oggetti “caricati” nelle tasche dovranno essere esattamente in quella posizione. Mai cambiare la posizione, a meno che non sia stato deciso tempo prima durante prove specifiche. Infine il primo vero e proprio rito è il pre-spettacolo, dove il pubblico ed io ci sintonizziamo giocando con il movimento delle mani. 

Quali consigli daresti a chi vuole avvicinarsi al mondo dell’arte manuale per spettacoli?

Gioca gioca gioca gioca gioca gioca gioca gioca gioca gioca gioca gioca studia gioca gioca gioca gioca gioca gioca gioca gioca gioca gioca gioca gioca gioca.

FOTO CREDITS GIULIO BONASSO

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *