Viviana, nata a Monza nel 1984, si è formata presso l’Istituto d’Arte di Giussano, sviluppando fin da subito una spiccata sensibilità per le tecniche plastiche e pittoriche. Ha poi scelto di proseguire il proprio percorso come autodidatta, alla ricerca di una libertà espressiva più autentica. Il corpo umano, con la sua forza comunicativa e la sua tensione emotiva, è il fulcro della sua ricerca scultorea: le sue opere, realizzate in materiali come terracotta, creta essiccata e acrilico smaltato, trasfigurano la figura umana in forme evocative e vibranti. Anche in pittura esplora una varietà di tecniche, tra cui acrilico e acquerello, dando vita a composizioni che intrecciano introspezione silenziosa e intensità cromatica. Nel corso degli anni ha partecipato a numerose esposizioni in Italia e all’estero, tra cui quelle a Ischia, Divonne-les-Bains, Torino, Loano, Marsiglia, Roma, Venezia, Barletta, Milano, Padova, Vienna, Parigi, Cremona, San Vito Lo Capo, Albisola Superiore e presso il Museo d’Arte e Scienza di Milano. Le sue opere hanno ottenuto riconoscimenti e apprezzamenti, come la menzione speciale della giuria al Premio Internazionale Artista d’Italia e l’invito a fiere di rilievo come Art Shopping al Carrousel du Louvre. Nel 2025 ha scelto di dedicarsi con maggiore intensità alla ricerca artistica, sentendo l’urgenza di un ritorno profondo alla propria interiorità e alla propria ispirazione originaria.
Cos’è per te l’arte?
Per me l’arte è una vera e propria necessità. Ricordo di aver disegnato fin da piccola, è una passione con la quale sento di essere nata, che ha sempre fatto parte di me, molto naturalmente. Tuttavia a volte la vita è imprevedibile e spinge in direzioni inaspettate: l’istituto d’arte, con la sua impostazione rigida e poco incline a incoraggiare le specificità soggettive mi ha portato al rifiuto del mondo dell’arte e a una separazione durata lunghi anni. Tuttavia le passioni, quelle vere, prima o poi tornano a bussare, così verso i trent’anni, sentendo mancare l’aspetto creativo nel mio quotidiano, ho gradualmente ripreso a nutrire l’esplorazione artistica, comprendendo quanto l’arte fosse per me qualcosa di imprescindibile, mezzo espressivo di una interiorità che interpreta la realtà sulla base di emozioni, sensazioni, intuizioni, la quale indaga prima di tutto me stessa oltre che il mondo circostante.
Cosa ti ha spinto inizialmente a preferire l’autodidattica alla formazione accademica tradizionale?
Fortunatamente la mia famiglia ha sempre incoraggiato le mie passioni e inizialmente il mio approccio all’ambito artistico ha seguito un filone tradizionale, tanto è vero che ho frequentato il liceo artistico. Ma come accennavo poco fa, ho vissuto l’esperienza scolastica come una realtà legata a regole e dinamiche che poco avevano a che fare con l’incoraggiamento dell’espressione personale, così, quando mi sono riapprocciata al mondo dell’arte, ho voluto farlo libera da sovrastrutture e regole impositive, proseguendo il mio cammino da autodidatta.
Come scegli i materiali con cui dare forma alle tue sculture?
Ho sperimentato diversi materiali in scultura, dal marmo alla rete metallica, tuttavia ho sempre avuto una predilezione per l’argilla e la terracotta. La creta, così malleabile e versatile, si lascia plasmare nei modi più disparati, permettendo di dare sfogo all’ispirazione in un processo creativo basato sì su una progettazione, ma anche libero di spaziare agilmente.
In che modo il corpo umano è diventato il centro della tua ricerca artistica?
Sono sempre stata affascinata dalle potenzialità espressive del corpo umano, credo che l’arte abbia il potere di trasmettere le sensazioni, i sentimenti, la carica che abbiamo dentro e che esprimiamo attraverso il corpo, e dà la possibilità di farlo con potenza e allo stesso tempo eleganza… l’ispirazione arriva dalla complessità del sentire, da ciò che le esperienze quotidiane suscitano in noi, che esprimiamo attraverso gesti, posture, azioni, di cui il corpo è tramite privilegiato, non a caso è ormai risaputo quanto l’uso delle parole rappresenti solo una piccola parte dell’intero processo comunicativo. Si pensi che nel flusso delle interazioni umane, solamente il 7% è legato alle parole. Il restante 93% è invece associato al non verbale, così suddiviso: 55% non verbale, legato alla gestualità e alla postura, 38% paraverbale, ad esempio il tono della voce.
C’è un’emozione o uno stato d’animo che ritorna più spesso nelle tue opere?
Più che un’emozione o uno stato d’animo direi che la mia arte esprime la joie de vivre. Raramente dipingo o creo quando sono molto giù, per me l’arte è un mezzo per esprimere la vita nei suoi toni positivi, tanto è vero che amo il colore inteso come energia vibrante, potente, caleidoscopio di emozioni in movimento e veicolo di suggestioni accattivanti e gioiose.
Come vivi il passaggio tra pittura e scultura, e quale dei due linguaggi senti più vicino in certi momenti?
Non vivo le due forme espressive come separate, amo entrambe ed entrambe sono per me canali di espressione che donano tangibilità al mio mondo interiore, ci sono momenti in cui sento il bisogno dell’esperienza tattile, di plasmare nello spazio, e questo può dipendere anche dal soggetto, alcuni soggetti si prestano molto bene alla resa volumetrica, si pensi, per fare un esempio, a un drappo articolato, altre volte invece il colore prende il sopravvento e mi spinge a rappresentare sensazioni che trovano nell’espressione cromatica la massima resa (che si tratti di astratto o figurativo) si pensi, sempre per fare un esempio immediato ad un arcobaleno, o a al sole calante sull’oceano.
Qual è stata l’esperienza espositiva che ti ha lasciato il segno più profondo e perché?
L’esperienza espositiva che rimane maggiormente impressa nella memoria è quella che ha avuto luogo dal 3 all’8 febbraio 2023 aĺlo Spazio Espositivo San Vidal di Venezia, uno splendido palazzo storico nato originariamente come chiesa fondata intorno al 1084, la quale ha subito successive modifiche, fino a quando, tra il 1696 e il 1700, fu completata la ricostruzione interna. La chiesa non è più utilizzata per le funzioni religiose ed è stata trasformata in uno spazio dedicato a eventi e mostre. Si può ben immaginare dunque il suggestivo effetto di contrasto che si crea tra opere d’arte contemporanea come quelle ospitate nel febbraio 2023 e le affascinanti mura in mattoni che raccontano una storia antica di secoli. Già di per sè il contesto immerso in una della città più affascinanti del mondo ha conferito un’atmosfera magica all’evento, alla quale si è unita l’impeccabile organizzazione curata dalla dottoressa Callipari, critico e storico d’arte, che tra l’altro ho avuto il piacere di conoscere proprio in quella occasione. Le opere dei numerosi artisti internazionali esposti sono state selezionate e disposte con cura e gusto raffinato, rendendomi fiera di aver potuto partecipare all’evento, tra l’altro le mie due opere in mostra, “Aprirsi” e “Tendersi” hanno ricevuto particolare apprezzamento da parte dei visitatori, rendendo ancora più magica la mia esperienza veneziana.
In che misura il viaggio e i luoghi che attraversi influenzano la tua produzione artistica?
In modo fondamentale, così come sono affascinata dalla dimensione interiore dei sentimenti e degli stati d’animo espressi dall’essere umano, sono una persona di natura curiosa e desiderosa di respirare pienamente l’aria e l’atmosfera dei luoghi che visito, in particolare di quelli naturali, che con la loro bellezza e maestosità infondono pace piuttosto che energizzano il corpo e lo spirito, doni preziosi che cerco di trasmettere attraverso l’uso del colore nelle mie tele, con la speranza di regalare momenti di gioia o trasmettere spunti positivi all’osservatore.
Come si è evoluto nel tempo il tuo rapporto con il colore?
Come accennavo all’inizio di questa intervista la mia passione per l’arte è nata molto presto, da molto giovane era il disegno a catturare maggiormente il mio interesse, cercavo di riprodurre il mondo intorno a me, nel tentativo probabilmente di codificare una realtà complessa e ricca di stimoli. Il mio rapporto con il colore è stato ambivalente, durante gli anni scolastici tendevo a non prediligerlo, se da un lato la scuola ha peccato nell’insegnamento delle tecniche pittoriche, dentro di me la spinta a sperimentare era pressoché annullata da una realtà scolastica che schiacciava l’ispirazione sotto il peso di mille scadenze e consegne (non solo peraltro nell’ambito delle materie artistiche), che si lasciava guidare da dinamiche umane tutto fuorché imparziali e che non valorizzava le caratteristiche e non incoraggiava le inclinazioni soggettive degli studenti. Il colore, per me sinonimo di creatività entusiasta, non trovava spazio in quegli anni. In seguito la situazione si è ribaltata: libera di esprimere il mio essere senza vincoli ho iniziato a sperimentare l’uso del colore come imprescindibile mezzo espressivo, come potenziale veicolo delle sensazioni e dei sentimenti più disparati, spaziando da toni tenui fino a gradazioni accese e accostamenti anche violenti. Oggi la sperimentazione cromatica caratterizza la mia arte, oggi vedo la vita a colori, più o meno accesi, ma a colori.
Cosa ti ha ispirato di più nel progettare la tua prima mostra personale?
L’idea di avere uno spazio a me completamente dedicato mi entusiasmava, perché avrebbe dato ai visitatori la possibilità di osservare la mia arte in un numero molto più alto di sfumature, mi avrebbe dato la possibilità di rendere pubblica la mia ricerca artistica, aprendo uno spazio di confronto diretto tra me e l’osservatore. Quando si progetta una mostra personale sono diversi gli aspetti da tenere in considerazione, tra i quali quelli economici legati al budget, gli aspetti promozionali e quelli tecnici di organizzazione degli spazi in rapporto al numero di opere che si andranno a esporre, oltre alla messa a punto del “racconto” che si vuole proporre al pubblico relativamente alla propria ricerca artistica, evidenziando gli aspetti che vogliamo vengano in risalto, tenendo chiaramente in considerazione anche il contesto dello spazio espositivo. Nel mio caso il locale si trovava sulla passeggiata in un paese di mare, il che mi ha facilitato nel dare spazio alla tematica marina, che tanto mi è cara, avendo sempre avuto la passione per il mare, tanto da decidere, qualche anno fa, di trasferirmi in Liguria. Nonostante ciò non volevo che l’esposizione vertesse su un unico filone, mettendo piuttosto in evidenza il fatto che i miei ambiti di indagine e sperimentazione sono disparati. Ecco che il percorso si sarebbe suddiviso in una sezione dedicata ai paesaggi marini, una dedicata agli astratti, una ai ritratti realizzati strizzando l’occhio alla pop art. Dunque cosa avrebbe conferito organicità ad aspetti tanto differenti? Sempre il nostro amato dato cromatico, laddove le sfumature di blu sono spesso protagoniste, che si tratti di figurativo o informale, così come il giallo, il rosso e l’arancione, per lo più accesi e vibranti nel loro utilizzo, hanno un ruolo cruciale nei miei dipinti. Insomma, ciò che mi ha ispirato maggiormente è stata la possibilità di dare più ampia voce alla mia produzione, unitamente al dialogo che avrebbe potuto crearsi con i visitatori. Ho già parlato di come l’arte sia per me un mezzo di indagine e di espressione interiore nella fase di creazione dell’opera da parte dell’artista, tuttavia esiste anche una fase di fruizione della stessa, che avviene quando l’osservatore terzo incontra l’opera, è questo il momento in cui il pubblico può aggiungere significati personali a quello che sta osservando sulla base delle proprie emozioni ed esperienze personali. Il luogo di esposizione diventa quindi scenario di un confronto potenzialmente stimolante e arricchente.
In che modo senti che il 2025 rappresenti un momento di svolta nel tuo percorso?
Non so se sarà un momento di svolta, tuttavia il percorso di un artista è fatto di fasi differenti, dopo un lungo periodo di mostre ed esposizioni seguite a una fase produttiva, sento la necessità di tornare a riflettere sulla direzione che voglio dare alla mia arte, il che presuppone un periodo di raccoglimento e una fase creativa che probabilmente daranno espressione a nuove tematiche e magari anche stili, nulla nella vita è fisso, di conseguenza anche i codici espressivi di un artista cambiano, seguendo l’evoluzione della realtà sia esteriore che interiore.
Descriviti in tre colori.
Rosso, blu, oro. Fuoco, acqua, terra. Passione, vitalità, stabilità intesa come equilibrio.








